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Gli Amarcord sono assist della nostalgia e – a loro volta – sono passaggio filtrante per la fantasia. Nostalgia e fantasia che si fondono per celebrare il terzo biancorosso nella classifica delle presenze di tutti i tempi: Marco Bolis. Nostalgia perché il tipico caracollare dell’ala destra di Mozzo mi riporta, prendendo in prestito la poesia musicale di Raf, a quegli anni ’80 afferrati e scivolati via, anni sui libri di scuola e anni veri di pubblicità. E mentre il decennio di Marco al Monza – dal 1981 al 1990 – si spendeva con generosità sulla sua fascia, la parabola del mio sorgeva tra il greco ed il latino del Liceo Zucchi per tramontare nella vendita di spazi pubblicitari su “Il Giorno”.


Bolis è uno dei prospetti più interessanti della Primavera rossonera che nel biennio 1979-81 sforna giovani destinati a futuro luminoso: Filippo Galli, Evani, Icardi, Incocciati, Battistini. Classe ’62, Marco vivrà la seconda stagione del ciclo (1980-81) con i gradi di capitano. Il ragazzo è serio, maturo, pronto per il grande salto nel professionismo. Il Monza è appena amaramente retrocesso dopo gli splendori della seconda metà degli anni ’70: ricostruire sulle macerie non è facile, Giambelli si mette nelle mani di Galliani e Braida che riescono subito ad ottenere dal Milan i prestiti di Beppe Galluzzo – prolifico bomber tascabile – e del giovane Bolis. Mister Fontana assembla una squadra a trazione offensiva che regala calcio da lustrarsi gli occhi. Do you remember dal 7 all’ 11? Bolis, Saini, Pradella, Ronco, Galluzzo. Il girone d’andata di Marco è un capolavoro di fantasia: debutta al Sada con una rete all’Empoli e poi sarà un crescendo rossiniano. 5 gol ed assist in quantità industriale. Ogni palla che passa dai suoi piedi è destinata a trasformarsi in potenziale occasione da gol, quando punta l’avversario diretto ci si può aspettare di tutto, quando parte slalomeggiando c’è la pressoche assoluta certezza che qualcosa succederà. Se chiudo gli occhi rivedo ancora adesso – e sono passati 40 anni – Bolis che si beve un arrancante terzino, si invola sulla fascia e disegna cross al bacio per la prepotente inzuccata vincente di Pradellone. Nostalgia canaglia. Un leggero calo nel girone discendente è fisiologico ma che Marco sia uno dei cardini sui quali puntare per la ritrovata Serie B è certezza granitica.

Foto Caprotti: il gol di Bolis a Cagliari il 25 novembre 1984 (Cagliari-Monza 1-1)

Il pomeriggio del 23 giugno 1982 al Mundial spagnolo è in programma Italia-Camerun: Adriano Galliani la vede nella sede del Milan – che sarà il suo regno qualche anno dopo – perché ha un appuntamento di lavoro con Rivera incentrato sui cartellini di Bolis e Galluzzo. Le idee del giovane dirigente brianzolo sono chiarissime: Marco resta in biancorosso mentre ‘Mohamed’ (capocannoniere del campionato con 19 gol) torna al Milan (che lo girerà alla Spal). Di lì a qualche giorno al Monza arriverà un piccolo attaccante cresciuto nella Lazio – Lorenzo Marronaro – che formerà con Pradella una delle tre coppie offensive più forti della storia del club (Lojodice-Milani e Braida-Sanseverino le altre due). Da parte sua Bolis debutta in B segnando subito a Perugia (una doppietta di Zerbio negli ultimi 4 minuti gli guasta però la gioia personale) poi paga dazio alla nuova categoria finendo spesso in panca sia con Fontana che con Mazzetti. Ed è qui che viene fuori tutta la caparbietà del bergamasco Marco. Che accetta con educata serenità le scelte dei mister, si allena sempre con grande intensità ed aspetta il suo momento. Monza-Bari del 10 gennaio 1983 (la partita giocata il lunedì per il nebbione del giorno prima). Sor Guido riaffida a Bolis la ‘sua’ numero 7 ed al minuto 20 l’ala destra di Mozzo innesca una delle azioni più belle che la mia memoria custodirà per sempre: Marco riceve nella zona di sua competenza, finta l’affondo ma si accentra portandosi dietro due avversari poi inventa un favoloso filtrante che libera l’incursione razzente di Papais sulla fascia, cross perfetto per lo stratosferico terzo tempo di Pradella che sale in cielo ed inzucca con inaudita potenza alle spalle dell’incolpevole Fantini. Semplicemente Indimenticabile.


Da quel giorno Marco Bolis sarà quasi senza soluzione di continuità il numero ‘7’ biancorosso per tante stagioni e mille battaglie. In Serie B, poi in quella fantastica Serie C 1987-88 con Piero Frosio che gli ridarà entusiasmo e fiducia, ed ancora per un paio d’anni tra i cadetti.
Al di là dei ruoli e delle prestazioni, lui, Fonta e Saio rappresentarono le anime, i cardini, i riferimenti di un Monza che è stato quello che più ho vissuto per età e per professione.
E se nella seconda metà degli anni ’70 Ugo Tosetto è stato l’esaltante “Keegan della Brianza”, nel decennio ‘80/’90 Marco Bolis può essere definito il prezioso Littbarski biancorosso: meno esplosività più sacrificio, meno dribbling più abnegazione, meno individualismo più dedizione. E tanto spirito di servizio. Servizio ad una causa bellissima chiamata Monza.

Fiorenzo Dosso