Dario Crippa, giornalista monzese de “Il Giorno”, ha celebrato l'impresa del Monza in un bellissimo post su Facebook che ci proponiamo. 

"Mi piaceva il calcio come a tanti bambini, leggevo la Gazzetta, guardavo 90esimo minuto. E quando qualcuno mi chiedeva per chi tifassi, visto che tutti tifano, dicevo il nome di una squadra anche se in verità non me fregava niente e lo sapevo. Avevo 10 anni. 

Poi a 11 anni andai al Sada, con un cugino che aveva un anno in più (lo immaginate oggi due bambini da soli allo stadio?). Mi innamorai. La squadra del cuore era quella della mia città. Non mi persi per anni una partita. A 12 feci anche una trasferta.

Intuivo che avrei tanto sofferto, per anni venni accolto come un bambino strano, "ma in serie A, per chi tifi ?". E via sorrisi di compatimento. Non ho mai cambiato idea, ostinato, anche in C, in C2, in D, attraverso due fallimenti.

La mia prima intervista a 12 anni per il giornalino della scuola fu al 18enne Gigi Casiraghi, il mio primo centravanti.

Al mio primo contratto da giornalista, convinsi il mio direttore a fare 2 pagine sul primo fallimento del mio Monza, andando a intervistare tutti i suoi grandi ex, a cominciare da Nils Liedholm, che dalla sua tenuta in Piemonte mi disse che la sua più grande impresa era stata una salvezza al Monza in serie B, probabilmente mentendo.

Beh, andare in A era leggenda, dicevo sempre, ma anche per 5 minuti e retrocedendo subito mi sarebbe bastato. Vedere le partite allo stadio, per tanti motivi, mi è diventato più difficile.

Vedere il Monza salvarsi ma in serie A vincendo a Torino con la Juventus e a San Siro era fantascienza. Era". Applausi.