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Dalla Reggina alla Reggiana: per chiudere un cerchio. Per ritrovare entusiasmi perduti. L’amarcord di sette giorni or sono aveva raccontato il vergognoso esonero di Radice dopo la sconfitta di Reggio Calabria il 28 settembre 1997. 

https://www.youtube.com/watch?v=Lv2bC1GpfvQ

Ad ulteriormente ferire il nostro cuore biancorosso ed umiliare la voglia di vedere un barlume di calcio fu la scelta del successore di Gigi: Bruno Bolchi. Il Maciste immortalato sulla prima, storica figurina Panini. Una brava persona, un tecnico legato a clichè che definire superati non rende minimamente l’idea. Figlio, ma anche nonno, padre e cugino, dei retaggi di un football di dieci anni prima (forse anche quindici o venti), Bolchi aveva ottenuto buoni risultati (soprattutto a Bari) nel calcio dei due punti a vittoria. Quello in cui i pareggi muovevano comunque la classifica. Nel frattempo le cose erano radicalmente cambiate ma Maciste rimaneva ostinatamente ancorato a tempi arcaici. Detto, fatto: prime 6 gare della sua gestione ed altrettante X …  Le vittorie però adesso valevano 3 punti. Ergo: tre successi e tre sconfitte di punti ne avrebbero portati 9. Considerazioni lapalissiane che però un sabato mattina al termine della rifinitura a Monzello fecero imbestialire il mister che si lanciò in una clamorosa filippica, piena di risvolti comici, contro il calcio moderno e contro quella parte di stampa monzese (il sottoscritto ed un altro collega) che osava chiedere solo un po’ più di coraggio. Le teste pensanti (??) del Milonza – quelle che a Radice avevano dato la misera di 5 giornate – riuscirono nell’impresa di concedere a Maciste lo sproposito di 5 mesi ma, almeno, corsero ai ripari in fase di mercato ed a novembre arrivò Mimmo Francioso, bomber di autentica razza, proveniente dal Ravenna dove nelle prime 6 giornate aveva già timbrato 4 volte. I gol del centravanti (18 alla fine della stagione) – altro che il folcloristico Zizi Roberts toccato al povero Radice – diedero un po’ di respiro ai biancorossi ma quando la Reggina (esattamente un girone dopo) sbancò il Brianteo anche chi di dovere ritenne finalmente colma la misura della insulsa lippa propinata da Bolchi e si affidò al ritorno di Piero Frosio. Che debuttò vincendo subito ad Andria, riportò sorrisi e calcio dignitoso a Monzello, risalì la china con 4 vittorie, 3 pareggi e 2 sole sconfitte. Quando la permanenza tra i cadetti sembrava ormai cosa fatta una crisetta (2 sconfitte consecutive ed un incredibile 3-3 casalingo con l’Ancona) rimise in circolo sgraditi fantasmi. Ma domenica 7 giugno 1998 nel nuovo Giglio di Reggio Emilia il Monza del mio amico Frosio mise  – gol di Campolonghi e Crovari nel primo quarto d’ora della ripresa –  l’agognato timbro definitivo sulla pratica salvezza. Nei granata tante facce note (l’ex Varrella in panca, l’evanescente Della Morte ed il monzese di Villasanta Filippo Galli in campo) ed altre che lo diventeranno nel bene (il futuro mister Cevoli) e nel male (l’ oggetto misterioso Margheriti). Questa la formazione di quel pomeriggio di inizio estate: Abbiati, Moro, Pedroni, Cavallo, Castorina, Galtier, Clementini, Bisconti, Francioso, Crovari, Campolonghi. Dalla Reggina alla Reggiana: per chiudere un cerchio. Da Gigi Radice a Piero Frosio: per noi inguaribili romantici. Due allenatori con il Monza nel sangue. E con tanti (non) cari saluti a Maciste Bolchi, alla sua lippa ed ai cinque mesi da incubo che ci ha fatto passare. 

Fiorenzo Dosso

https://www.monza-news.it/breaking-news-monzanews/daniela-gozzi-reggiana-monza-il-derby-del-mio-cuore-galliani-e-lo-stesso-dei-tempi-del-milan/