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In via Viganò, a Ponte, sono in corso i lavori per la realizzazione del Piano attuativo, adottato dalla giunta del sindaco Pietro Cicardi, che prevede la trasformazione di una vasta area produttiva dismessa. La proposta, avanzata dalla proprietà, punta a creare un nuovo spazio che ospiterà nove unità immobiliari, destinate ad attività artigianali di servizio, terziarie e commerciali, con un’attenzione particolare alle piccole realtà e alle nuove start-up del territorio. 

Il progetto si fonda su un principio chiave: la conservazione, anche se parziale, dei fabbricati, che rappresentano una testimonianza architettonica dei primi del Novecento, un periodo cruciale per l’economia e la società locale. Questo recupero, in linea con il Piano di governo del territorio, vuole tramandare la memoria collettiva, valorizzando il patrimonio storico e industriale della zona.

Miglioramenti per il territorio e la sicurezza

Il progetto non si limita alla riqualificazione degli edifici, ma include anche opere di urbanizzazione che miglioreranno la vivibilità dell’area. Tra gli interventi previsti, spicca la realizzazione di un marciapiede che partirà dall’accesso a via Viganò, oggi privo di protezioni, all’intersezione con la strada provinciale 135, fino all’ingresso dell’area interessata dal Piano attuativo, risolvendo così le problematiche di sicurezza della zona. 

Saranno inoltre creati un parcheggio pubblico con 27 posti auto, spazi di sosta per cicli e motocicli, e un adeguamento dell’illuminazione pubblica, per garantire maggiore funzionalità e sicurezza. Il sindaco Pietro Cicardi ha definito l’intervento come un’importante opera di recupero di una manifattura storica, sottolineando che la nuova struttura ospiterà attività produttive e terziarie, senza destinazioni residenziali.

La storia di Galeazzo Viganò e del filatoio

Il filatoio porta il nome di Galeazzo Viganò, un imprenditore che ha segnato la storia industriale della Brianza. Nato a Carate il 10 ottobre 1836, Viganò iniziò la sua carriera lavorando alla Manifattura Caprotti di Ponte Albiate. Grazie ai risparmi accumulati, nel 1869 avviò una piccola tessitura a mano nella zona del Lambrett, il tratto del fiume Lambro tra Triuggio e Albiate, a sud del Ponte di Albiate. Dieci anni dopo, meccanizzò l’impianto e nel 1880 acquistò due mulini appartenuti alla famiglia Tomini, nobili di Albiate, che fino ad allora erano stati utilizzati per macinare cereali e irrigare i terreni circostanti. 

 

Con la forza dell’acqua, Viganò fece funzionare 60 telai, collegando poi la filanda di Albiate con la tessitura di Triuggio attraverso due ponti in metallo sul fiume, creando un complesso industriale unico. Al culmine del suo successo, l’azienda arrivò a impiegare 1400 lavoratori, ma il progresso economico portò anche problemi ambientali: il 3 ottobre 1894, la filatura fu al centro della prima denuncia scritta per l’avvelenamento delle acque del Lambro. Galeazzo Viganò, noto come “el Galeaz del Pont”, morì nel 1901, lasciando un’eredità che lo consacrò come uno degli imprenditori più influenti e ricchi d’Italia.