Viaggio nelle Giovanili: ecco chi è Vito Lasalandra, il Mister dell'Under 17
E' pronto per affrontare la sua quarta stagione sulle panchine del Monzello Vito Lasalandra, che riprenderà il filo del discorso interrotto dall'emergenza sanitaria, ritrovando la classe 2004 che stava guidando con sicurezza alle finali nazionali, dall'alto di un comando detenuto con due lunghezze di vantaggio sul Vicenza secondo.
"Al primo anno da allenatore biancorosso ho vissuto una favola: l'Under 17 ha sfiorato la massima soddisfazione, cedendo ai supplementari nella semifinale contro il Prato, valevole per il tricolore della categoria. E' stata una vera e propria impresa, dato che soltanto qualche mese prima i ragazzi sfidavano rivali provinciali. Nel secondo anno l'Under 17 affrontava squadre ben attrezzate e ha acquisito consapevolezza durante il cammino, mentre questa Under 16 ha viaggiato in modo costante, cedendo solo alla Pergolettese in una occasione" racconta il classe 1975 al Giornale di Monza.
L'apprendistato da allenatore per questo ex mediano dalla carriera per ampia parte legata all'Udinese (in maglia bianconera la sua sola presenza nella massima serie, all'inizio del campionato '97-'98) comincia nel Naviglio Trezzano, formazione in cui ricopriva il duplice ruolo di calciatore e vice-allenatore: "Abbiamo vinto l'Eccellenza e io ho avuto l'occasione di sfidare in un match un grande biancorosso come Marco Zaffaroni. Poi ho vinto un titolo regionale Under 15 con l'Accademia Inter diretta dall'ex ds del Monza Fabio Tridico e collaborato nell'Udinese Academy col nostro responsabile Roberto Colacone. Una bella soddisfazione è stata portare alla vittoria del Torneo delle Regioni la Rappresentativa Under 15 lombarda, mai vittoriosa in 52 edizioni: vinsero quella finale contro il Lazio i monzesi Beu, Chilafi e Di Mango".
Questi l'approccio e le richieste ai suoi giovani del ragazzo di Abbiategrasso, cresciuto a livello calcistico nella vicina Corsico, ma di origine pugliese: "Sono molto meticoloso e cerco di dare le giuste motivazioni, domando in cambio massima concentrazione negli allenamenti. La mia idea di calcio è aggressiva e propositiva, il gioco va tenuto in mano. Se non c'è la testa dovuta, non puoi progredire e magari arrivare al calcio dei grandi. Tra i miei difetti da giocatore non c'è stato questo: in allenamento ho sempre lavorato sodo".
L'inizio del cammino avviene nella squadra del paese e il sogno è quello di tanti ragazzi, diventare un professionista: "Feci un provino col Milan e finii all'Inter, legata appunto al Corsico, e in nerazzurro ho fatto la trafila dai Giovanissimi agli Allievi Nazionali, finché si accorsero che ero alto e magro, ma non strutturato, e mi dirottarono al Bariviera. Fu una gran stagione e ci furono le proposte di Atalanta e Como per entrare nel loro Settore Giovanile, ma alla fine mi ritrovai a giocare coi grandi e lo feci nella mia Corsico, che a quei tempi costruiva buone formazioni in Serie D. In quel biennio raggiunsi la selezione nazionale di categoria e meritai la chiamata da parte dell'Udinese (e un contratto quadriennale): sul piatto c'erano le offerte di Lazio, Perugia, Roma e Sampdoria e la Primavera biancoceleste era assai qualitativa".
In Friuli c'è l'esordio tra i professionisti grazie ad Adriano Fedele, abituato a svezzare la bella gioventù e chiamato a riportare i bianconeri in Serie A: "Giocai in casa contro l'Ancona e lo scoprii solo la mattina stessa, da un foglietto appeso nello spogliatoio. La squadra era forte, c'erano tra gli altri Helveg, Poggi e Carnevale, il compagno di allenamento migliore che ho avuto alla pari di Marcio Amoroso, ma ci volle l'avvicendamento in panchina per essere promossi: con Giovanni Galeone vidi però poco il campo".
Com'era norma, occorre farsi le ossa e per un mediano di temperamento, che non toglierebbe mai a una squadra la costanza di rendimento di De Rossi o Gattuso, non è affatto un problema farlo sui campi infuocati del Meridione: "Mi sono trovato alla grande e ben comportato sia alla Nocerina sia all'Acireale. Mister Delneri a quei livelli era un valore aggiunto e c'era un pubblico caloroso a sostenere i Molossi".
L'ennesimo rientro alla base (era la regola disputare un buon precampionato: all'Udinese è stato allenato da De Canio, Guidolin e Zaccheroni) regala appunto l'esordio a Lecce, una mezz'oretta al posto di Locatelli, e qualche rammarico: "Zaccheroni mi aveva suggerito di aspettare la mia occasione, ma avevo voglia di giocare e nel mio ruolo eravamo tanti. Alla Fidelis Andria centrammo la salvezza tra i cadetti, ma nel frattempo una serie di infortuni a centrocampo regalò al Primavera Appiah quella chance che avrei potuto cogliere io. L'altra beffa? L'estate successiva non ritrovai il Mister, che grazie al terzo posto era stato ingaggiato dal Milan".
A 25 anni, dopo la Serie C vinta in riva al Lario ("Desideravo essere protagonista in Serie B, cosa che non avevo saputo fare nelle fila della matricola Savoia: rifiutai il triennale proposto dal Como e per questo non li accompagnai nella categoria conquistata"), Lasalandra non è più nell'orbita udinese e si ritrova senza una squadra: "Mi allenavo a Coverciano con l'AIC e fu l'occasione per prendere il patentino. Nel frattempo ero convolato a nozze con una ragazza di Cologno Monzese e avevo preso casa a Monza".
In un finale di carriera non irresistibile ci sono comunque piazze come Reggio nell'Emilia e il curioso aneddoto di un playout perso in Sardegna, per mano di un portiere cecchino su calcio di punizione: "Scelsi il progetto del Bergamo Cenate al posto del decaduto e prestigioso Venezia, ma retrocedemmo in quel di Alghero in un torrido pomeriggio".
Qualche aggettivo infine su coloro che lo hanno diretto dalla panchina: "Boldini preparato, Cadregari insegnante, Delneri psicologo, Varrella visionario; quest'ultimo non aveva un bel rapporto col gruppo, ma uno che variava così gli allenamenti non l'ho più trovato".
FONTE FOTO: WWW.MONZACALCIO.COM
Antonio Sorrentino