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“Fermezza di fronte al destino, grazia nella sofferenza, non vuol dire semplicemente subire: è un'azione attiva, un trionfo positivo”.

Con queste parole lo scrittore Thomas Mann sottolineava nel suo libro La morte a Venezia l'importanza della risolutezza davanti agli eventi, il fato e i suoi meccanismi. 
Rimanere saldi, con garbo nel tormento, è un atto di profonda dignità, orgoglio e rispetto verso se stessi. Esattamente il contrario del Monza, una squadra senza anima e cuore, smarrita e in caduta libera, naufragata del tutto dopo una stagione a dir poco fallimentare. 

Una società pietrificata come Dirk Bogarde nel finale in Morte a Venezia di Luchino Visconti, con la tinta nera che si scioglie sotto il sole del Lido e cola sul suo volto. Un finale drammatico che, in un volo pindarico al 2025, sintetizza il campionato del Monza, iniziato in chiave minore e proseguito al ribasso. 

Le giornate scorrono, i ko si moltiplicano, il morale si azzera, tutto svanisce, compreso il grande sogno del Presidente Berlusconi. 
E così i brianzoli restano col cerino in mano, risucchiati in una spirale di risultati negativi e scivoloni ricorrenti che hanno spalancato troppo in fretta le porte della Serie B. 
Manca solo la matematica a certificarlo, ma è questione - si spera - di breve tempo e poi l'agonia verrà finalmente spezzata. 
Una retrocessione maturata sul campo e meritata, figlia della “sindrome dell’errore costante” e della mancanza di cattiveria agonistica, di un’eccessiva consapevolezza e di sottratta umiltà.

Al Penzo arriva la terza sconfitta di “Fila”, l'ennesima di una stagione disastrosa, condizionata dall’assenza di programmazione, idee confuse e un meriggiare che Montale definiva “pallido e assorto”, tra giorni di riposo, scelte incomprensibili e una spina staccata troppo presto.

Il Venezia si affida alle palle inattive per creare pericoli e passa in vantaggio proprio quando il Monza sembrava avere più energie per capitalizzare il gioco. 
1-0 di “corto muso” e 3 punti fondamentali per gli arancioneroverdi in ottica salvezza. Un match che, a conti fatti, è apparso più un anticipo di Serie B che una battaglia da massima serie, una fiera dell'equivoco tecnico e qualitativo.

venezia monza 1-0
I tifosi del Monza presenti allo stadio Penzo di Venezia

Venezia d'orgoglio, Monza azzerato

“Il calcio si gioca con la testa. Se non hai la testa, le gambe da sole non bastano". 
Non c'è nulla più vero della santa verità di Johan Cuijff: senza le motivazioni, gli stimoli, le intenzioni e la fame, nel calcio e in generale nello sport, non si va da nessuna parte.
Difficile compensare con la tecnica o l'organizzazione tattica se l'agire è mosso dall'inerzia e non dal pensiero. 

È la sintesi del Monza 2024/25, una squadra apatica che non ha quasi mai sfoderato quella forza mentale necessaria per risolvere le partite. Anche al Penzo, in una sfida contro una formazione alla portata.

Nesta si affida all'1-3-5-2, con Turati tra i pali, Pedro Pereira, Izzo e A. Carboni in difesa, Birindelli e Ciurria sugli esterni, Urbanski, Bianco e Akpa-Akpro in mediana, Mota e Keita in attacco.
Di Francesco opta per lo stesso modulo, 1-3-5-2 a specchio e piano gara impostato sui duelli uomo a uomo: Radu in porta, linea a tre formata da Marcandalli, Idzes e Candé, nel mezzo Perez, Caviglia e Busio con Zerbin ed Ellertsson sulle fasce, Oristanio e l'ex Gytkjaer in avanti.

Il primo tempo si sviluppa sui binari dell'equilibrio, con il Monza ancorato sul palleggio e il possesso palla e il Venezia più acceso nell'aggressività e nel pressing. 
Al 4' i biancorossi sfiorano il vantaggio con un colpo di testa involontario di Pereira su corner, i lagunari costruiscono le migliori occasioni su palle inattive, con Nicolussi Caviglia che al 24' impegna Turati su una punizione defilata dalla distanza. 
Keita si fa male e al 26' esce per Caprari. Al 38' ci prova Urbanski, ma il suo colpo di testa su calcio d'angolo non impensierisce Radu.

Nella ripresa il copione resta invariato, mentre il gioco si fa sempre più spezzettato, complice una direzione arbitrale molto fiscale e i tanti errori commessi dalle due squadre.
Al 63' Radu neutralizza un tiro debole di Mota, al 69' Nicolussi Caviglia su punizione dal limite dell'area spara altro sopra la traversa. 
In campo regna l'equilibrio e lo 0-0, il risultato perfetto secondo Gianni Brera, pare l'epilogo più probabile. Al 50' Izzo è costretto ad abbandonare il campo per infortunio, con Caldirola pronto a rilevarlo.
Ma nel frangente in cui i brianzoli prendono in mano l'iniziativa, i leoni alati colpiscono. Al 72' Candé legge lo scatto di Ellertsson e lo serve in profondità con un lancio a scavalcare la difesa avversaria alle spalle. Nell'1 contro 1 l'islandese supera Birindelli (che cade in terra al contatto) e sforna l'assist per Fila, subentrato al 60' per Gytkjaer, con Caldirola che non riesce a intercettare il pallone. L'allungo in scivolata dell'ex Slavia Praga finisce in rete, con A. Carboni in ritardo sulla marcatura e Turati battuto.

Il Monza capitola di nuovo e fatica a replicare, con iniziative isolate e pochissima convinzione. I padroni di casa cercano il gol del raddoppio ma Turati è attento sul piazzato morbido di Caviglia e respinge. 

Dopo 6' di recupero Maresca manda le due squadre sotto la doccia: Venezia-Monza termina 1-0. 

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Lancio diretto dalla difesa, attacco della profondità e 1 contro 1 verso la porta: l'azione del Venezia che determina il gol partita di Fila - Foto: DAZN

Un grande sogno polverizzato troppo 

Dal momento in cui giocatori del Monza (e non sono pochi) hanno pronunciato la frase “siamo sicuri che ci salveremo” è iniziato il triste declino, un tonfo inesorabile senza possibilità di risalita.
Un crollo netto e totale, dagli approcci altalenanti all’incapacità di leggere le situazioni o di sferrare le stoccate, dalla leggerezza fisica e mentale al poco peso specifico di un collettivo decimato da inizio anno, senza dimenticare la voglia incostante di sporcarsi le mani e di lottare fino alla fine, perdendo la bussola e il piglio competitivo. E anche la tenacia, il coraggio, la leadership, lo spirito di sacrificio.
Un mix di fattori che ha affogato le speranze e, alla 32^ gara, affondato la formazione di Nesta nelle acque della laguna.
A Venezia accade il solito, con gli avversari a mettere la testa davanti e i biancorossi piantati sul terreno in balia di se stessi, classico déjà vù di un campionato subito e mai determinato, di rassegnazione a priori ancora prima di entrare in campo.

Perché, come sostiene l'editorialista statunitense Marilyn vos Savant: “Essere sconfitti è spesso una condizione temporanea. Arrendersi è ciò che la rende permanente”.

Il Monza si è arreso da tempo, adagiandosi sugli allori e mostrando poca predisposizione al riscatto. 
Non solo: l'elemento più preoccupante è il disinteresse interno nei confronti di una realtà abbandonata al proprio destino, il disamore e l'indifferenza verso un club che, nel giro di una stagione, ha polverizzato il sentimento fondante del Presidente Berlusconi rifugiandosi in un silenzio sconcertante. 

Al netto dei pochi che continuano a metterci la faccia - da Alessandro Nesta ad Armando Izzo, passando per Luca Caldirola, Patrick Ciurria, Matteo Pessina e lo slo Vincenzo Iacopino - al Monza resta soltanto, e per fortuna, l'amore eterno dei suoi tifosi, gli unici rappresentare i colori biancorossi con grande attaccamento, partecipazione, identità, passione, orgoglio. Valori che non si comprano al mercato, né tantomeno con i soldi. 
Il presente è ormai buio, ma il futuro sembra più oscuro di Mordor, coi Nazgul tolkeniani a planare sui cieli della Brianza.

A cura di Andrea Rurali