Amarcord Biancorossi: Quando un giocatore del Monza voleva menarmi ... per sbaglio.
L'assonanza del cognome generò un equivoco e mi fece prendere un grande spavento.
In 25 anni da corrispondente del Corriere dello Sport ho dato parecchi votacci ai giocatori del Monza nelle pagelle. Ricordo un 2 (che la redazione corresse in 4, ovvero nel minimo editoriale) ad un tale che si abbassò calzoncini e slip mostrando il popò ad un guardialinee che gli aveva appena annullato un gol per dubbio fuorigioco. Ricordo un 4 collettivo quando il Lecco maramaldeggiò al Brianteo con un umiliante 0-5. Ricordo tanti 3 (puntualmente ‘alzati’ a 4 per i motivi di cui sopra) a rendere idea dello sfacelo generale nel pomeriggio in cui l’Arezzo rifilò – sempre nello stadio di Viale Sicilia – un tennistico 1-6 ad una mortificante armata brancaleone di biancorosso vestita. Qualche dirigente eccepiva e mi telefonava ricorrendo all’abusatissimo “dobbiamo remare tutti dalla stessa parte” cui rispondevo sempre in egual modo: “il calcio non è il canottaggio, io non mi chiamo né Giuseppe Abbagnale né Peppiniello Di Capua ma Fiorenzo Dosso e – con tutti i miei limiti ed i miei difetti – devo onestà, trasparenza e coerenza ai lettori del giornale giudicando i giocatori del Monza esattamente come quelli delle squadre avversarie.”
Curiosamente proprio il mio cognome ha rischiato di farmi menare da un calciatore biancorosso. E non per un votaccio in pagella perché a quell’epoca ancora non le facevo. Autunno 1987: ho 23 anni e sto vivendo come un sogno la mia prima stagione in tribuna stampa al Sada. Seguo il Monza per Il Settimanale Nuovo, free press ante litteram che viene recapitato in tutte le caselle postali della citta il mercoledì. Va da sé che i miei pezzi non devono – e non possono – essere di cronaca ma di commento ed analisi. Piero Frosio lavora quotidianamente sulla magnifica squadra che nella tarda primavera del 1988 vincerà campionato e Coppa Italia. In quel periodo stagionale alti e bassi sono da mettere in preventivo. Specialmente per una formazione giovane. A metà novembre i biancorossi perdono incredibilmente a La Spezia: al minuto 89 sul risultato di 1-1 Casiraghi va via irresistibilmente sulla sinistra resistendo ad un paio di entratacce dei difensori locali e dalla linea di fondo mette in mezzo tagliando fuori l’estremo spezzino Rollandi. La sfera arriva più o meno all’altezza del dischetto del rigore, la porta è vuota, il portiere a terra. Basterebbe semplicemente mettere un piedino che faccia da banale sponda e sarebbe il colpaccio esterno in grado di far decollare il campionato. Invece Gaetano Auteri (che a metà ripresa aveva peraltro firmato il gol del pari) esplode senza senso un siluro di pieno collo che sorvola abbondantemente la traversa. Neanche il tempo di incazzarsi che l’arbitro omaggia una punizione ai padroni di casa al limite dell’area biancorossa: un certo Spalletti tocca per Brilli, Antonioli è comodamente sulla traiettoria ma una bastardissima deviazione dello sfortunato Giaretta mortifica i ragazzi di Frosio. Su un settimanale in edicola il lunedì un collega dal cognome molto simile al mio (cinque lettere, la D iniziale ed una doppia consonante prima della O finale) va giù durissimo nel giudizio su Auteri. La domenica successiva al Sada una sforbiciata capolavoro di Casiraghi al minuto 87 vince la strenua resistenza del Pavia dopo che i biancorossi avevano sciupato l’impossibile. Particolarmente sottotono la prestazione di Auteri: involuto, abulico, privo di mordente. Sul settimanale del lunedì il collega dal cognome molto simile al mio rincara la dose ed associa alla punta di Floridia il termine ‘vergogna’. Dopo lo 0-0 di Ancona si torna al Sada il 6 dicembre per affrontare la Lucchese: una partita tesa, nervosa, piena di pathos. Il grave infortunio di Giaretta dopo una manciata di minuti, la sfortunata autorete di Bolis, il pareggio con un ‘rigorino’ di Casiraghi, gli ospiti che si difendono usando le maniere forti concesse loro dai sensi di colpa dell’arbitro, l’eurogol di Pasqualino Lo Garzo al minuto 90 tondo tondo. Nel cortile del pollaio la stampa è divisa in due gruppetti: alcuni registrano i primi commenti di Frosio, io sono poco più distante dove un preoccupatissimo Dottor Locatelli sta facendo capire che per Giaretta la stagione potrebbe già essere finita. I giocatori escono alla spicciolata dagli spogliatoi. Succede tutto in pochi convulsi secondi: Auteri si guarda nervosamente in giro poi punta deciso verso di me, mi indica, è incazzato nero, mi urla contro qualcosa di cui capisco solo la parte finale “… non permetterti di scrivere ‘vergogna’ quando parli di me!” … Attimi concitatissimi, lui avanza, io arretro fino al muro perimetrale e sono spaventato. Ovviamente la scena catalizza l’attenzione di tutti. Il mio angelo custode si chiama Roberto Fontanini: molla la borsa, arriva alle spalle del compagno, gli mette un braccio intorno al collo e gli grida “Tano stai calmo!! ma cosa c …. stai facendo? tra l’altro sbagli persona perché non è lui che ha scritto quelle cose!” … Interviene immediatamente Mario Barluzzi, vice allenatore biancorosso, accorre qualche altro giocatore, arrivano anche Marotta, Frosio, Maggioni … Il Gaetano furioso si placa … Così com’era esplosa, la tensione cala in fretta. Per fortuna. Sette giorni dopo al termine di Monza-Fano 0-0 sto ascoltando le considerazioni di Frosio, mi sento toccare sulla spalla, mi giro … Auteri … “Volevo chiederti scusa per la stupidata di settimana scorsa” e mi allunga la mano. Gliela stringo subito, sorrido e gli dico “Fiorenzo Dosso spera nei tuoi gol per portarci in Serie B” calcando con molta enfasi sul mio nome e, soprattutto, sul mio cognome … Peccato che all’epoca non ci fossero i social ed i selfie … Peccato – soprattutto – non avergli chiesto la maglietta come ‘risarcimento’ dello spavento che mi aveva fatto prendere …
Fiorenzo Dosso