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Matteo Pessina, capitano del Monza ed ex Atalanta, ha raccontato il suo ritorno in Brianza e le sue ambizioni future in un'intervista alla Gazzetta dello Sport. "Qui ho firmato il mio primo contratto da calciatore, in Serie C. Tornare e vedere quanto e come sono cambiate le cose: questa è stata l’emozione più forte. Non pensavo di tornare così presto, ma il presidente Berlusconi e il dottor Galliani ci mettono poco a convincerti. Era il 1° giugno, la mattina di Italia-Argentina, hotel della Nazionale a due passi da Wembley. Mi squilla il telefono: il dottor Galliani. Guarda, Matteo, solo per avvisarti che il Monza è salito in A. E ha messo giù. Poi la trattativa si è aperta a inizio luglio e si è risolta in pochi giorni. Berlusconi mi ha parlato di squadra giovane, con tanti italiani, di territorio, dell’esempio dell’Athletic Bilbao. C’era qualcosa di Pessina in tutte queste cose, credo. Il nostro momento? Un po’ di preoccupazione, quella giusta, c’è. Ma non è facile formare una squadra con 16 giocatori nuovi in due mesi e farla giocare subito bene. E l’impostazione tecnica e tattica si vede già. Quando ti servono punti devi essere più “sporco” e meno divertente da vedere. Ma sono sicuro che ci sarà tempo per farlo: si tratta solo di sbloccarci. Stroppa come Gasperini? Pressione uomo contro uomo in fase difensiva e riaggressione palla, una volta persa, dei 4-5 giocatori più vicini. A livello di impostazione, invece, hanno due filosofie molto diverse. Perché sono andato via? Ero diventato quasi più un attaccante esterno e non sono riuscito a fare il meglio: sono caratteristiche che non ho. Avrei avuto meno spazi e ho fatto questa scelta. Ma non è stata una separazione traumatica: soluzione soddisfacente per tutti, e continuo a sentire tanti di loro, dal presidente a Gasperini. Bergamo per me è stata una casa accogliente: ci sono entrato ragazzino e uscito da campione d’Europa. E a Bergamo continuerò a sentirmi di casa".