Amarcord Biancorossi – Le due vite di Giovanni Lorini a Monza: riferimento in mezzo al campo ed autore di gol pesanti e bellissimi.
Che anni quegli anni … Quando c’erano fior di giocatori che venivano a Monza non per chiudere la carriera ma per rilanciarla. Perché il Monza di Giovanni Cappelletti era un invidiabile modello gestionale a livello societario e perché il Monza di Alfredo Magni era fulgido laboratorio che sfornava squadre dagli alti contenuti tecnico-tattici protagoniste assolute nei durissimi campionati cadetti di allora.
L’imminente Vicenza-Monza è assist troppo invitante per non celebrare un giovane centrocampista che nell’ottobre del 1977 lasciò la Serie A, dove aveva giocato da titolare quattro delle prime cinque partite nel mitico Lanerossi di GB Fabbri e Paolo Rossi, per dare qualità, dinamicità, sostanza al reparto nevralgico di un Monza, partito male ma autore di una imperiosa rimonta. Giovanni Lorini, per la verità, in massima serie aveva esordito giovanissimo nel Milan ed era da poco 18enne quando – 13 aprile 1975, Comunale di Bologna – mister Giagnoni gli affidò addirittura la maglia rossonera numero 10, quella di un certo Gianni Rivera. Ca va sans dire chi arrivava a Monza in quegli anni… Il ragazzo di Travagliato – la stessa località in provincia di Brescia da cui partiranno più o meno negli stessi tempi anche i fratelli Baresi – si inserì subito alla grande nel mondo biancorosso. Nerbo e classe, coperture ed incursioni, ovvero il bagaglio del centrocampista moderno con nel motore le due fasi: quella difensiva e quella offensiva.
Un gioiello il suo primo gol al Sada datato 11 dicembre 1977: pallonetto a scavalcare il portiere della Cremonese Ginulfi, sfera ripresa ed accompagnata in fondo al sacco. Penso di non andare tanto lontano dalla realtà se indico però come miglior gara della sua carriera quella del 28 Maggio 1978: Monza-Ascoli 4-2, già degnamente celebrato alcuni mesi or sono in questa rubrica e – dal mio personale punto di vista – partita simbolo di una irripetibile epopea biancorossa. In quel pomeriggio pieno di sole Giovanni Lorini sfiorò la perfezione: era ovunque, correva come un mezzofondista, ispirava come un regista. Fece assist al bacio per uno dei due gol di Silva e – soprattutto – firmò il capolavoro al minuto 90. Tornato in partita grazie ad un rigore generoso, l’Ascoli dei record si era riversato nella metàcampo brianzola ed a pieno organico arrembava alla ricerca del pari. Il Monza si difendeva compatto sostenuto a gran voce dalla torcida biancorossa. Proprio mentre le lancette dell’orologio cominciavano l’ultimo giro Giovanni rubava palla, si involava, resisteva ad un paio di cariche e dai venti metri esplodeva fragorosa e clamorosa sventola sulla quale Marconcini manco riusciva ad abbozzare un intervento. Non dimenticherò mai il boato del Sada. Impressionante. Semplicemente impressionante.
Il contributo quantitativo e qualitativo di Lorini risulterà determinante anche nella stagione successiva, quella dell’amarissimo spareggio di Bologna. Poi il centrocampista bresciano prese altre strade (Genoa e Brescia) ma certi amori non finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano … Precursore di Antonello Venditti, Giovanni rimise infatti la camiseta biancorossa nell’autunno del 1983. Quattro anni valgono un respiro eppure nel calcio sono era geologica. Il suo secondo Monza era diverso dal primo: nessun sogno, tanto realismo. Salvezza unico mantra ripetuto sino alla noia. Ma Magni – pure lui nel frattempo rientrato a casa – sapeva di poter contare ad occhi chiusi su quel tuttocampista. E furono due campionati senza patemi. E furono altri 5 gol di Giovanni: fortunoso il primo – proprio nel giorno del suo secondo esordio al Sada – con il fondamentale contributo di una paperella del portiere dell’Empoli, folgorante quello al Varese con un tiro al volo da mostrare nelle scuole calcio per far vedere postura, preparazione, coordinazione, impatto, rilascio della gamba. L’ultimo capitolo (1985-86) è da dimenticare sia per il Monza (mesto ritorno in C) che per Lorini sul piano personale. Ma un finale amaro non può certo cancellare quanto di bello, di forte, di intenso, di vero, di corrisposto c’è stato in una storia d’amore come quella tra il Monza e Giovanni Lorini.
Fiorenzo Dosso