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I giocatori biancorossi sotto il settore ospiti a Marassi al termine di Genoa-Monza 2-0 - Foto: E-Mage Studio
I giocatori biancorossi sotto il settore ospiti a Marassi al termine di Genoa-Monza 2-0 - Foto: E-Mage Studio

Correva l'anno 1969 quando nei negozi di musica uscì Nuvole Barocche, seconda compilation di uno dei cantautori più illuminanti del Novecento italiano: Fabrizio De Andrè.
Faber (come lo chiamava Paolo Villaggio), artista genovese e tifoso rossoblù, nato in una fredda domenica di febbraio mentre giocava il Grifone. Il suo Grifone, la squadra che scelse consapevolmente di amare andando contro la fede calcistica del padre e del fratello, entrambi sostenitori del Torino. 
Una vita, una poesia. Ma anche un legame profondo nei confronti del club più antico d'Italia, così vivo da confessarlo al pubblico durante un suo concerto sfoderando la sciarpa rossoblù: “Ho una malattia: si chiama Genoa”.

In quell'album pubblicato a fine anni ‘60, c’era un brano nel Lato A, traccia numero 2, che raccontava il viaggio, metaforico e insieme reale, di un giovane alla deriva incapace di dare una scossa alla propria esistenza. Quella canzone, scritta nel 1961 dal paroliere Franco Franchi, si intitolava "E fu la notte".

"E fu la notte
la notte per noi
notte profonda
sul nostro amore.

E fu la fine
di tutto per noi
resta il passato
e niente di più."

La seconda quartina riecheggia quasi come preludio d'irreversibilità per il Monza, che sprofonda in una baraonda pirandelliana preoccupante, travolto dagli eventi e manchevole di reazione.

Allo Stadio Luigi Ferraris, il successo rossoblù targato De Winter e Vasquez rende amaro il ricordo dell'epico 2-3 dello scorso campionato, con la rovesciata-capolavoro di Dany Mota e l'esultanza di Palladino insieme alla squadra sotto la pioggia a completare un'impresa straordinaria.

Invece, nel Monday Night del 27 gennaio 2025, Giorno della Memoria, il Genoa vince con merito e spezza un Monza debole e impotente. 
A Marassi i brianzoli tengono botta nel primo tempo e vanno fuori giri nella ripresa, dominati dagli avversari e inchiodati in un non-gioco acquoso, confuso, azzerato e disorganizzato. Al netto dell'unico tiro di Kyriakopoulos nell'arco di 90', di una produzione offensiva infondata e una difesa basculante, la squadra di Bocchetti sbaglia l'impatto sulla gara e crolla, dimostrando poca verve corale e una qualità ridotta, un'ossatura instabile e disordine nelle due fasi, carenza di muscoli e personalità, di presenza morale e motivazionale.

Il “Guasto d’amore" lo vede il Grifone (Bresh, 2023), per il Monza è buio omega sotto la Lanterna, sempre più spiaggiato nell’abisso dell’ultimo posto in Serie A.

genoa monza 2-0
Le squadre in campo all'inizio del match

Genoa in salita, Monza in discesa

“Gli imperativi categorici del calcio sono: primo non prenderle (oh yes, sir); centrocampo dotato di fondo atletico; punteros (due o meglio tre) agili e coraggiosi. Se tutto il gioco d'impostazione lo fai fluire al centro, riduci l'angolo piatto del fronte (180°) a un angolo inferiore a 90°. E le signore punte fanno il piacere di rientrare - dopo ogni azione - al centrocampo.”

Le parole di Gianni Brera, tifoso storico del Vecchio Balordo, descrivono il quadro teorico e i principi da adottare per risolvere positivamente le partite: non subire gol, schierare attaccanti di movimento con spirito di sacrificio, impostare centralmente la manovra e schermare gli avversari con senso pratico e concretezza.

Risvolti breriani che, in un incastro conciliatorio tra presente e passato, riassumo perfettamente, e a posteriori, la partita di Marassi tra Genoa e Monza. Una gara dominata dal Grifone sotto ogni aspetto, caratteriale, tecnico e nelle intenzioni, mettendo sotto scacco i brianzoli con grande determinazione e attenzione millimetrica. 

Viera opta per l'1-4-2-3-1, con Leali in porta, De Winter e Vasquez centrali di difesa, Sabelli e Martin terzini, in mediana Masini e Frendrup, tridente di rifinitura composto da Kassa, Thorsby e Miretti alle spalle di Pinamonti. 
In piena emergenza, Bocchetti vara l'1-3-4-2-1, confermando Turati tra i pali, D'Ambrosio, Izzo e Carboni in difesa, il neo acquisto Urbanski nel mezzo in coppia con Akpa-Akpro, Pereira e Kyriakopoulos sulle fasce, Caprari e Ciurria dietro Maldini.

Il Genoa parte subito a mille, con garra e benzina in corpo, rispettando l'espressione di un gioco attivo e di sostanza, “difendere per attaccare" e verticalizzare” nella rievocazione dell'idea di calcio di Franco Scoglio.

Svuotare il lato forte per pungere su quello debole, sfondando centralmente tramite combinazioni rapide o lanci diretti in profondità: è la regola “palla, spazio, uomo” ad animare il Grifone, una progressione di elementi che secondo il Professore deve preservare una certa gerarchia per funzionare. 
Vieira ordina alla sua squadra di restare compatta, con baricentro mobile e il meccanismo pressione-riaggressione a comandare il gioco. 

Al 16' è il Monza a suonare il primo squillo del match: costruzione dal basso a manipolare la struttura avversaria, finta di Urbanski a togliersi la marcatura di dosso e a innescare un gioco a tre con Ciurria e Pereira, servito nello spazio dal Fante tagliando fuori tre uomini rossoblù. Il 13 biancorosso pesca al centro Maldini, che a sua volta gira per Caprari, il quale, con la coda dell'occhio, serve Kyriakopoulos alle sue spalle. La conclusione in diagonale del greco viene deviata e sfiora di pochissimo il palo. Chance enorme per brianzoli, con un'azione rugbistica a coinvolgere tutti gli effettivi, coordinata in estensione ed ampiezza.

Al 28' Pinamonti scalda i guantoni a Turati, che smanaccia e si rifugia in angolo. Dagli sviluppi di corner, Kyriakopoulos trattiene in area Vasquez e Doveri fischia il rigore. 
Dal dischetto il 9 genoano calcia a sinistra ma Turati battezza l'angolo e respinge il tiro. Super parata del portiere biancorosso che tiene il risultato in bilico e nega il vantaggio a Pinamonti. 

La squadra di Viera avverte il momento favorevole e aumenta il forcing, schiacciando i brianzoli nella propria metà campo. Al 37' i padroni di casa sfruttano la costruzione diretta e creano una grossa occasione: Leali lancia lungo Thorsby, il norvegese spizza la palla nello spazio e manda in porta Miretti, con la retroguardia ospite colta di sorpresa. In area Izzo è provvidenziale a opporsi sulla conclusione dell'ex Juve e a sporcare la palla sopra la traversa. Al 45' Akpa-Akpro abbandona il rettangolo verde per un problema muscolare: al suo posto entra Bianco.

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Attacco della profondità e palla nello spazio: il gioco a tre Urbanski-Ciurria-Pereira che genera l'unica, vera occasione del Monza in 90' - Foto: DAZN

Ripresa a tinte rossoblù, brianzoli allo stremo

Nella ripresa è sempre il Genoa a fare la partita. Bocchetti inserisce Mota per Kyriakopoulos, al 46' i rossoblù sfiorano il vantaggio. È ancora Miretti a rendersi pericoloso, su cross di Pinamonti, con un colpo di testa deviato da D'Ambrosio che si stampa sulla traversa.

Al 55' Vieira  sostituisce Kassa con il nuovo acquisto Cornet. Due minuti più tardi il Monza si fa cogliere impreparato e, esattamente come nel primo tempo, subisce un'infilata in campo aperto con Thorsby che calcia in area trovando l'opposizione di Turati. Sulla respinta è nuovamente il 30 biancorosso a blindare la porta sul tap-in di Cornet, in offside al momento del tiro.

Il Monza è sempre più schiacciato nella propria metà campo e non riesce a gestire la palla, con l'aggressione del Genoa che toglie lucidità e ragionamento agli avversari. 
Al 61' il castello brianzolo si sbriciola: Martin pennella una punizione in area e sul secondo palo si fionda De Winter, completamente libero a insaccare di testa.
I brianzoli vanno sotto e accusano la botta dello svantaggio. Bocchetti tenta la mossa della disperazione gettando nella mischia Vignato per Caprari e Petagna per Maldini. Un doppio cambio che toglie garanzie offensive e certezze alla squadra.

All'84' il Grifone raddoppia e chiude definitivamente il match. 
Da sviluppi di corner, Mota e Petagna giocano a Ciapanò e si fanno rubare la sfera da Ekuban che, agile e scaltro, appoggia dietro per Masini. 
Riconquista della palla, scarico, ampiezza e finalizzazione: il 73 rossoblù si allarga, chiama Cornet all'inserimento e lo serve sulla destra, con Bianco che si lascia saltare con troppa leggerezza. 
Il traversone dell'ivoriano diventa preda per Johan Vasquez, che brucia sul tempo Lekovic e buca Turati.

Per la squadra di Bocchetti, annichilita e sfiduciata, senza anima e mordente, non c'è scampo. Dopo 4 minuti di recupero, l'arbitro Doveri decreta la fine del match: Genoa-Monza termina 2-0.

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Riconquista della palla, scarico, ampiezza e finalizzazione: l'azione del 2-0 genoano è viziato da una doppia indecisione, e dal mancato intervento, di Mota e Petagna su Ekuban - Foto: DAZN

Non c'è più niente da fare?

Nomen omen. Un nome (di un titolo), un presagio. 
Il riferimento è alla canzone “Non c'è più niente da fare” di Bobby Solo, che prosegue con un nostalgico “è stato bello sognare” in nome di tempi passati che non torneranno più.
Una triste coincidenza che abbraccia il periodo più complicato della storia recente del Monza, dai sogni di gloria del compianto Presidente Silvio Berlusconi all'incubo retrocessione in Serie B che, partita dopo partita, sembra materializzarsi.

Quattro sconfitte in cinque gare per Bocchetti, 5 gol fatti e 10 subiti, dodicesima rete di testa incassata, 13 punti in classifica e ultimo posto sempre più consolidato: numeri che testimoniano le difficoltà, macro e micro, di una squadra aggrovigliata al suo interno, fragile di testa e in deficit motivazionale, costretta in una condizione di perenne rincorsa e underpressure da inizio stagione. 

Una situazione estremamente complessa, difficile da affrontare e arginare, che si ripercuote a tutto tondo nell'ambiente, in campo e fuori, tra risultati negativi, uscite di mercato penalizzanti (Djuric, Pablo Mari) e prestiti compensativi a breve termine (Urbanski, Palacios).

A 16 giornate dal termine del campionato le speranze di salvezza per i biancorossi si assottigliano progressivamente, non solo per le occasioni perse o le opportunità svanite, ma per la bolla negativa che si è creata attorno alla squadra, sopraffatta nella mente e nel cuore, scarica dal punto di vista emotivo e impalpabile davanti agli episodi, le dinamiche di gioco, le partite.
Non solo: al netto della vittoria d'orgoglio contro Fiorentina, il Monza ha fallito quella prova di maturità necessaria a ribaltare la tendenza, cadendo a Bologna e a Genova senza abbozzare una resistenza e alzando bandiera bianca con troppa facilità. Del rosso non c'è traccia, colore del fuoco e della divisa sociale che sta, lentamente, abbassando la sua saturazione. 

Come recita un antico proverbio tanto caro a Max Allegri, “le chiacchiere se le porta via il vento” e a contare sono solo i fatti. 
Sabato 1° febbraio all'U-Power Stadium arriva l'Hellas Verona di Paolo Zanetti, una diretta concorrente nella lotta per non retrocedere. Per il Monza il tempo di pensare è svanito, serve agire in fretta e con credibilità, giocando con onore e dignità, vendendo cara la pelle e dando tutto per la maglia, nel tentativo di scalare quella montagna ripidissima a ritmo di punti e vittorie.

Passo dopo passo, senza fare calcoli o programmi, ma combattendo su ogni pallone fino alla fine. 
Nulla è ancora scritto e occorre crederci.
Perché, come diceva Fred Dalton Thompson: “Una persona che non si arrende mai non sarà mai sconfitta.”

A cura di Andrea Rurali