Chi era Gianni Minà, un mito del giornalismo sportivo italiano
Si è spento ieri sera dopo una breve malattia a 84 anni
Definirlo solamente come giornalista sportivo sarebbe assolutamente limitante. Gianni Minà è stato molto di più. Certo ha amato alla follia lo sport, ha seguito 8 Mondiali di calcio e 7 Olimpiadi, è stato amico di Muhammad Ali, Maradona, Platini, Pantani e molti altri. Ha intervistato Enzo Ferrari, Sergio Leone, Federico Fellini, Fidel Castro, Gabriel Garcia Marquez, l'Avvocato Agnelli solo per citare i più famosi.
Con lui scompare un pezzo del grande giornalismo degli anni Settanta e Ottanta. Quello del passaggio dall'importanza della carta stampata alla televisione, quello in cui l'empatia era fondamentale. E Minà l'ha dimostrata nei confronti di ogni suo ospite nella celebre trasmissione Blitz, su Rai 2.
Giornalista d'inchiesta, documentarista, ideatore di programmi televisivi. Non c'era cosa che Minà non sapesse fare ma, soprattutto, dal punto di vista umano, era amatissimo da tutti gli sportivi, con cui riusciva a creare un rapporto che andava oltre alla semplice professione. Celebri le interviste a Maradona e quella a Pantani dopo Madonna di Campiglio nel 1999.
Amava e conosceva le dinamiche del continente americano come pochi. Fidel Castro e Che Guevara gli uomini che ha raccontato di più, insieme a Maradona. Figure assai chiacchierate, ma dalla fortissima personalità. Quello che lo attraeva in ogni storia che raccontava.
Ieri a Roma, a 84 anni, è morto uno degli ultimi giganti del giornalismo italiano. Gianni Minà, un fuoriclasse del giornalismo.