Mentalità flebile, Monza incerto: la sconfitta col Napoli (2-0) amplifica i problemi di squadra
I brianzoli partono bene, poi incassano il gol e staccano la spina. Poco coraggio, atteggiamento troppo rinunciatario. Al Maradona i partenopei vincono 2-0. L'analisi tattica del match.
“La mentalità positiva nel calcio è tutto”. Lo diceva l'incomparabile Rinus Michels, filosofo kantiano del football moderno. Allenare la mentalità è un percorso lungo e complesso, che richiede sacrificio e costanza, sia per l'allenatore che insegna, sia per l'atleta che metabolizza. Da Michels a Cruijff, con il passare degli anni il calcio è divenuto un organismo interconnesso di pensatori e giocatori, con la psicologia a entrare nelle arterie del pallone e definire la forma mentis degli atleti.
Hans Westerhof, ex tecnico di PSV-Eindhoven e Ajax, ha evidenziato questo tema sottolineando l'importanza dell'auto-convinzione: “Se vuoi migliorare un giocatore, dovrai lavorare sulla sua auto-convinzione. Quando parlo di auto-convinzione, intendo sapere cosa si deve fare (compiti base) e sapere che si può fare”.
Convinzione. È proprio questo aspetto a sintetizzare Napoli-Monza, una gara tra due squadre con qualità e dimensioni diverse e un divario tecnico totalmente a favore dei campani.
Al Maradona la squadra di Conte non perdona: 2-0 pulito e biancorossi sciolti, tanto per citare Pino Daniele, come neve al sole.
- Leggi qui: l'analisi a caldo di Napoli-Monza 2-0
Brianzoli a metà, partenopei aggressivi
"Mi ha fatto piacere che i ragazzi abbiano provato fino all'ultimo ad evitare la sconfitta: non deve mai piacerci, nemmeno nelle partite amichevoli e ai rigori. L'atteggiamento è quello di non starci fino alla fine".
Appena approdato all'Inter nel 2019, Antonio Conte mise subito le cose in chiaro consegnando un messaggio diretto al gruppo: mai mollare. Un diktat che alimenta il credo del tecnico salentino, tra i più influenti in Italia nell'ultimo decennio. Sempre un passo avanti, attento alle dinamiche e in costante aggiornamento, consapevole della forza delle idee e del lavoro come chiave per raggiungere il successo. L'uomo della svolta, chiamato dal Presidente De Laurentis per far risorgere dalle ceneri una squadra capace di toccare zenit e nadir in soli 12 mesi. Niente integralismi tattici, massima apertura al cambiamento: alla base del Conte 3.0 c'è il passaggio dalla difesa a 3 alla difesa a 4, con un 1-4-3-3 ultra flessibile che si sposa al meglio con le peculiarità della rosa, partendo dal presupposto che “un allenatore si adatta alle caratteristiche dei calciatori e non il contrario”.
Un modulo fluido e sostenibile, in cui la posizione di McTominay, centrocampista d'assalto con skills avvicinabili a quelle di Steven Gerrard, regola l'assetto del Napoli in fase di possesso. Lo scozzese si alza centralmente sulla trequarti andando a formare un 1-4-2-3-1 con Lobokta primo palleggiatore e uomo di pressing e Anguissa vertice basso della mediana.
Con uomini contati e l'infermeria piena, Nesta decide di non stravolgere il sistema e opta per il consueto 1-3-4-2-1, rinunciando ad affrontare il Napoli a specchio. Coppia inedita in mediana, con Bianco e Bondo per la prima volta titolari insieme, e Pessina riportato sulla trequarti accanto a Maldini.
L'avvio del Monza lascia ben sperare, ma appena il Napoli aumenta il ritmo la partita prende una piega decisa.
La manovra azzurra si fa sempre più avvolgente, coi due terzini proiettati ad attaccare la porta e i tre tenori del centrocampo - Lobotka, McTominay e Anguissa - a faticare di reparto con rigorosa applicazione. Un‘attitudine che coinvolge tutti gli interpreti, sia in fase di possesso e soprattutto in situazione di non possesso, con pressing e riaggressione a ingabbiare il Monza nella propria metà campo.
La gara si sblocca al 22'. Il Napoli allarga il gioco lateralmente a destra, incentivando Politano a cercare il dialogo nello stretto, dai e vai rapido per bucare la difesa brianzola. L'azione si congestiona in spazi risicati, con una situazione di 4 contro 4 che si scioglie grazie all'iniziativa del 16 azzurro che chiama il triangolo a Lukaku. L'intercetto di Bianco si trasforma in un assist involontario proprio per Politano che entra in area di rigore e trafigge Turati, con Pablo Marì che esce in ritardo sul portatore.
Costruire o distruggere?
Quando si parla di costruzione dal basso (qui l'editoriale di Paolo Corbetta) è necessario scindere un principio che alimenta il calcio contemporaneo dall'errore tecnico e, quindi, da una scelta imprecisa o sbagliata da parte di un giocatore. Impostare l'azione da dietro - per molti una moda ossessivo-compulsiva, per altri una frontiera da inseguire - non significa eseguire un gesto basato su un codice ma effettuare un movimento che presuppone una certa comprensione del gioco attuando la scelta migliore possibile.
A inquadrare perfettamente in problema è Filippo Galli nell'analisi “L'ossessione di costruire dal basso”:
"Quello che vorrei ribadire è che (i giocatori, ndr) non ce l’hanno in testa come un codice, o almeno non dovrebbero averlo, perché nel loro percorso formativo dovrebbero essere stati allenati non alle situazioni di gioco da ripetere e codificare, a prescindere, ma a riconoscere le situazioni di gioco, a comprenderle e a decidere-scegliere di conseguenza, trovando la soluzione migliore.
Sono le letture, pertanto, che vanno allenate ma se continuiamo ad amplificare, demonizzare l’errore, difficilmente riusciremo ad invertire la rotta rispetto alla nostra cultura calcistica, ammesso che la si voglia davvero invertire perché le ventate di restaurazione sono sempre più forti e arrivano da contesti in cui la comunicazione ha un effetto elevato all’ennesimo potenza e, va da sé, anche la ricaduta sull’opinione generale.
[…] Abbiamo bisogno di uno sguardo e di una spinta al futuro ma continuiamo a rivolgerci al passato che, di per sé, ha un valore inestimabile ma non può e non deve impedire di provare ad abbracciare il cambiamento".
Il secondo gol subito dal Monza nasce proprio da un passaggio fuori misura di Turati per Bianco condizionato dalla pressione infernale del Napoli, con 4 quattro giocatori a pareggiare numericamente le pedine di movimento lasciando al portiere il compito di stabile dove, come e quando lavorare la palla. Esattamente come nel tennis granitico di Novak Djokovic e Jannik Sinner, anche Antonio Conte è un maestro nel fondare la sua strategia piegando gli avversari prima nella mente e poi nelle gambe e concedendo quella frazione di secondo in più per pensare e in meno per operare.
Riflettere troppo, sbagliare spesso e talvolta gratuitamente. L'indecisione del portiere biancorosso costa carissimo e genera l'azione del raddoppio di Kvaratskhelia, l'ultimo in ordine sequenziale a intervenire sul pallone per depositarlo in rete.
L'errore individuale fa parte del gioco, è ciò che determina il cambio di possesso e di fatto il calcio, e come tale va gestito, non solo singolarmente ma di squadra. Reagire rapidamente alla perdita/riacquisizione del pallone diventa un fattore cruciale: il Monza “regala” la sfera e si avventura in una replica disarticolata, con Bondo che esce in raddoppio su Lobokta e si sgancia dalla marcatura di McTominay, libero di ricevere la palla all'altezza del dischetto e calciare in porta. La respinta di A. Carboni è un invito a nozze per il 77 georgiano: 2-0 scientifico e gara in cassaforte per gli azzurri.
Primo tempo ridotto del Monza, con un atteggiamento troppo rinunciatario e poco mordente. Duelli e seconde palle sono preda facile dei partenopei, il fraseggio brianzolo si consuma dopo 2-3 passaggi con una manovra poco ragionata e letture non azzeccate.
Napoli in gestione, Monza in palleggio sterile
Nella ripresa la squadra di Nesta abbozza una reazione alzando le linee e comandando il palleggio, ma lo sviluppo è macchinoso e la rifinitura azzerata. I partenopei concedono campo agli avversari, difendendo con criterio e giocando in transizione, ma i biancorossi trovano le linee di passaggio chiuse e non riescono né a imbucare né a saltare la prima pressione avversaria rendendosi quasi mai pericolosi.
La fiamma del coraggio fatica ad accendersi e non fornisce alcun abbrivio ai biancorossi. Pessina prova a dare ordine, Maldini trova qualche spunto ed è l’unico a cercare la conclusione (sfiorando l’1-2 su punizione). Anche le sostituzioni tardive e fuori tempo massimo, con Caprari, D'Ambrosio e Martins gettati nella mischia a una manciata di minuti dalla fine.
Al triplice fischio Napoli-Monza termina 2-0.
Nella notte scura del Maradona a vincere sono i tifosi irriducibili del Monza, la carica dei 101, sempre sugli spalti a sostenere la squadra, incondizionatamente, con sacrificio e passione.
Mai arrendersi, lottare sempre
“Coraggio ce l'ho. È la paura che mi frega”. Una massima calzante, quella di Totò nel film “Figaro qua, figaro là”, per descrivere il dualismo interiore del Monza, una squadra che ha del potenziale ma non lo esprime, che fa intravedere qualcosa ma non riesce a portarlo a termine, uno sdoppiamento di personalità degno de Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Stevenson, con la versione “buona” anti Fiorentina e Inter a coesistere con quella “cattiva” anti Bologna e Napoli.
Terza sconfitta stagionale, 15 gare senza vittoria e ultimo posto in classifica con tre punti. Numeri che rispecchiano il periodo poco propizio dei biancorossi, discontinui sotto il profilo caratteriale e della cattiveria agonistica, a tratti scarichi e senza nerbo, imprigionati in un gioco che non esplode negli ultimi 20 metri. Idee e palleggio non bastano a completare una proposta che nella metà campo avversaria assume inefficacia, schiava di una circolazione orizzontale, e talvolta arretrata, che non genera sbocchi in fase offensiva. A testimoniarlo sono le statistiche, con un dato molto basso nella voce “tiri in porta” e il solo Maldini a tenere viva l'intraprendenza della squadra.
In terra campana il Monza non riesce a dare una scossa al proprio campionato e incassa un altro ko contro un Napoli superiore a livello tecnico, tattico e della personalità. Una défaillance che il Monza non fa nulla per evitare, confermando i pronostici della vigilia e disarmando con eccessiva facilità, senza provarci, lottando solo per 20 minuti e aggirando le difficoltà nel giorno in cui Silvio Berlusconi, l'uomo dei sogni biancorossi, avrebbe compiuto 88 anni. In nome del Presidente, il Monza non può far altro che tirare fuori l'orgoglio e battagliare, perché “chi ci crede combatte, chi ci crede supera tutti gli ostacoli, chi ci crede vince”.
La graduatoria non è confortante, ma non deve minare le certezze. Anche il calendario, tosto e difficile, non può essere un alibi: l’obiettivo è risalire la china e macinare punti al più presto, già a partire dal prossimo impegno casalingo contro la Roma. Un match spartiacque per i biancorossi - vietato steccare - in cui sarà fondamentale fare risultato e indirizzare nel modo corretto la stagione.
A cura di Andrea Rurali