Sconfitta di misura, questione di dettagli: un Monza vivo cede tre punti all'Atalanta (1-2)
I biancorossi perdono in casa contro gli orobici, centrati e cinici sotto porta. Nel finale Maldini sfiora la doppietta ma il suo tiro si infrange sul palo. L'analisi tattica.
“Nel calcio c'è una legge contro gli allenatori: giocatori vincono, allenatori perdono”.
Nella bibbia calcistica di Vujadin Boškov svetta un precetto in difesa degli allenatori, spesso criticati in caso di sconfitta.
Un tema interessante che fornisce una prospettiva diversa e accende il dibattito popolare, permeato da una dicotomia talmente profonda da non ammettere sfumature.
Bianco o nero, senza intromissioni di grigio.
Ma è proprio il grigio il colore della moderazione, accostato da Tolkien a Gandalf il grigio, personaggio de Il Signore degli Anelli noto per la sua saggezza e la stabilità morale. Tonalità che sposa la mediazione, assecondando la sempiterna locuzione di Aristotele (la virtù sta nel mezzo).
Ma nel calcio è impossibile mettere tutti d'accordo. Il vincolo dell'oggettività è un paradosso, esattamente come nell'arte: a comandare è l'angolazione e la prospettiva personale, la soggettività e l'occhio individuale.
Basterebbe soffermarsi sull'ultima settimana di competizioni europee per comprendere quanto i giudizi siano chiaroscurali. Tutto vero, tutto falso (come recita lo slogan di un celebre film di Paolo Sorrentino). Il Manchester City domina contro il Real Madrid ma esce dalla Champions, Guardiola viene criticato per il suo “giochismo” ad oltranza, inefficace ai fini del risultato, mentre Ancelotti accumula elogi per la tattica “catene e ripartenze” e guida i Blancos alla qualificazione in semifinale di Champions dopo supplementari e rigori. E poi c'è il rovescio della medaglia, ossia coloro che, puntualmente, condannano chi vince senza badare alla forma e chi perde seguendo la filosofia della cosmesi.
Quindi gli allenatori sono tali quando perdono e vincenti solo se vincono titoli? A rispondere al quesito è Gian Piero Gasperini al termine di Monza-Atalanta, sottolineando quanto sia sbagliato ridurre la questione ai risultati, minimizzando il lavoro, e quindi le idee, e trascurando l'aspetto più essenziale del gioco: il divertimento, da trasferire “ai figli e al proprio popolo”.
“Il calcio è bello perché è vario” e a ribadirlo è Raffaele Palladino nel post partita. Nella marea di “Accordi e Disaccordi” (1999, regia di Woody Allen) è fondamentale motivare il punto di vista, rispettando i pareri contrari e confessando il proprio pensiero. Proprio come accaduto nelle conferenze stampa a fine gara, con l'allenatore biancorosso e il tecnico della Dea a raccontare le rispettive versioni.
All'U-Power Stadium, sotto la pioggia e il freddo, i brianzoli restano in piedi fino all'ultimo ma cadono dalla torre atalantina, col rammarico di un pareggio polverizzato al 95'.
Riavvolgendo il nastro al fischio d'inizio, che partita è stata Monza-Atalanta? Una gara aperta e accesa, con due squadre determinate a conseguire il risultato.
I biancorossi confezionano una buona prestazione sul piano tecnico e tattico, sostengono la manovra e il possesso, incrociano con criterio le fasi di gioco, sviluppano con pazienza per trovare l'imbucata giusta, sputano duelli e seconde palle, creano diverse occasioni ma non incidono sotto porta.
Al contrario gli orobici, reduci delle dolci fatiche di Europa League contro il Liverpool, massimizzano gli sforzi e producono calcio con qualità e automatismi, sfruttano le défaillance biancorosse e pungono in ripartenza, palleggiano con sicurezza e armano le transizioni, attaccano e difendono in blocco con compattezza e lucidità.
Possesso, non possesso e transizioni
Palladino si affida al 4-2-3-1 con due sole novità rispetto alla trasferta di Bologna: Kyriakopoulos titolare a sinistra e Gagliardini in mediana al posto dello squalificato Akpa Akpro.
Gasperini ricorre a un turnover mirato e preciso: 3-4-2-1 con Lookman, De Ketelaere e Tourè in avanti, Holm e Bakker sulle fasce e Kolasinac preferito a Djimsiti in difesa. In panchina Scamacca, Koopmeiners, Mirančuk e De Roon.
Il match entra subito nel vivo: al 7' Kolasinac dialoga con Lookman e infila Gagliardini, ma Di Gregorio riesce a chiudere lo specchio della porta. Tatticamente ben disposte in campo e molto compatte, le due squadre si sfidano a uomo e cercano il momento opportuno per colpire. La Dea smista il gioco sulle corsie esterne e lavora in ampiezza, con i tornanti a calpestare le linee e i braccetti difensivi a supporto. Nel mezzo la bagarre si fa intensa: Gagliardini tallona Pasalic, Pessina va schermare Ederson e Bondo si fionda su De Ketelaere.
In abbinamento alle fasi di possesso e non possesso, diventano cruciali sono le transizioni, offensive e difensive. Situazioni che misurano la reattività delle due formazioni all'atto contestuale del recupero/perdita del pallone e forniscono possibilità di contrattaccare/ripiegare rapidamente.
Durante la distribuzione alta degli ospiti, il Monza piomba sotto palla attivamente, con Gagliardini preposto all'uscita in pressione sul portatore atalantino e i compagni a infittire le marcature. Ranghi serrati e squadra ristretta in 15 metri per togliere libertà agli avversari e cancellare corridoi di passaggio tra le linee: l'intento della squadra di Palladino è quello di non scomporsi, curare il gioco e predisporsi a una nuova acquisizione della sfera, riassetto-rimodulazione della manovra con un fraseggio corretto a disinnescare gli avversari o ripartenze.
Il Monza tenta di spaccare il muro atalantino con costanti movimenti senza palla e incursioni dentro il campo dei terzini, in particolare Birindelli che, con gamba e strappo, avvia le sortite da dietro. È proprio l'iniziativa del 19 biancorosso a fabbricare una potenziale occasione, con Zerbin che tira in porta a ridosso dell'area e costringe Carnesecchi all'intervento.
Alla finale del primo tempo l'Atalanta passa in vantaggio su calcio d'angolo: è Ketelaere Ketelaere a rubare il tempo a Ketelaere e battere di testa Di Gregorio.
La costruzione del Monza, Di Gregorio uomo in più
Al 54' Palladino getta nella mischia Valentin Carboni al posto di un Colpani intermittente. Qualche minuto più tardi Gagliardini sciupa una grossa occasione, spedendo di testa il pallone sopra la traversa.
I brianzoli alzano il baricentro alla ricerca del pareggio: l'inserimento di Maldini aumenta il tasso tecnico della trequarti e spinge Zerbin nella posizione di terzino sinistro al posto di Kyriakopoulos.
Per manipolare la struttura difensiva avversaria, il Monza imposta la manovra coinvolgendo ripetutamente il portiere. La costruzione dal basso, format sempre più diffuso nel calcio contemporaneo, permette di gestire il ritmo e tenere palla, aspettando il momento giusto per spezzare la posizionalità avversaria. È Di Gregorio il vertice arretrato e regista addizionale, l'uomo in più per promuovere la superiorità e creare spazi utili a gestire in modo proattivo il gioco. Una costruzione su base 3 (vertice basso e due appoggi laterali) + 1 uomo a supporto nella manovra palla a terra: una soluzione che serve ad attrarre gli avversari e disordinarne la struttura a seconda del grado di intensità del pressing. Con una parità numerica e i due attaccanti atalantini in pressione, Di Gregorio assume il controllo visivo del campo e opta per il lancio lungo in verticale su Pessina, sfruttando il vuoto centrale davanti a lui, con Gagliardini e Bondo troppo marcati per essere coinvolti. Il rinvio non è preciso per il Capitano e diventa preda di Hien, che però sbaglia il passaggio e consegna la palla a Zerbin. Dagli sviluppi il 20 biancorosso subisce fallo al limite dell'area e Guida concede punizione.
L'Atalanta raddoppia, il Monza insegue
Circolazione svelta, ricerca del terzo uomo mobile e verticalità: Dopo un'altra occasione sciupata da Pessina, la squadra di Gasperini raddoppia al 72'. Di Gregorio invita i compagni a salire e rinvia lungo, Djuric fa sponda a Pessina ma il suggerimento del Capitano per Maldini è intercettato da Hien, che innesca perfettamente la transizione offensiva pescando in verticale tra le linee Tourè. I reparti biancorossi si sfilacciano, la mediana biancorossa è spaccata i due e distante dalla retroguardia, con Bondo e Gagliardini che ripiegano in ritardo lasciando un vuoto siderale nel mezzo.
Svincolato dalla marcatura, l'ivoriano conduce l'azione e apre a sinistra per Lookman, il quale attende l'inserimento del compagno e lo serve in area. Tourè spalanca il piattone e deposita in rete. Contropiede micidiale dell'Atalanta, con Gagliardini che non riesce a rientrare in tempo e agevola la finalizzazione dell'ex Almeria.
Palladino corregge l'assetto e passa al 3-4-2-1, con Caldirola a rilevare Izzo, D'Ambrosio a sostituire Gagliardini e Colombo a dare il cambio a Djuric. L'Atalanta accetta l'iniziativa del Monza e si schiera sotto palla, con i biancorossi che producono un forcing avvolgente nel tentativo di rientrare in partita. I cambi dalla panchina, V. Carboni e Maldini, donano freschezza e dinamismo, Pessina arretrato in mediana offre più fluidità nel palleggio e una maggior dinamica nello smistamento della sfera. Con le sue ascese offensive da braccetto sinistro è Caldirola a spostare l'asse del gioco generando superiorità in costruzione e, simultaneamente, creando scompiglio in area avversaria.
La perla di Maldini e il pareggio sfiorato in extremis
Nella guardiolista ripartizione del campo in 20 riquadri, 4 orizzontali e e 5 verticali, ognuno dei quali deve ospitare non più di due elementi a profondità diversa, il Monza distribuisce i suoi effettivi e riproduce continui movimenti per originare spazio.
Allargare il gioco in ampiezza sulle sotto punte per poi mandare all'interno i quinti/tornanti: è questa la mossa che all'88 riapre la gara. Servito da Bondo, con i piedi sulla linea Daniel Maldini capta il movimento in diagonale di Zerbin che, contestualmente porta via in blocco due centrocampisti della Dea e libera la trequarti, con Valentin Carboni a supporto vicino la lunetta dell'area. Il 27 biancorosso punta l'uomo e dopo una prima finta calcia a giro sul secondo palo cogliendo alla sprovvista Carnesecchi. Il quarto centro stagionale di Maldini coincide con una giocata fenomenale per tempi, rapidità di esecuzione e sensibilità tecnica.
Al 95' il Monza ha una clamorosa occasione per pareggiare: è sempre il classe 2001 a rendersi protagonista con una conclusione tagliata che ribalza sul palo interno e corre lungo la linea di porta terminando sul fondo.
Il recupero si esaurisce e Guia manda le squadre sotto la doccia: Monza-Atalanta finisce 1-2.
Per un pugno di centimetri
“Per vincere partite bisogna fare più gol”. Ancora una volta è un aforisma di Vujadin Boškov a indicare una verità tanto scontata quanto lapalissiana.
Il Monza perde di misura contro l'Atalanta. Una gara disputata con fermezza dagli uomini di Palladino, applicata a livello tecnico e caratteriale contro una delle formazioni più toste del campionato.
59% di possesso palla, 17 tiri totali e l'85% di passaggi riusciti: i biancorossi mettono a referto una prova statisticamente superiore ai nerazzurri, senza riuscire a raccogliere punti. A mancare è la stoccata di sciabola, la zampata finale, così come la precisione in rifinitura e un pizzico di cattiveria in più in area di rigore.
Il risultato premia l'Atalanta e lascia l'amaro in bocca al Monza che, nonostante tre sconfitte nelle ultime quattro gare, esce dal campo con annotazioni positive. In primis, la crescita costante del gruppo, giovani e veterani a generare valore grazie all'apporto indispensabile di Mister Palladino. E poi la mentalità, quell'attitudine a voler competere e migliorare sempre, coadiuvata al senso di appartenenza e alla comunione d'intenti totale fra squadra e allenatore.
Una sconfitta misurata sui centimetri, quelli che separano la palla piazzata da Maldini dalla riga di porta. Centimetri in più (ne parla anche Paolo Corbetta nel suo editoriale) che avrebbero potuto regalare al Monza il primo punto in Serie A contro l'Atalanta. Centimetri che, come rammenta coach D'Amato (Al Pacino) nel celebre di discorso al suo team in Ogni maledetta domenica, se sommati fanno “la differenza tra la vittoria e la sconfitta”.
Questione di dettagli, di lampi fugaci e di scelte, decisive in un senso o nell’altro. Perché nel calcio non sempre vince chi gioca meglio e talvolta a conquistare il risultato è la squadra che si esprime con meno brillantezza. Esistono gli episodi, le inerzie, le tattiche: si può governare il possesso e avanzare l'offensiva, stringere il campo a protezione del castello difensivo per poi ripartire, attaccare a spron battuto o difendere pedissequamente, sposare una strategia propositiva o utilizzarne una più conservativa. Si può vincere o si può perdere per meriti propri o avversari.
Nel calcio tutto è possibile: l'importante - lo ricorda Pep Guardiola, è non perdere mai l’idea. Esattamente come il Monza di Raffaele Palladino, una squadra che in 20 mesi è riuscita a togliersi grandissime soddisfazioni, gioie assolute e impensabili, assemblando un calcio completo, di equilibrio e connessioni. Un calcio di coesione ed energia, studiato e modulabile a seconda delle avversarie, abilitato al sacrificio e alla passione, moderno e aggiornato.
In virtù dei risultati di giornata, il Monza festeggia la matematica salvezza: un traguardo straordinario che consente al club brianzolo di partecipare al terzo campionato in Serie A della sua storia. Una storia bellissima, piena di passione, orgoglio e romanticismo a tinte biancorosse. Una storia da onorare fino in fondo, a partire dalle ultime 5 gare del torneo che offriranno alla squadra di Palladino la possibilità di migliorare la classifica dello scorso anno.
Prossimo appuntamento: il match contro il Lecce, in programma sabato 27 aprile alle ore 15 allo stadio Via del Mare.
A cura di Andrea Rurali