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Marco Cappato, 52 anni
Marco Cappato, 52 anni

Non solo calcio nella puntata di “Monza, una città da serie A”, andata in onda su Teleshopping. Infatti, è intervenuto come ospite, in videochiamata, Marco Cappato, uno dei candidati al seggio in Senato lasciato vacante dalla scomparsa di Silvio Berlusconi.

“Brillante, spiritoso e simpatico”. Con questi aggettivi, rivolti verso la figura dell'avversario principe, ovvero Adriano Galliani, ha iniziato il suo intervento il tesoriere dell'Associazione Coscioni, nonché ex deputato europeo.  

“Mi sono candidato perché penso di avere qualche freccia al mio arco - prosegue Cappato, lanciandone poi una verso lo stesso amministratore delegato del Monza - per sua fortuna lui non ha bisogno di fare campagna elettorale, essendo stato indicato, sin da subito, dalla famiglia di Berlusconi come erede designato al seggio. Tuttavia, ho deciso di propormi perché penso che l'esito della competizione non sia scontato. Nel calcio, e Galliani lo sa benissimo, si dice che la palla sia rotonda e che non sempre il più forte batte il più debole”.

“La mia è una candidatura civica trasversale - spiega Cappato - che non significa essere contro qualcuno, ma favorevole e aperta al lavoro insieme ad altri partiti. Io sono sempre stato aperto al dialogo, anche con il partito democratico. Se poi pensano che il problema possa essere la loro componente religiosa, in merito alle mie battaglie a favore dell'eutanasia, io credo che stiano sbagliando”. 

Infine, alla domanda se Monza sia già una città di serie A, Cappato risponde così: “Non possiamo parlare solo di Monza, ma di tutta la Brianza, che rappresenta i tre quarti del collegio. Se penso alla globalità del territorio, penso proprio di no. Basti solo vedere come sono collegate le varie zone, con l'assenza quasi totale del trasporto pubblico tra una parte e l'altra della Brianza. Quanto tempo ci vuole per andare da Limbiate a Usmate, per esempio. Questo si riflette anche sulla popolazione. Non credo ci sia una connessione totale, se non il riconoscimento di essere diversi, di non appartenere alla grande Milano. Questo, però, mi pare ancora troppo poco”.