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Il tempo – sempre galantuomo – dirà se la scelta di aver confermato l’allenatore sarà stata azzeccata o meno. L’Amarcord di questa settimana va a ripescare una situazione con alcune analogie. In quel caso la società optò per il cambiamento. E venne premiata.


Stagione 1996-97: dopo due eliminazioni consecutive nella semifinale dei play-off, termina (con grande rammarico da parte mia) la gestione Boldini. In estate il walzer per la scelta della panchina è estenuante e tocca vertici grotteschi: ad inizio luglio un quotidiano (Il Giorno) annuncia addirittura l’arrivo di tal Joao Oliveira, fantomatico ed inesistente tecnico brasileiro. Quando Giambelli, finalmente, rompe gli indugi sceglie Rumignani, reduce dalla promozione con il Ravenna. Il personaggio è esilarante, il tecnico molto meno. Ma gode di fama da specialista e si fa costruire un organico di tutto rispetto. Il giorno della chiusura del calcio mercato a chi mi chiede un commento rispondo così: “Una dirigenza che ha giudicato deludenti i play-off degli ultimi due campionati dopo aver speso poco o niente, quest’anno deve avere un solo obbiettivo: la promozione diretta". Esattamente come adesso.

La presentazione di Rumignani al Teatrino della Villa Reale è roba da guitti d’avanspettacolo. Il post rifiniture del sabato mezzogiorno a Monzello diventa un caleidoscopio di storie di calcio, aneddoti, proverbi, racconti, battute fulminanti. Con il ‘Rumi’ showman assoluto. La migliore: si sta parlando della gestione di calciatori importanti. Un collega gli dice: “Mister, ad esempio, Lei ha avuto Andrea Carnevale“ Lui: “Si e devo dire che avevo stabilito un ottimo accordo con la Paoletta (Perego, soubrette televisiva dell’epoca e moglie di Carnevale, ndr) …” sguardo interrogativo dei presenti e : “Nella settimana in cui avevamo partite importanti la chiamavo e le dicevo di non stancarlo troppo …”.

Le conferenze stampa post gara una collana di ‘perle’: “Ho portato con noi lo squalificato Delpiano perché è quello che ha il vocione migliore per fare l’urlo prepartita negli spogliatoi” oppure: “Ho schierato Oddo libero (a Prato, ndr) perché in previsione di una partita molto difensiva è quello che ha il rilancio più lungo e riesce a fare i campanili più alti” … Vertice assoluto ad Alzano. Dove, dopo 90’ di inaudita sofferenza contro un avversario di gran lunga inferiore, il Monza vince esattamente così: mischione gigantesco in area piccola, rinvio di un difensore bergamasco che colpisce il fondoschiena (si può dire il culo ?) di Pietranera e rotola in porta. Al termine un giornalista locale apre le domande: “Mister, tre punti per voi importanti con una rete del tutto casuale” Il Rumi, senza arrossire, confeziona risposta che ancora adesso profuma di leggenda ma garantisco di averla sentita con le mie orecchie: “Il gol è frutto di schemi che proviamo e riproviamo in allenamento”.

Mi sono dilungato sul contorno (e ne avrei per altre trenta pagine) perché sul campo il Monza di Rumignani non convinse mai sul piano del gioco. Esattamente come quello attuale. Certo, vinse alcune gare in trasferta non facili (Alessandria, Carpi) grazie alla estemporaneità di alcuni singoli. Esattamente come quest’anno. Intanto, però, la continuità aveva permesso al Treviso di prendere il largo. Cosa che adesso sta facendo l’Empoli. La squadra dava l’impressione di essere sempre più distante, concettualmente e moralmente, dalla propria guida tecnica. Quando (16 marzo 1997) il Montevarchi espugnò il Brianteo, Giambelli capì che la rottura rischiava di essere prolungata. Mancavano 8 giornate alla fine. Esattamente quelle di oggi. L’intuizione del presidente fu quella di affidarsi ad un allenatore che era l’esatto opposto. Fine del cabaret, inizio di tanta sostanza tecnica. Gigi Radice. Occhi di ghiaccio, cuore biancorosso, esperienza al servizio della causa. Tutti in piedi. Scattarono mesi intensi e bellissimi. La squadra rifiorì e riprese consapevolezza nei propri notevoli mezzi. Il calcio torno ad essere al centro del villaggio. Il mitico pomeriggio di Ferrara e l’indimenticabile 3-2 al Carpi li ho già raccontati quindi mi fermo qui.

Il tempo – sempre galantuomo – dirà se la scelta in continuità di quest’anno pagherà. 24 anni or sono si optò diversamente e finì in gloria. Gli amarcord servono a riannodare i fili della memoria e non vogliono certo dare lezioni.

Fiorenzo Dosso