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tribunale

Nel 2019, Marco Savini avrebbe praticato un’iniezione al braccio di un paziente nel retrobottega della sua farmacia a Renate, un gesto che, secondo l’accusa, ha avuto esiti drammatici. Il paziente, un brianzolo di cinquant’anni, avrebbe sviluppato un’infezione che ha aggredito le ossa, portandolo a un lungo calvario di interventi chirurgici, non ancora concluso, con l’applicazione di una grossa placca in titanio per stabilizzare l’arto. Questo episodio ha portato Savini a essere imputato per lesioni ed esercizio abusivo della professione medica.

Le accuse e il passato dell’imputato

farmacia

Savini non è nuovo a problemi con la giustizia: in passato, durante l’emergenza Covid, era già stato coinvolto in un’indagine per aver stilato falsi certificati di tamponi molecolari. Ora, l’ex farmacista si trova a rispondere delle accuse davanti alla giudice Giulia Marie Nahmias, dopo la querela presentata dal paziente, identificato come A. L., un residente di Renate che si è costituito parte civile con l’assistenza dell’avvocato Paolo Confalonieri.

Una perizia per chiarire le responsabilità

Nel corso dell’istruttoria, la difesa di Savini ha richiesto una perizia medico-legale super partes per valutare eventuali profili di responsabilità nella vicenda. La giudice Nahmias ha accolto la richiesta, rinviando l’udienza a fine maggio per il conferimento dell’incarico. La perizia sarà fondamentale per stabilire se l’iniezione praticata dal farmacista abbia effettivamente causato le gravi conseguenze lamentate dal paziente.