L'ex Di Gregorio ricorda la 'furbata' di Galliani: 'Per avermi a Monza...'
Lunga intervista dell'ex portiere biancorosso ai colleghi della Repubblica. Al suo interno parla dell'ad dei brianzoli e del salto in bianconero
L'intervista di Michele Di Gregorio a la Repubblica
Un botta e risposta prolungato e particolareggiato quello tra il portiere della Juventus, Michele Di Gregorio, e il giornalista Emanuele Gamba de la Repubblica. Eccone un estratto.
Michele Di Gregorio, chi le ha detto che la Juve voleva proprio lei?
Il mio procuratore.
Ci ha creduto?
Gli ho chiesto di ripetermelo con calma.
Ha avuto paura di non essere all’altezza?
È stato più l’orgoglio di guardare indietro ai tempi i cui la Serie A e la Juventus sembravano lontanissime.
Perché ha dovuto fare un giro così lungo, per arrivare?
Dopo aver vinto lo scudetto Primavera con l’Inter pensavo di essere già pronto per la B, invece arrivavano offerte solo dalla C. Ho dovuto analizzare a 360°, non agire di impeto e convincermi che non mi stavo sminuendo. Mi sono detto: se queste sono le offerte, questo è il mio valore. Ho avuto bisogno di fare uno step alla volta.
Ha mai dubitato di farcela?
C’è stato un momento in cui qualcuno ci ha creduto più di me. A Pordenone, per esempio, mi ero sottostimato, dopo essermi sovrastimato a 19 anni. Il calcio giovanile genera false speranze. Se sei nella Primavera dell’Inter ti credi già giocatore, hai gli sponsor, le comodità, ti sembra tutto già fatto. Anch’io ero andato oltre, ma sono stato bravo a tornare indietro.
Quindi non giudica troppo lunga la strada che ha fatto.
Se ti cerca il Pordenone, è perché vali il Pordenone. E poi non ho mai preso in considerazione l’eventualità di andare in una squadra che voleva un portiere, ma solo in una che voleva Di Gregorio.
Quindi si è reso conto di valere la Juve?
Stavolta sì.
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Dall’Inter si è sentito abbandonato?
No. Nei cinque anni in prestito mi ha permesso di rimanere in piedi, tipo quando ero andato all’Avellino che subito dopo fallì. In fondo, se ho reciso il legame con l’Inter è stato per una furbata di Galliani, il numero uno, che ha ha voluto il diritto di riscatto perché credeva tantissimo alla promozione del “suo” Monza e ha avuto ragione.
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Il salto dal Monza alla Juve non l’ha disorientata?
Mi sono trovato subito a mio agio, tant’è che quando sono tornato dal ritiro ho detto alla famiglia: questo è il mio posto. Per assurdo, ci ho messo meno ad ambientarmi qui che altrove. Quando accompagno mio figlio Riccardo all’asilo e passo vicino allo Stadium, non posso fare a meno di pensare che sono felice.
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San Siro visto da dentro com’è?
Sono stato uno di quei ragazzini che scuotono il tendone della Champions quando parte la musichetta. La prima volta da giocatore ci ho vinto con il Monza ed è stata un’emozione indescrivibile, figuriamoci come sarà domenica, con la rivalità che crea un’atmosfera bellissima.
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