Fino all'ultimo respiro, 1-1 al fotofinish: pareggio di rigore del Monza contro il Lecce
Al Via del Mare i biancorossi riagguantano il risultato nel finale. Gara equilibrata, succede tutto nel recupero: Krstović la sblocca, Pessina risponde. L'analisi tattica del match.
“Rigore c'è quando arbitro dà. Rigore è quando arbitro fischia”.
Sembra un caso, ma non lo è affatto. Perché nel giorno dei 10 anni dalla scomparsa di Vujadin Boškov, è proprio un celebre adagio dell'allenatore serbo a battezzare la partita del Via de Mare.
1-1 e un punto a testa. Un match ermetico quella tra i salentini e i brianzoli, tutto misurato sull'aggressività, il ritmo e l’intensità. Nel “Pomeriggio caldo” al Via del Mare, tanto per citare il titolo di un Massaccesi (alias Joe D'Amato) del 1988, e finale adrenalinico con tanto di “Climax” a rievocare l'incalzante il thriller di Gaspar Noè. Un cinema di genere applicato al calcio in cui Lecce e Monza si inseriscono, si studiano e battagliano, crepano le rispettive trame per togliere ragionamento, spezzano la continuità di gioco e, infine, si annullano.
Pressing e riaggressione
Reduce da una sola sconfitta (contro il Milan) nelle ultime 5 gare, il Lecce volge la sua rotta verso un risultato pieno per ipotecare la salvezza. Gotti si affida a un metamorfico 4-4-2, un assetto voluminoso che ripesca il corpus filosofico dell'antesignano Viktor Maslov per rivisitarlo nel modo in cui palla, uomo e spazi non abbiano gerarchie, ma siano tutte legate da un vincolo paritario. Sulla scia del diktat del Professore, “Io non faccio poesia, io verticalizzo”, l'allenatore giallorosso comanda al suo team una gara decisa: poco smalto e tanta sostanza, con un pressing organizzato e una riaggressione furente e kloppiana per annebbiare il pensiero degli avversari.
Palladino, che Gotti lo conosce bene dai tempi di Parma, conferma il 4-2-3-1 riproponendo un centrocampo tonico, con Bondo e Akpa Akpro ad aggiungere fosforo e fisicità, e Pessina centromediano-trequartista a fungere da solvente sistemico.
Colombo, ex di turno, torna titolare insieme a Valentin Carboni, chiamato a prendere il posto di Colpani dal 1'. Modulo flessibile e principi chiari: equilibrio nelle due fasi, marcature a uomo e transizioni di qualità, con reazioni rapide al cambio di possesso e attacco immediato alla porta avversaria.
Sospinti dai tifosi sugli spalti, i padroni di casa provano a prendere in mano le redini del match. La costruzione dal basso diventa a 3, con Gendrey a sostegno dei due centrali difensivi, Baschirotto e Pongračić, e Gallo sbloccato sulla sinistra a dare estensione alla manovra in tandem con Dorgu.
Il Monza è quadrato, i reparti lavorano d'insieme e i giocatori applicano i propri compiti con criterio, mantenendo vivo il gioco di relazioni e il precetto del terzo uomo. Il movimento tra le linee di Pessina consente ai biancorossi di liberare spazio centralmente, con Bondo e Akpa Akpro che si allargano portando con sé i rispettivi uomini, Blin e Rafia.
I biancorossi impostano a tre nella doppia soluzione con Di Gregorio vertice basso tra i due centrali difensivi o con uno tra Kyriakopoulos e Bondo abbassati a sinistra, svincolando Birindelli a destra e spingendo alla risalita.
Il Lecce confeziona un paio di occasioni nella prima mezz'ora, il Monza risponde con un tiro di Bondo deviato in angolo e una conclusione dalla distanza di Kyriakopoulos.
Pressing collettivo e di contrapposizione
Al 43' i biancorossi generano una grande opportunità in transizione. Il Monza parte da un pressing uomo contro uomo e manda in pressione i singoli per rompere i reparti. L'obiettivo è forzare i palloni verso l'esterno per riacquisire la sfera e bucare centralmente. Un aspetto studiato da Palladino e preparato in allenamento, incastrando il modulo avversario con il proprio per entrare in un pressing di contrapposizione con trappole definite.
Sulla costruzione del Lecce e il completamento del triangolo Gendrey-Piccoli-Blin, il pallone scorre nuovamente fra i piedi del laterale giallorosso, con Zerbin pronto a ingaggiare il duello e Bondo con Marì a tallonare Blin e Piccoli. A completare la gabbia a rombo è Kyriakopoulos, che aggredisce Oudin e gli sporca la giocata consentendo al 20 biancorosso di recuperare la sfera e infilarsi nel mezzo servendo un lungo linea a Pessina.
Il capitano del Monza ha metri a disposizione, legge il movimento di Colombo alle spalle di Pongracic e lo innesca. Controllo orientato del 9 brianzolo che, però, non calcia col piede debole ma rientra sul mancino è perde il tempo, agevolando l'intervento del difensore avversario.
Ripresa combattuta, squadre attente
Nella ripresa il Lecce alza il baricentro e il pressing, con l'uscita di un mediano ad attaccare il portatore brianzolo. Da rimessa dal fondo Di Gregorio riallaccia il gioco, Marì trasmette a Kyriakopoulos che a sua volta serve Pessina, sceso a ricevere la sfera a ridosso della sua area, con Rafia francobollato. Il tunisino toglie tempo e spazio al capitano biancorosso, ruba palla e suggerisce per Krstović che, a pochi passi dal portiere, non inquadra lo specchio e calcia a lato. Da notare 4 giocatori del Lecce a uomo in zona palla e 5 totali a ridosso dell’area brianzola.
A sparigliare le carte, per primo, è Raffaele Palladino. Dentro Djuric per Colombo, pindarico e poco efficace, e Colpani per V. Carboni, non particolarmente brillante e defilato nella manovra. Gotti risponde con Sansone e Gonzalez per Piccoli e Rafia. La sfida si accende negli ultimi 20 minuti, con l'ingresso di Daniel Maldini per Zerbin. Il Monza aumenta i giri del motore, il ritmo cresce e anche il gioco si velocizza. Cambi di fronte e rovesci frequenti fruttano occasioni da una parte e dall'altra, con le due squadre che cercano un sussulto per vincere.
Finale rovente, Colpani sciupa un'enorme occasione
Gotti posiziona Sansone esterno a sinistra (con l'indicazione di incunearsi tra le linee), Almqvist largo a destra e Pierotti accanto a Krstovic.
All'87 Gallo svernicia Colpani, ma il 28 biancorosso non cede e manda il laterale giallorosso al tiro col piede debole, facile preda per Di Gregorio.
Un minuto più tardi è il Monza ad avere un'occasione clamorosa. Di Gregorio lancia lungo per Djuric, che vince il duello e fa sponda per Pessina. L'intesa tra i due è perfetta: triangolo nello stretto e apertura del bosniaco sulla sinistra per Maldini, sugli scudi, che punta la porta e rifinisce per Bondo. Il francese non riesce a far esplodere il destro, la difesa leccese respinge e il pallone si alza. Tutto apparecchiato per Colpani che, libero a destra vicino a Falcone, cerca la finezza come a Bologna ma conclude esternamente. Un attacco sciupato dal Flaco, poco concreto sotto porta, che evidenzia una presenza massiccia in area di giocatori del Monza, 6 contro 8, con Pessina e Birindelli a ridosso dell'area a pareggiare la contesa.
Krstović la sblocca, Pessina pareggia
Al 92' il match si stappa. Sul rinvio di Falcone, Pierotti e D'Ambrosio, subentrati a Izzo e Oudin, ingaggiano un duello. A spizzarla è l'attaccante ex Colon materializzando una seconda palla a ridosso dell'area di rigore. Pablo Marì segue Sansone, Kyriakopoulos sorveglia Almqvist e ad approfittarne è Kstovic che, libero sulla lunetta, scaraventa un destro terrificante in diagonale sotto l'incrocio.
Disattenzione nel posizionamento difensivo dei brianzoli e rete del vantaggio per il Lecce.
Nel momento di estasi giallorossa, alla gioia irrefrenabile corrisponde una beffa assoluta. Marì sventaglia in area e nel parapiglia Venuti, con un gesto scomposto e palese, tocca la palla col braccio e provoca il rigore, fischiato all'istante da Santoro.
Dagli 11 metri si presenta Pessina: sangue freddo e cuore caldo, portiere da una parte e palla dall’altra.
Falcone battuto ed esecuzione glaciale del capitano del Monza che firma il definitivo pareggio. Bissando il risultato dello scorso campionato, al Via del Mare Lecce-Monza termina ancora 1-1.
Tutto nel recupero
Fino all’ultimo respiro, come nel film di Godard.
Sguardo magnetico, come in un western di Sergio Leone.
“Capitano mio capitano”, come l’eco de L’attimo fuggente.
Grazie al sesto gol stagionale, Matteo Pessina regala al Monza un pareggio al fotofinish, in pieno recupero, rispondendo al vantaggio di Krstović.
Un pareggio giusto e di rigore, con i fantasmi del passato ad aleggiare sul dischetto (lo ricorda Paolo Corbetta nel suo editoriale) e il boato salentino ad appesantire il pallone. Ma il capitano biancorosso non sbaglia e, chirurgicamente, deposita la sfera in rete.
Stone face e occhi da tigre sulle note dei Survivor: nell’esultanza di Pessina e dei suoi compagni c’è lo spirito inesauribile del Monza, senso di appartenenza, ideali e identità.
Tutti uniti, fino alla fine, contro gli eventi, le avversità e certi disappunti d'appendice dei tifosi. Una gara ruvida e tattica in cui il Lecce approccia con determinazione, costruisce diverse occasioni e prova a vincere per ipotecare la salvezza, ma il Monza non demorde, contiene gli avversari, impianta qualche guizzo pungente e resta in piedi. Merito di un gruppo solido, con giocatori, allenatore e staff legati un vincolo di condivisione e integrità.
Merito di Raffaele Palladino, che ha stabilizzato la squadra rendendola verticale, con una dorsale composta, difficile da affrontare o spezzare, sempre focalizzata sul campo e salda mentalmente. Lo testimonia la replica rabbiosa dopo lo svantaggio, lo certifica l'urlo collettivo a celebrare l'1-1, lo dimostra l'atteggiamento caparbio di una squadra che, al netto del tipo di prestazione e dell‘opposizione avversaria, non molla mai.
Calcio pragmatico, calcio di transizioni
Nella trasferta in Salento il Monza gioca la sua gara e la interpreta esattamente come l'aveva preparata, lavora di giustezza e gestisce il gioco, produce una manciata di occasioni ma fatica a incidere negli ultimi 16 metri. A differenza di altre circostanze, la pericolosità non diventa un fattore e gli assalti offensivi non vengono capitalizzati a dovere, sia per le proprie imprecisioni in fase di finalizzazione sia per la resistenza difensiva dei giallorossi.
Ogni partita ha una storia a sé, sono le condizioni a determinarle: talvolta le convergenze tattiche tra due formazioni tendono a frammentare il calcio, così come le dinamiche imprevedibili di gioco che, in alcuni momenti, insabbiano la spettacolarità. Giocare bene non significa avere una vocazione spiccatamente offensiva, esattamente come giocare male non equivale a replicare muraglie difensive all'infinito. La differenza è dettata dal bilanciamento, dalla maniera di occupare il campo e decifrare il gioco, curando i dettagli e cucendo possesso e non possesso con le transizioni, la vera chiave di volta del calcio moderno. Transizioni difensive e offensive che alimentano la proposta del Monza di Palladino, offrendo soluzioni importanti e all'occorrenza cruciali, in forma nobile e col pragmatismo filosofico di Peirce.
E adesso? Testa e coraggio per chiudere al massimo il campionato e migliorare l'undicesimo piazzamento dello scorso anno, con la quota 52 distante 8 punti.
4 partite e un sogno da cullare, tenendo alte le ambizioni e moltiplicando la determinazione, come ribadito da Pessina al termine di Lecce-Monza. Per tentare di raggiungere qualcosa di straordinario in onore del Presidente Silvio Berlusconi, al primo anno dalla sua scomparsa.
Nel mirino c'è la Lazio, prossima forza da affrontare all'U-Power Stadium sabato 4 maggio alle ore 18. Con passione e risolutezza. Contro il seme della discordia e la critica inappagabile, senza dimenticare la lectio di Jean-Paul Sartre secondo cui “nel calcio tutto è complicato dalla presenza della squadra avversaria”.
L'obiettivo è guardare avanti con fiducia, abbracciando quell'entusiasmo che, come sosteneva Henry Ford, "è alla base di tutti i progressi.”
A cura di Andrea Rurali