Profondo (bianco)rosso, Monza in bambola: con il Lecce un crollo verticale preoccupante (2-1)
I brianzoli cadono al Via del Mare contro il Lecce. Sconfitta di misura (l'ennesima), ma netta in uno scontro diretto che complica terribilmente la classifica e l'obiettivo salvezza. L'analisi del match.
1975. All'età di 35 anni Dario Argento si avventura in un progetto artistico che segnerà per sempre la sua carriera: Profondo Rosso, film-manifesto del Maestro del Brivido italiano, un viaggio di non ritorno nell'incubo, i traumi infantili, il perturbante, l'orrore.
Tra le scene più celebri del capolavoro argentiano, c'è quella del pupazzo meccanico dalla risata demoniaca che viene frantumato da Glauco Mauri, alias il professor Giordani, con una coltellata ben assestata.
2024. 15 dicembre. Alla 16^ gara della stagione, il Monza di Alessandro Nesta scende in campo al Via del Mare e cade sotto i colpi dal Lecce di Marco Giampaolo. Che ha le stesse iniziali, ribaltate, di Glauco Mauri e la stessa ferocia nel trafiggere un avversario “in bambola” sin dai primi minuti. A freddo, con una doppia pugnalata frontale (Morente e Krstovic) e una ferita masochista (l'autorete di Dorgu) a parificare momentaneamente il duello.
Nel lunch match delle 12.30 il Lecce fa, disfa e rifà: 3 reti segnate dai salenti, due nella porta monzese e uno nella propria, e una vittoria registrata sull'atteggiamento, la grinta, l'audacia, lo spirito incendiario, la voglia di determinare.
Tutti valori che i biancorossi dimenticano in Brianza, lasciandosi travolgere dalla partita, dall'avversario e dagli episodi. Episodi che, come sosteneva Diego Armando Maradona, "possono cambiare le sorti di una partita".
Anche quando le circostanze sembrano girare a favore, con il rigore di Krstovic parato da Turati al 12' e il clamoroso regalo di Dorgu a tenere la gara aperta e di nuovo in bilico.
Il vantaggio del 9 giallorosso è una doccia gelata per il Monza, sentenza ferale di un punteggio che rimarrà intatto fino al triplice fischio di Mariani.
Furia salentina, black out brianzolo
“Sul campo non conta la forza, ma l'intelligenza”.
Michel Platini, sommo artista del calcio, le Roi e Ballon d'or francese, lo sapeva bene. L'intelligenza prevale sulla forza, la testa sulle gambe, il pensiero sulla corsa, l'azione (organizzata o originata da un lampo individuale) sull'improvvisazione.
Il Lecce interpreta, con giudizio e cognizione, il Monza esegue, in modo astratto e poco convinto.
Nello scontro salvezza al Via del Mare, Nesta e Giampaolo mettono da parte l'amicizia e si sfidano a viso aperto: in palio 3 punti e una svolta definitiva al campionato delle rispettive squadre.
Il tecnico giallorosso opta per un 1-4-3-3 piazzato, con Jean accanto a Baschirotto in difesa, Guilbert a sinistra, Berisha in cabina di regia e il tridente mobile formato da Morente, Krstovic e Pierotti.
La replica dell'allenatore biancorosso è il consueto 1-3-4-2-1, con Mota punta centrale al posto dell'infortunato Djuric.
In avvio il Lecce fa valere il fattore campo e il supporto del pubblico di casa. La chiave tattica è Medon Berisha, centrocampista versatile e uomo d'ordine nello scacchiere salentino, impiegato da Giampaolo come play basso a dettare ritmo, tempo e spazio. È proprio il Nazionale albanese a rendersi protagonista al 3' nell'azione che genera il vantaggio giallorosso.
Lancio millimetrico sui piedi di Morente a sorprendere i reparti brianzoli, con la coppia Izzo-Mari più avanzata rispetto a Caldirola-Kyriakopoulos. A tenere in gioco il Tete è il 4 biancorosso, preso alle spalle e in ritardo sulla chiusura. Il controllo a seguire dell'attaccante spagnolo è indirizzato verso la porta e il tiro in area, con deviazione leggera di Caldirola, non dà scampo a Turati.
Grave amnesia difensiva del Monza, scomposta e sbilanciata, in totale black out e maldestra nella lettura. Un abbaglio che costa carissimo e manda il Lecce sull'1-0.
Ennesima situazione di svantaggio per i brianzoli, che incassano un gol dopo pochi minuti esattamente come contro l'Udinese.
La reazione della formazione di Nesta non arriva e il Lecce ne approfitta al 12', con la trattenuta di Bianco su Dorgu sanzionata da Mariani col rigore. Dal dischetto Krstovic mira l'angolo destro ma Turati battezza l'intenzione e respinge brillantemente in tuffo.
Una parata che tiene in piedi il Monza, incapace però di organizzare il gioco e trasferire le idee nella metà campo avversaria.
Pressione individuale, pressing collettivo e riaggressione: Giampaolo detta la linea, i giocatori rispondono sul rettangolo verde. Una strategia che, intrecciata alla veemenza e all'intensità della squadra, taglia le fonti di gioco e la costruzione degli ospiti.
Al 37' la partita torna in parità, con il Monza a beneficiare dell'incomprensione fra Dorgu e Falcone. Il retropassaggio del laterale danese scavalca il portiere e finisce in rete.
Ma "nel calcio tutto può cambiare in un attimo", esattamente come ipotizzava Gaetano Scirea. E in quell'attimo, 7 minuti più tardi, il Lecce firma il sorpasso, sfruttando la disattenzione difensiva del Monza, con Pierotti che prima anticipa di testa Kyriakopoulos e poi fulmina sul tempo A. Carboni, subentrato a Caldirola per infortunio, consegnando la disponibilità del pallone a Kristovic. L'attaccante montenegrino scarica tutta la rabbia nel suo destro e buca Turati. 2-1 e Lecce ancora in vantaggio, con un'azione che elabora uno dei principi di Giampaolo, ossia la costruzione del gioco lunga - con lancio in profondità sulla destra - e la relativa aggressione della seconda palla.
Ripresa a episodi, risultato inalterato
Nella ripresa il Monza riprogramma la manovra, ma lo sviluppo non sfocia nella finalizzazione, con il gioco che si arena sulle corsie esterne e ritransita da dietro per trovare sbocchi.
I salentini serrano i ranghi e arretrano il baricentro, proponendo un tema tattico basato sulla compattezza difensiva a protezione della porta e sulle transizioni rapide, con il principio della verticalità a completare le ripartenze.
La squadra di Nesta alza le linee e comanda il possesso, ma le idee sono flebili, le iniziative puntualmente respinte, le occasioni rarefatte, con Falcone chiamato in causa di rado.
Gioco in ampiezza, spinta insistente sulla corsia sinistra, proiezione in area di tre uomini con un un trequartista a rimorchio: i biancorossi ci provano con generosità, aggrappandosi alle forze nervose, e al 61' trovano l'episodio per rientrare nel match. Kyriakopoulos crossa nel mezzo ma la sua traiettorie è deviata da Guilbert con la mano. Per Mariani è calcio di rigore, ma il Var rileva il punto di contatto fuori dall'area e viene concessa la punizione.
Stesso meccanismo si riproduce al 73', con il penalty tolto al Lecce per fuorigioco iniziale di Rebic prima del contatto con Forson, ingenuo e superficiale nell'intervento.
Con le sostituzioni dalla panchina, Nesta vaglia l'1-4-2-3-1, con Sensi in mediana accanto a Bondo, Bianco sotto punta dietro a Mota, e Maldini e Forson ali.
Il Monza, però, fatica a ordinare gli assalti e non si rende quasi mai pericoloso, con la sola occasione del secondo tempo capita al 14 biancorosso che, tallonato dai difensori leccesi, strozza il sinistro e conclude fuori a pochi passi da Falcone.
Dopo 6' di recupero, Mariani sancisce la fine: Lecce-Monza termina 2-1.
Invertire la rotta, prima che sia troppo tardi
Ottava sconfitta stagionale, 10 punti in graduatoria e fanalino di coda in Serie A insieme al Venezia.
Numeri “stirati” per il Monza, conseguenza diretta delle difficoltà di una squadra con poche attitudini a affrontare di petto gli eventi e a subirli, sempre a rincorrere le gare da situazioni di svantaggio e - ad esclusione della trasferta di Verona - mai predisposta a sferrare la stoccata decisiva.
Allo stato dell'arte, nel mese di dicembre - in cui il Monza nelle scorse stagioni vantava una media di 1 punto e mezzo a partita - di bianco resta solo il Natale. Di rosso, invece, una classifica preoccupante, con la 20^ posizione e un campanello d'allarme che suona ormai da diverse settimane.
I biancorossi tornano a casa dal Salento con le ossa rotte, immobilizzati come pietre (leccesi) e svuotati, con un gioco slegato e un equilibrio precario, sviluppo prevedibile e un'incidenza offensiva ridotta al minimo, sterilità in attacco e zero tiri nello specchio della porta.
Il ko del Via del Mare è figlio della sconfitta contro l'Udinese, maturata con una prestazione diametralmente opposta ma con il medesimo score. Dal massimo forcing coi friulani alla minima iniziativa coi giallorossi, il risultato rimane invariato.
E non c'è sfortuna che tenga, perché - riprendendo il Cruijff pensiero - la sfortuna nel calcio non esiste. Esistono gli errori e i meriti, con le qualità a fare la differenza, in negativo o in positivo. Quando il pallone non entra in rete non può essere sempre colpa del destino avverso, piuttosto di mancanze proprie, non solo tecniche ma mentali, di cattiveria agonistica, lucidità, scaltrezza, malizia, fuoco.
Perché, come sottolinea splendidamente Woody Allen: “avere talento è una fortuna. Ciò che conta di più nella vita è il coraggio”.
Coraggio che il Monza sembra aver smarrito completamente, perso nel vuoto, edulcorato dal gioco, sotterrato dal nero segno della paura e dilaniato nell'animo.
Approccio e atteggiamento sono vitali nel calcio, perché - sempre secondo il Profeta del gol - “il calcio si gioca con la testa” e i risultati passano da lì, dalla voglia furiosa di raggiungerli, dalla fame di conquistare il successo.
Il piatto piange e il percorso si fa sempre più duro e in salita, con la stagione del Monza racchiusa nell'episodio del rigore revocato dal Var (che fa il paio con la traversa di Mota contro l’Udinese) per tocco di braccio di Guilbert a pochi centimetri dalle righe dell'area.
Chi ama soffre ma… mai mollare
Sigmund Freud diceva che “chi ama soffre” e aveva ragione.
La sconfitta del Monza a Lecce è una pugnalata al cuore, dolorosa e frontale, che fa male anche a distanza di ore e innesca delusione, amarezza, sconforto. A 360°, in tutto l'ambiente, dall'interno e all'esterno.
Il legame verso colori biancorossi è qualcosa che non si può spiegare, si sente e si vive con passione. Perché chi tifa lo fa senza condizioni, nessuna riserva, ma tanto sentimento e orgoglio.
I risultati di giornata mandano i brianzoli a -5 dalla quota salvezza e annientano le speranze, deboli e intermittenti, che però sono le ultime a morire. Ora contano i fatti e la voglia di reagire alle difficoltà, invertendo la rotta, cambiando drasticamente, spezzando le catene di una stagione che vanta 1 sola vittoria in 16 partite.
“Posso accettare la sconfitta, ma non posso accettare di rinunciare a provarci”: l’adagio di Michael Jordan è un inno a combattere e a resistere fino alla fine, a denti stretti, con tutta l’energia possibile. Che è ciò che dovrebbe fare il Monza, nel momento più complicato in Serie A. Al netto degli aspetti tecnico-tattici da correggere, dalla scelta del modulo agli interpreti, è fondamentale restare uniti e lottare.
Con concretezza e determinazione.
Mollare mai, crederci sempre.
A cura di Andrea Rurali