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Monza-Cagliari 1-2
Il fallo di reazione di D'Ambrosio su Mina

Dividi una gara in 3 parti: corri la prima con la testa, la seconda con la tua personalità, la terza col cuore”.
L'apologo di Mike Fanelli, maratoneta e leggenda dell'atletica leggera, restituisce il senso di quanto nello sport, in ogni sport, sia importante preservare tre fattori: la testa, la personalità, il cuore. 

Fattori che, non solo, accrescono le consapevolezze e l'autostima ma misurano il grado di salute di ogni soggetto coinvolto. 
Salute che il Monza ha smarrito da tempo, con sintomi frequenti e ferite croniche che faticano ad arginarsi.

Nella vigilia della Befana, in cui la vittoria era attesa come un'epifania, il Monza mastica carboni amari e sbatte sul muro del Cagliari, ultima squadra caduta all'U-Power Stadium il 16 marzo 2024.

1-2 per i sardi e quinta sconfitta consecutiva: una mazzata terribile per i biancorossi, l'ennesima maturata in uno scontro diretto dopo le debacle con Genoa, Lecce e Parma. 

Una partita messa a terra dalla formazione di Nicola con intenzione e determinazione, con il gioco a rispettare la sostanza, la cattiveria a scuotere gli uomini, la testa a rifornire gambe, energie, convinzioni. Perché, come diceva l'ineluttabile Johan Crujff: “Il calcio si gioca con la testa. Se non hai la testa, le gambe da sole non bastano”.

Il Cagliari vince con merito e dimostra quanto la voglia di raggiungere il successo possa prevalere su ogni discorso tecnico-tattico. Viola illumina i sardi con il suo colore e un mancino old school, Piccoli fa venire i brividi ai brianzoli e firma il grande colpo.
Per il Monza è una domenica horror, ghiacciata dalle basse temperature e dal risultato negativo, con una prestazione discendente e anemica, poco sangue e tanta paura, confusione generale e un'ingenuità di D'Ambrosio a lasciare i compagni in inferiorità numerica nel secondo tempo.

Monza Cagliari 1-2
Il minuto di silenzio per ricordare la scomparsa di Aldo Agroppi

Brianzoli timidi, sardi aggressivi

“Chi non è aggressivo non esiste”. Un concetto fondamentale secondo Simon Colinet, preparatore atletico della Juventus di Thiago Motta. Un concetto che ha scandito la partita dell'U-Power Stadium tra Monza e Cagliari. A senso unico, con la formazione di Nicola a imporre il proprio tenore, fisico e atletico, sui brianzoli. 

1-4-4-1-1 per il Cagliari, con due linee solide a sostegno di Viola mezza punta e Piccoli centravanti. Il Monza ricorre all'1-3-4-2-1 con Turati tra i pali, un terzetto difensivo d'esperienza (Izzo, D'Ambrosio, Caldirola), mediana inedita composta da Bondo e Sensi, Birindelli e Pereira sulle fasce, Ciurria e Caprari dietro Mota.

Dopo il minuto di silenzio per ricordare la scomparsa di Aldo Agroppi, ex calciatore del Torino ed ex allenatore, l'arbitro Di Bello decreta l'inizio del match.

Il copione tattico è facilmente decifrabile sin dai primi minuti, col piano gara di Nicola ad avere la meglio su quello di Bocchetti
Audacia, aggressività e carattere: il Cagliari parte in quinta e costruisce subito un'occasione per sbloccare il match, con la conclusione di Felici, da situazione di corner, a stamparsi sulla traversa. Al 6' è il Monza a passare avanti grazie al calcio di rigore trasformato da Caprari per fallo di mano di Makoumbou sul tiro di Ciurria. 1-0 e vantaggio biancorosso.

I sardi non si scompongono e continuano a programmare il loro gioco, con la coppia Adopo-Makoumbou a sovrastare in muscoli e centimetri i mediani opposti Sensi e Bondo. Il Monza si abbassa sotto palla, gli ospiti guadagnano terreno e trovano il pareggio al 22'. Birindelli sventa l'iniziativa cagliaritana, Adopo recupera a avvia l'immediata transizione sulla trequarti brianzola, con un gioco a tre che coinvolge prima Makoumbou e poi Felici. L'ala rossoblù sfrutta l'aggiramento del compagno francese su Sensi e serve Zorteza al limite dell'area, con Caldirola e Pedro fermi sull'uscita a uomo. Dal Nadir allo Zenit in meno di un secondo: il laterale di Feltre stoppa di destro, si sistema la palla e scarica un sinistro fulmineo che si insacca alle spalle di Turati. 1-1 e gara di nuovo in equilibrio. 

Il Cagliari domina, il Monza subisce: il primo tempo si consuma al 47', dopo 120 secondi di recupero, e una timida occasione dei biancorossi con Bondo che, dal limite dell'area, conclude alto sopra la traversa.

Monza Cagliari 1-2
Creare lo spazio e concludere in porta: l'assist di Felici per il tiro gol di Zortea - Foto: DAZN

Cagliari azione-reazione, Monza disarmato

Nella ripresa i sardi spingono alla ricerca del secondo gol. Al 55' Bocchetti toglie Mota e Sensi per Djuric e Bianco. Dopo pochi istanti, il Cagliari completa il sorpasso. È proprio il 42 biancorosso a perdere palla e avviare il contropiede avversario, con Adopo che chiude l'azione e Obert rapido nella transizione a campo aperto. Monza spaccato nel mezzo e sbilanciato, con Caldirola che sbaglia i tempi dell'uscita, Izzo in attesa qualche metro più indietro e Pereira in ritardo nel ripiego difensivo. 
Assist del mancino slovacco per Piccoli e botta tremenda sotto la traversa del centravanti, libero e con molti metri a disposizione per siglare la rete dell'1-2.

Il Monza accusa lo svantaggio, fallisce un'opportunità clamorosa con Pedro per andare sul 2-2 (azione di sfondamento, solo davanti a Scuffet) e non riesce più ad uscire dal guscio, con l'espulsione di D'Ambrosio per condotta antisportiva ai danni di Mina a compromettere la situazione. Esattamente come a Parma, i biancorossi si ritrovano in 10 uomini e sotto di un gol, con idee sparse e poca lucidità per produrre il pareggio.

Nel finale Bocchetti getta nella mischia Maldini, Akpa-Akpro e Martins ma le sostituzioni non danno la scossa.

Al 94' Lapadula ha sul mancino il pallone dell'1-3 ma il suo tiro si infrange sul palo. Un minuto più tardi, Scuffet devia in angolo l'insidioso tiro cross di Birindelli. 

Dopo 6 minuti di recupero, Di Bello manda le squadre negli spogliatoi: Monza-Cagliari finisce 1-2.

Monza Cagliari 1-2
Gioco di transizioni: Bianco perde palla e innesca la ripartenza di Obert, con il Monza sbilanciato e scomposto, per l'1-2 di Piccoli - Foto: DAZN

La messa è finita?

Ite missa est. Tradotto e interpretato dal latino: "Andate, è il momento del congedo". A uscire di scena dopo l'ennesimo ko all'U-Power Stadium sono i residui frammenti di fiducia per un'annata in caduta libera.
La messa briantea appare terminata e a decretarne l'epilogo è il Cagliari di Davide Nicola, corsaro nella terra della Regina Teodolina e specialista di salvezze. 
Lo spettro della Serie B, solito a vagabondare in questa stagione nella contea brianzola, sembra ormai cucito sullo scheletro del Monza come l'ombra di Peter Pan che rifiuta di staccarsi o la scritta sulla porta dell'Inferno dantesco che recita "lasciate ogni speranza voi ch'entrate” (La Divina Commedia, Inferno - Canto III).

Undicesima sconfitta, 10 punti in classifica e palude dell'ultimo posto: al giro di boa del campionato, il Monza non perde soltanto l'occasione di accendere la sua stagione ma anche le speranze di iniziare un cammino verso quell'obiettivo che, ad oggi, resta un miraggio lontano. Come El Dorado, croce e delizia e sogno irraggiungibile di tanti esploratori, o come il pozzo d'acqua nel deserto. Il problema è proprio la sete che, a conti fatti, manca o forse è poca, da parte di una squadra ferita e spezzata dai risultati, tagliata dal coltello degli avversari con regolarità e permeata dalla preoccupazione per una graduatoria terribilmente ostica. Paura e timore non nascono certo il 5 gennaio 2025, ma sono il frutto di un percorso che, partita dopo partita, non ha portato ai frutti sperati, con la costante necessità di inseguire e l'incostanza nel tradurre il gioco in vittorie. Dalle gare d'esordio, il Monza è stato più volte a un passo dai tre punti, ma non è mai stato in grado di agguantarli, con quel mix di forza e determinazione (sottolineato in conferenza stampa da Nicolas Viola come virtù del Cagliari) che consente di cambiare la sorte degli eventi o quanto meno indirizzarli a proprio favore. 
La sfortuna, tanto scomodata nel periodo più buio del Monza in Serie A, è un concetto che non deve occludere la visuale o influenzare i giudizi, perché a completare il quadro della situazione attuale sono gli errori. Errori su ogni piano, nelle due fasi, sotto porta, nella gestione dei momenti e nelle letture difensive, nella tenuta mentale e motivazionale, nelle ultime scelte, nella mancanza di saper reagire e rispondere agli avversari sul campo. Errori ciclici che si ripercuotono a valanga e, nella loro sovrapposizione, diventano una piramide quasi insormontabile, un macigno enorme a gravare sul momento, le partite, il percorso.

Inutile negarlo: la delusione è tanta, tantissima, faticosa da smaltire perché colpisce il cuore, offusca i pensieri, alimenta la l'inquietudine. Inevitabilmente.
Lunedì 13 gennaio il girone di ritorno prenderà il via e ad approdare in Brianza sarà la Fiorentina del grande ex Raffaele Palladino, artefice di due anni straordinari su quella panchina biancorossa che, negli ultimi 6 mesi, ha visto avvicendarsi ben due allenatori. 

E ora, che fare? In attesa di capire quali siano le prospettive del Monza e di un progetto che, allo stato dell'arte e a livello di programmazione, vive d'incertezza, l'unica strada che rimane da attraversare è quella del restyling, totale e completo. Come dichiarato da Bocchetti dopo il ko contro i sardi: “Chi non se la sente di restare alzi la mano. Servono 11 che combattono e che danno tutto per la maglia, non abbiamo tempo da perdere. Bisogna prima di tutto essere uomini e dare tutto”.
Con dignità e professionalità, consapevoli del fatto che, dopo aver toccato il fondo, bisogna provare a giocare con in modo diverso, non con il peso o la pressione della classifica, ma con lo spirito di chi non ha quasi più nulla da perdere.

Azzerare e resettare, rimettere ogni cosa in discussione e combattere con onore e rispetto, per la maglia e i tifosi, fino all'ultima gara del campionato, con orgoglio, fame e volontà.
La salvezza è una “Missione: Impossibile”. O quasi. 
A benedire il Monza ci vorrebbe Tom Cruise, action man capace di compiere imprese improbabili nei panni di Ethan Hunt nella saga lanciata nel 1996 da Brian De Palma.
Al momento, però, riassaporando il titolo di una commedia d'oro del cinema italiano, “Non ci resta che piangere” e sperare in un miracolo. Quel miracolo che Zavattini e De Sica ambientarono a Milano nel film del 1951 e che, oggi più che mai, imporrebbe un cambio di rotta, destinazione Monza, con il daimon di Silvio Berlusconi a comandare dall'alto. Perché, come insegnava il Presidente, il futuro si affronta con coraggio e, soprattutto, con la forza delle idee.

A cura di Andrea Rurali