Amarcord biancorossi - Le lezioni di Giuliano Vincenzi, maestro di difesa e umiltà
Alla vigilia della partita di Pisa avevo voluto essere pieno di positività ricordando un difensore (Fontanini) che ha fatto della abnegazione e della forza di volontà i pilastri della sua carriera in biancorosso. Historia magistra vitae est. La storia è maestra di vita. Purtroppo di questi tempi la storia non insegna niente a chi niente ritiene di dover imparare. All’Arena Garibaldi la difesa del Monza ha imbarcato acqua per minuti 95. Superficialità e presunzione, sgradite caratteristiche dei singoli, hanno determinato il corto circuito del reparto. Confidiamo nella classica giornata storta, approfittiamo del fatto che gli incroci con il Pordenone, prossimo ospite al Brianteo, sono ancora troppo recenti (quello del play-out salvezza di mister Pea in primis) per assurgere a storia ed insistiamo sulla difesa. Per lasciare che la storia insegni ancora.
Nella galleria dei grandi biancorossi c’è un terzino marcatore che è stato colonna portante dell’epopea del grande Monza nella seconda metà degli anni ’70. Quando l’Olanda impartiva i primi rudimentali insegnamenti di zona ma gli allenatori italiani lavoravano in settimana martellando i propri difensori sulle caratteristiche fisiche, tecniche e caratteriali delle punte alle cui caviglie avrebbero dovuto non dare scampo la domenica. E quando il “tu seguilo anche se va in bagno” sdoganato dal Paron Rocco era più ordine perentorio che consiglio tecnico. Alfredo Magni sapeva che su Giuliano Vincenzi poteva contare ad occhi chiusi perché applicazione, umiltà, carattere, agonismo, tenacia, spirito di sacrificio e grande senso di appartenenza ai colori bellissimi erano il bagaglio del ragazzone di Casale sul Sile approdato a Monza nell’estate del 1974 proveniente dalla Solbiatese. E subito ribattezzato Vincenzone per distinguerlo da Vincenzino, ovvero dall’cognonimo Francesco, punta di razza. Se questo nomignolo risulta facilmente spiegabile è più difficile interpretare l’altro che Giuliano si vide affibbiare: Roger. Forse, ipotesi a quasi mezzo secolo di distanza, per una certa somiglianza con Roger Moore che proprio in quegli anni sbancava i botteghini con il suo mitico Agente 007 ? Vincenzone alias Roger divenne padrone assoluto della maglia numero 2 per 7 anni e 193 presenze. Serio, affidabile, energico e mai cattivo, asfissiante e pulito: le migliori seconde punte della cadetteria dovettero fare i conti con il puntuale francobollatore di biancorosso vestito.
Il giovane tifoso che ero vedeva in Giuliano il ragazzo normale che era arrivato a giocare fino in Serie B facendo leva su tanto lavoro in allenamento, parecchia serenità interiore, molta voglia di misurarsi ai massimi livelli. Ed il numero 2 sulle spalle di Vincenzone era una consuetudine rassicurante perché su di lui e sul suo rendimento mediamente molto alto si poteva sempre mettere la classica mano sul fuoco.
Il suo giorno di gloria il 3 aprile 1977 quando al Sada non fece praticamente vedere la biglia ad un certo Paolo Rossi. Il suo giorno pieno di pathos il 20 aprile 1980, sempre al vecchio, caro pollaio. I biancorossi – reduci dall’amarissimo 3-3 con il Como – ospitano la Pistoiese e vanno subito avanti con gol di Corti. Poco prima della mezz’ora si fa male Blangero (al cui posto entra Milko Lainati, enfant prodige di San Donato insieme a Massaro). Il Monza controlla senza affanni ma ad un quarto d’ora dal termine un problema muscolare mette ko Giuliano Vincenzi. A quei tempi il cambio possibile è solo uno, Magni se lo è già giocato e chiede a Roger di rimanere in campo praticamente inutilizzabile sulla fascia destra dirottando Nevio Scala in marcatura su Luppi, sin lì annullato dal numero 2. Vincenzone – visibilmente zoppo – getta il cuore oltre la stampella con commovente dedizione ed il Sada gli tributa standing ovation quando recupera, difende e scaraventa il più lontano possibile un paio di palloni. Il destino cinico e baro è in maledetto agguato ed al minuto 90 proprio Luppi agguanta il pareggio che – a gioco lungo – costerà tanto al Monza. Poco dopo Marconcini verserà lacrime amarissime mentre un compagno (se non ricordo male Acanfora) si caricherà Giuliano sulle spalle per riportarlo negli spogliatoi.
Altri tempi, altri uomini, altro tutto. Ma la storia è fatta per insegnare. E se i protagonisti di adesso hanno voglia di imparare possono trovare ottimi maestri in quelli di allora. Maestri di calcio e di vita. Come Giuliano Vincenzi.
Fiorenzo Dosso