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Stefano Marchetti, direttore generale del Cittadella, ha parlato durante la Palermo Football Conference del futuro della squadra veneta. Queste le sue dichiarazioni, riportate da Tuttomercatoweb.com:Non so neanche cosa siano gli algoritmi e non voglio neanche saperlo. Credo che i giocatori vadano visti dal vivo e in un certo modo. A Cittadella è un mondo un po’ particolare, fuori dal calcio, dove c’è una proprietà da sempre, faccio il direttore da più di 20 anni, ho avuto solo quattro allenatori e non ne ho mai esonerato uno e i miei collaboratori sono sempre gli stessi e hanno fatto del senso d’appartenenza un modo per fare carriera. Da un’altra parte, sentendo e vedendo, penso che sia quasi impossibile fare quello che faccio altrove, probabilmente non avrei l’autonomia e la forza per difendere le scelte che faccio. Altrove si vedono allenatori esonerati, direttori che vanno e vengono, giocatori senza punti di riferimento e questo spiega anche perché società importanti e che spendono tanto non raggiungono risultati. A Cittadella sono abituati talmente bene che ormai sembra normale entrare nei play off o lottare per la Serie A, ma secondo me è sempre un miracolo sportivo, soprattutto perché si riparte da zero perché c’è un ricambio frequente visto che non posso tenere a Cittadella giocatori che hanno fatto bene e hanno richieste dalla Serie A. Il segreto non lo so, forse essere nato e cresciuto a lavorare senza soldi, ma sulle idee e le motivazioni. Io i soldi non so neanche cosa siano, cerco i giocatori nelle serie inferiori portandolo in una realtà dove può esprimersi al meglio per via dei fattori di cui parlavo prima. Mettiamo i ragazzi nelle condizioni di dare il 100%. A Cittadella si vince col gruppo, non solo col talento, e parlo anche dei magazzinieri o dei massaggiatori. Parma? In questi anni ho avuto fortunatamente più di qualche possibilità, ma poi quando metto sul tavolo i pro e i contro finora ho sempre scelto di rimanere qui proprio perché ho autonomia totale e non vengono mai messe in discussioni le mie scelte e il mio modo di lavorare, sempre per il bene della società ovviamente. L’ambizione io ce l’ho dentro, portare il Cittadella in A sarebbe chiudere un cerchio, mettere un mattone sulla mia storia. Per la proprietà sono un punto di riferimento, l’ambizione c’è ma servono anche i progetti e qualcosa di importante per lasciare un posto come quello in cui mi trovo adesso”.