Il ds Filippo Antonelli a cuore aperto: 'Amo questo lavoro, per andare in Serie A il Monza deve..'
Il ds del Monza Filippo Antonelli si è confidato in una lunga intervista al Giornale di Monza in questi giorni bollenti di trattative, giorni che porteranno lui alla sesta annata in Brianza e i biancorossi a un torneo di Serie B che mancava da 19 stagioni.
Questo l'alfabeto che racchiude il suo mondo, tra la Pescara centro del suo vissuto e la Torino granata che lo ha proiettato verso il mestiere di calciatore, tra le Marche effetto sorpresa e la Verona in cui ha debuttato in Serie A, tra la Bari grondante di calore e la seconda Monza, per crescere nel nuovo percorso dirigenziale.
Abruzzo - «Terra al centro dei miei sentimenti: i miei affetti vivono lì. Col Delfino un anno importante, perché mi sono rigenerato ritrovando poi la Serie A col Bari. Trieste e la Brianza sono speciali: la prima meravigliosa, la seconda laboriosa. Sono un uomo di mare che ama la pesca: meno male ci sarà Monza-Pescara, sfida di tradizione; mi sarei sentito in colpa fosse retrocesso senza Machin»
Bentornato - «La Serie B che ritrova il Monza è il solito torneo, difficile e lungo: si decide nelle ultime gare e richiede equilibrio, energia e grande entusiasmo. Quest'anno mi hanno impressionato la cavalcata del Pordenone, la continuità del Cittadella e il gioco dello Spezia: che bravo Italiano»
Convitto – «Palestra di vita che mi ha indurito, lunga 4 anni: lasciai casa al momento giusto. In quel gruppo c'erano Alessi, Marcolini, Possanzini, Sommese e Tiribocchi»
D'Errico – «In lui ho visto il talento che rispondeva con nervosismo alla pressione di dover dimostrare. Era all'ultima spiaggia dopo la Pro Patria: ha imparato la continuità in allenamento, a quel punto la tecnica non può che emergere»
Esordio – «Chievo-Empoli 2-2, rilevai Pellissier: a 27 anni è stato un punto di arrivo dopo aver lasciato l'Ascoli vicina al ripescaggio per i gialloblu, dove avevo la concorrenza di Franceschini, Luciano e Semioli»
Fiuto – «L'osservatore deve catalogare e conoscere, perché se monitori molti ragazzi riduci i margini di errore, ma nel faccia a faccia conta l'intuito: da un acquisto non puoi tornare indietro»
Galliani – «Frequento un Master ai massimi livelli: dal primo incontro mi trasmette passione infinita. La Serie A più che un sogno è un obiettivo: se l'obiettivo è chiaro, lo raggiungi in meno tempo»
Hotel – «È la sede ufficiale delle trattative, ma vale un ristorante. Nel mercato globale occorre essere pronti: ho sfruttato così la pausa Covid per visionare calciatori e relazionarmi con società»
Indole – «Equilibrata e calma, anche se in campo il fattore emotivo incideva e, quando mancavo le giocate in cui potevo fare la differenza per la forza esplosiva, non cercavo quelle semplici. Nel calcio bisogna sempre stare nel presente»
Kilometri – «Ne ho macinati tanti: il lavoro mi appaga, non mi manca il calcio giocato. Mi immaginavo dirigente: quando mi sono infortunato al crociato posteriore alla Reggiana volevo rientrare in campo e poi smettere»
Le Naiadi – «Il complesso sportivo dove ho iniziato: mamma portava mia sorella in piscina e l'allenatore Elio Marinaro mi mise sotto la sua ala. Feci un provino in un torneo a San Bonifacio: invece del Milan, fu Torino. La scuola calcio Gabetto, le Giovanili e la gioia di vestire la maglia granata a 30 anni: il Brescia ci battè in finale»
Monza – «Arrivai ai tempi di Giambelli: un gruppo sano, c'erano Abbiati, Bega e D'Aversa. Nel settembre 1997 l'esordio nei professionisti grazie a Gigi Radice: perdemmo 1-0 al Granillo. Tornai su invito di Dustin Antonelli, mio Mister nella Primavera, per dare una mano al presidente Colombo»
Notte – «Tra le stelle che cadono a San Lorenzo scruto la scia delle emozioni che precederanno la prima assoluta del Monza in Serie A. Sono sicuro che accadrà e me lo gusterò fino in fondo»
Odisseo – «Galliani torna a Itaca, invece Chieti (dove sono nato) omaggia Teti, la madre di Achille: il punto debole della mia storia è la prima esperienza da dirigente. Monza mai stato in Serie D, mercato rabberciato, ho fatto errori e la gente criticava: ho dovuto riflettere»
Partita – « Ricordo la prima da titolare a Messina contro il Milan e l'assist a Greco per il 2 a 1 del Bari sul Siena. Ho segnato 30 reti: quella al volo di sinistro con la maglia dell'Ascoli contro il mio Pescara la più bella, dopo il ko di Salerno e qualche contestazione erano a rischio i playoff che centrammo contro il Modena»
Quattordici – «A quell'età saluto casa, ma non ho avuto nostalgia. Allora mantenere i contatti era difficile e non c'erano svaghi tecnologici, ma ho patito più i trasferimenti in carriera che rimanere quattro anni sempre al convitto»
Rimpianto – «Nessuno da calciatore, tranne gli infortunii: ogni esperienza torna utile, nulla accade per caso. Un'altra lezione che ho imparato»
Settore – «Il Monza ha sempre puntato su Giovanili e territorio. La proprietà ci regala il meglio possibile come figure e strutture e l'asticella si alza ovunque: chi si occupa del vivaio lavora sodo»
Testa – «Conta più del talento: il campione è colui che abbina talento e mentalità. La condizione mentale è la condizione fisica»
Uomo – «Di me non vorrei che si dicesse che non ho fatto il meglio per costruire un grande Monza»
Verde – «Un bimbo che voleva fare il calciatore non può smettere mai di amare il calcio e quel rettangolo: la sua vita gira intorno a un pallone che rotola. È lo sport più bello, tranne che nei 90' della partita, scherzo.. E il fatto che subito dopo una gara ce ne sia un'altra, emoziona e motiva»
Zero – «Con Nicola Colombo il Monza è ripartito dai Dilettanti: scelta di coraggio e in solitudine»
Antonio Sorrentino