Riccardo Monguzzi si racconta: 'Il mio amore per il Monza e la rivoluzione nel Settore Giovanile'
Il monzese Riccardo Monguzzi, allenatore della Berretti biancorossa, si è raccontato in una lunga intervista al Giornale di Monza: "Mi districavo tra il Collegio Villoresi San Giuseppe e l'Oratorio Regina Pacis, come facevano molti ragazzini degli Anni 70. Fu la rete di osservatori di Pierangelo Meregalli a scovarmi negli Esordienti della Juvenilia: di lì ho indossato per undici stagioni, sei nelle Giovanili e cinque in Prima Squadra, la maglia biancorossa".
Le principali soddisfazioni calcistiche di questo mediano destro "Bravo, ma lento" sono l'esordio a Roma nell'aprile 1986 ("Col gol di Dustin Antonelli battemmo la Lazio, era il Monza di Carosi"), la prima rete a Mantova ("Altra vittoria di misura, grazie al mio tiro da lontano. L'allenatore era Pasinato") e aver fatto parte di una nidiata ("Il mitico Saini, la coppia di portieri Antonioli-Pinato, Brambilla, Brioschi, Casiraghi, Giaretta e Robbiati") che firmò il double nel 1988 sotto la guida di Frosio ("Abilissimo a motivarci").
Sono stati gli incontri con Malesani al Chievo e Delneri al Novara, al suo ultimo anno da professionista, a gettare i semi della nuova avventura: "Mi sono migliorato tatticamente, forse ero semplicemente maturato, ma ho cominciato a immaginarmi su una panchina. E così, da autodidatta, ho iniziato ancora dalla Juvenilia del nostro consigliere Roberto Mazzo".
E, ancora una volta, è la chiamata di Meregalli ad aprire un lungo ciclo in biancorosso: "Dal 1997 al 2012 ho allevato tanti di quei biancorossini! Ricordo i vari Degano, Ganci, Luca Antonelli, che ancora gioca all'Empoli, e in particolare Pessina, che a quindici anni nei Giovanissimi rivelava quelle doti, in particolare la predisposizione a migliorarsi, che lo hanno portato a brillare in Serie A".
Per lui, dopo aver collaborato con Marcolin e Sonzogni nel '08-'09, la Prima Squadra ha aperto in due occasioni le porte di capo-allenatore: "Nell'era Seedorf traghettai la squadra sino all'arrivo di Verdelli, vinsi a Pagani nel giorno del debutto e racimolai quattro punti in quattro gare. Infine il playout contro un Viareggio in piena forma: mille problemi, Motta esonerato, Bugno e Tiboni squalificati, i tifosi che contestavano.. Ci abbiamo provato, ma siamo imbattuti nella saracinesca-Gazzoli all'andata e crollati allo Stadio dei Pini al ritorno".
L'intenzione del duo Berlusconi-Galliani di rivoluzionare anche la meglio gioventù al Monzello lo ha riportato nella passata estate all'ovile lasciato nel 2012: "A 47 anni ho avuto l'opportunità di intraprendere un percorso formativo lungo sei anni e imparare a guardare con occhi differenti il calcio. Al Milan con Bianchessi e Filippo Galli l'input era formare giocatori per la Prima Squadra a partire dall'attività di base, nel solco di Ajax e Barcellona, e devo dire che le storie di Donnarumma, Locatelli, Cutrone, Calabria, Gabbia sono soddisfazioni che per un allenatore del Settore Giovanile superano la vittoria di un campionato".
"Abbiamo avviato al Monzello un cammino che richiede continuità e uniformità di idee: lavorare su identità e mentalità porterà frutti nel lungo periodo. La fortuna è che Mister Brocchi usi i principi di gioco, dettati dalla società e da Colacone per le giovanili, in Prima Squadra: tra allenatori c'è continuo confronto formativo e i ragazzi si convincono della bontà del lavoro" spiega il classe 1965.
"Il Monza deve avere il comando del gioco" questa è la linea guida "Come allenatore devo formare ragazzi che sappiano leggere situazioni e fare scelte. Occorre avere coraggio, andare in avanti e riconquistare prima possibile la palla che perdi. Le doti di Madre Natura hanno il loro peso, ma per lo meno hai formato uomini sicuri".
A quale mestiere si avvicini l'allenare i ragazzi non è facile rispondere: "Con loro cerco di essere un buon padre di famiglia, non è facile relazionarti con un gruppo di individui che rimangono unici. Sono un missionario che si mette a loro disposizione e che ha ancora il difetto di suggerire loro, durante quei 90' in cui urlo sempre, le risposte che dovrebbero essere liberi di dare".
Un pensiero finale alla Berretti che ha visto la propria corsa alle Fasi Finali interrotta nel momento migliore, dopo il 5 a 2 sul Lecco: "I ragazzi hanno gareggiato tutto l'anno con rivali di fatto più grandi e avevano assorbito l'impatto della nuovo metodologia, per nulla facile se sei alla fine del percorso giovanile. E' ideale difatti dare loro almeno 5-6 anni di formazione. In questo momento di emergenza è fondamentale stimolarli a mantenere viva la passione".
Antonio Sorrentino