Monza cuore impavido: come all'andata, contro la Lazio un pareggio (2-2) che sta molto stretto
I brianzoli giocano una grande partita, d'orgoglio e di squadra, contro i biancocelesti. Djuric firma una doppietta. L'analisi tattica del match.
“Il vento spegne una candela ma alimenta il fuoco”.
Le parole di Nassim Nicholas Taleb, filosofo libanese naturalizzato americano, sintetizzano perfettamente il concetto di anti-fragilità, ossia la capacità di saper switchare davanti agli imprevisti, al caos e alle avversità.
Migliorare nelle difficoltà ed esplorare i propri limiti in situazioni complesse, imponderabili o di stress e: è questa la virtù del Monza, una squadra incendiaria che non si lascia scalfire dagli eventi e diventa inesauribile.
"Si alza il vento" e “Il fuoco della vendetta”. Nel dialogo “titolista” fra il film d'animazione di Miyazaki e il thriller di Scott Cooper emerge l'anima dirompente dei brianzoli sotto la gestione Palladino.
Un Monza anti-fragile che lotta sempre e non si arrende mai, come nel match dell'U-Power Stadium contro la Lazio.
Una partita dominata dai biancorossi sul piano tecnico e tattico, nelle due fasi di gioco, nell'intermezzo delle transizioni, nell'attivazione immediata ai cambi di possesso, nella produzione offensiva e nella schermatura difensiva, nella capacità di sintetizzare la Lazio nei primi 20 minuti e spingerla sotto palla nei restanti 70' più recupero.
Il fattore seconde palle e il vantaggio della Lazio
Palladino si affida all'ormai collaudato 4-2-3-1, con Bondo e Pessina a governare la mediana e un tridente inedito in rifinitura composto da Zerbin, Valentin Carboni e Colpani.
Tudor opta per il 3-4-2-1 con Kamada e Guendouzi nel nucleo di centrocampo, Zaccagni e Marusic sugli esterni e il duo Luis Alberto-Felipe Anderson alle spalle di Immobile.
I biancocelesti provano subito a farsi avanti ma sono i biancorossi al 5' ad avere la prima chance del match con Djuric, che combina bene con Zerbin, va via in area a Patric e incrocia il tiro sfiorando il palo.
All'11' è la Lazio a passare in vantaggio. Patric segue lo sviluppo di Guendouzi e allarga a destra per Marusic, che mette subito al centro un rasoterra respinto da Pessina. Sulla seconda palla vagante al limite dell'area si fionda Kamada, che calcia in porta e chiama Di Gregorio a una super parata. Sul filo del fuorigioco Immobile raccoglie la ribattuta e ribadisce in rete, collocando la palla nello spazio ristretto fra il palo e il piede del portiere biancorosso.
Il Monza riprende le redini del gioco e mette alle corde i biancocelesti. Al 23' Valentin Carboni sciupa una clamorosa occasione e, di testa su assist di Colpani, non centra la porta a pochi metri da Mandas.
Tudor rileva il momento di difficoltà, al 32' toglie Zaccagni, già ammonito, e inserisce Casale. Una mossa conservativa che consente alla Lazio una maggior copertura della catena sinistra con Hysaj alzato ad esterno di centrocampo e Casale a riempire la casella di braccetto di sinistra.
Negli ultimi 10 minuti del primo tempo i biancorossi confezionano due palle gol: la prima con un tiro dai 25 metri di Pessina e la seconda con Bondo, che si inserisce sul secondo palo ma di testa non riesce a indirizzarla in rete sul cross tagliato di Valentin Carboni.
Ripresa d'assalto del Monza, gioco in ripartenza della Lazio
Il secondo tempo replica lo stesso copione del primo, con il Monza deciso a riacciuffare il risultato e la Lazio a proteggere il vantaggio. I biancocelesti arretrano il baricentro e giocano di rimessa, uomo su uomo, attendendo la minima défaillance avversaria per ripartire in contropiede. Tatticamente Palladino intuisce che la squadra di Tudor fatica a rompere da dietro per prendere il trequartista e ordina ai suoi effettivi di palleggiare con ordine tenendo elevato il livello di intensità e attirando gli avversari in pressione per poi attaccarli alle spalle, tra le linee e negli spazi.
Il Monza mantiene solidità e compattezza, stringendo i reparti in 15 metri e rispondendo con un atteggiamento proattivo alle situazioni di gioco. Le migliori occasioni biancorosse arrivano sulla riacquisizione della palla, con riaggressioni immediate e transizioni positive pungenti.
Dopo lo spunto brillante di Colpani, al 72' il Monza regola i conti col nemico. Dentro in batteria Mota, Akpa Akpro e Donati, fuori Kyriakopoulos, Valentin Carboni e Birindelli.
Pessina avanza sulla trequarti, l'ivoriano si posiziona accanto a Bondo per ricomporre una mediana fisica e di strappo, il numero 2 biancorosso va ad agire sulla corsia destra con la mission di sfruttare l'educazione del suo piede preferito per sfornare cross in area. Detto fatto. Il Monza perde il controllo della sfera, la Lazio entra in costruzione alta ma è Djuric a breakkare nuovamente, intervenendo su Cataldi e costringendo Hysaj, pressato da Donati, a perdere palla. Colpani guida la transizione offensiva, serve il laterale di Pietrasanta e lo manda al cross. Pessina si inserisce col giusto timing e, con Felipe Anderson in ritardo sulla marcatura, colpisce in tuffo di testa. Sul miracolo di Mandas, Djuric si avventa sul pallone e lo finalizza in rete. L'ariete bosniaco firma l'1-1.
Il regalo del Monza e il gol di Vecino
All'82 minuto la Lazio torna avanti grazie a una gentile concessione del Monza, con Donati che scarica all'indietro un pallone tenero si cui si fionda come un rapace Matia Vecino.
Una leggerezza, non la prima della stagione (vedi, ad esempio, la rete di Beltran in Monza-Fiorentina 0-1), del reparto arretrato che non apre a possibilità di recupero e manda in rete gli avversari.
Sul tema della costruzione dal basso sono significative le parole di Filippo Galli, che pone l'accento sull'educazione culturale alla materia, partendo del sempre più acceso dibattito fra i tifosi: “Tornando al termine ‘contesto’, quando ne parlo, includo anche i tifosi, che dovrebbero sostenere la proposta di gioco, dovrebbero credere in ciò che la squadra fa, propone. Occorre una maggiore conoscenza e consapevolezza anche in questo senso e, affinché si manifesti, ha bisogno di tempo, e anche di una comunicazione che la sostenga, la promuova. Il tifoso non dovrà preoccuparsi della valvola mitralica perché sarà dentro al processo insieme alla squadra, insieme al club, all’unisono, apprezzando la bellezza corale del calcio nonostante comporti (forse) qualche rischio in più".
Nel calcio odierno il movimento del pallone, e il suo possesso, diventa il mezzo per manipolare lo scacchiere avversario. La costruzione dal basso ha la funzione di catalizzare gli avversari, allargando il campo in modo pulito e scombinando la struttura difensiva nemica per creare superiorità numerica e/o posizionale. Il portiere diventa l'uomo in più, libero di gestire la sfera senza pressione e con diverse soluzioni di gioco a disposizione: il passaggio in verticale per il mediano di riferimento, gli appoggi laterali per i difensori o il rinvio in avanti per creare un duello 1 contro 1 fra punta e difensore in risposta al pressing aggressivo avversario (vedi il gol di Pessina a Salerno su lancio di Di Gregorio spizzato da Djuric).
Posto che la costruzione dal basso può originare rischi ma non può essere scissa dal resto del gioco e posto che il calcio più diretto e statico, con rilanci lunghi da contendere in avanti, genera in percentuale un maggior numero di palle perse (e inoltre, come ribadisce Galli, spesso l’allontanamento del pericolo determina il pericolo stesso), i vantaggi di iniziare la manovra da dietro non solo risultano superiori agli svantaggi ma consentono ai calciatori di avere una miglior confidenza nel gestire il pallone sotto pressione, comandando ritmo e possesso e consolidando i principi di gioco del proprio allenatore.
Inoltre, è doveroso aggiungere che la regola introdotta nel 2019 sul calcio di rinvio, con i difensori all'interno dell'area e gli avversari confinati all'esterno fino alla rimessa in gioco del pallone, ha offerto un ulteriore incentivo alla costruzione dal basso mettendo i calciatori nella condizione di poter partire da dietro più comodamente e incrementando il gioco di palleggio.
Per inciso: chi critica la costruzione dal basso, e quindi il master plan del calcio contemporaneo, a favore del “palla lunga e pedalare" (il kick & run inglese degli anni '50), per coerenza, non dovrebbe poi lamentarsi del gioco monocorde e del suo golgota, dei catenacci ad oltranza o delle barricate imperiture, dell'assenza di un palleggio articolato e, di conseguenza, della privazione dello spettacolo più febbricitante.
Il gol dell'1-2 della Lazio non è causato da un problema tattico legato alla costruzione dal basso ma da un errore tecnico nella misura del passaggio di Donati, le cui intenzioni sono corrette ma è l'esecuzione a essere troppo morbida, con la palla indirizzata a metà strada tra Akpa Akpro e Di Gregorio e la conseguente incomprensione (intervengo io o intervieni tu?) fra il centrocampista e il portiere. Ad approfittarne è Vecino, abile a leggere la situazione e depositare con scaltrezza il pallone in rete.
Una disattenzione fatale che però non condiziona i biancorossi, fermi a riprendere il punteggio ad ogni costo. Perché, come diceva l'empireo Pelè: “se commetti un errore, non disarmare”.
Reazione del Monza, pareggio su azione…dal basso
Il match torna in equilibrio al 92' grazie al colpo di testa di Djuric, uno stacco imperiale del “Gigante di Ferro” bosniaco che ristabilisce la parità siglando la sua prima doppietta in maglia biancorossa.
Un gol che nasce da una parata di Di Gregorio (su tiro di Guendouzi), che rimette in gioco la sfera e avvia la transizione, partendo (dove?) proprio dal basso, con lo sgancio di Caldirola a sinistra e Pessina a imbastire la manovra.
Il Monza avanza il baricentro e la Lazio si contrae, lo sviluppo transita a destra e da una seconda palla recuperata dal capitano brianzolo (su intervento di Vecino a spazzare il cross di Donati) arriva il definitivo 2-2.
Il doppio scambio fra Pessina e Mota a sinistra manda Pedro in marcatura aggiuntiva sul portatore e libera al cross il 32 biancorosso, che mette uno spiovente a rientrare in area di rigore, affollata da ben 13 uomini, 7 laziali e 6 monzesi. La permanenza in volo di Air Djuric consente al pallone di atterrare alle spalle di Mandas, consegnando al Monza un pareggio in extremis come al Via del Mare di Lecce.
Al termine del recupero Pairetto manda tutti sotto la doccia: Monza-Lazio finisce 2-2.
Ancora nel recupero, Monza in versione Braveheart
"Il tuo cuore è libero, abbi il coraggio di seguirlo”.
Dal celebre claim di Braveheart, film manifesto di Mel Gibson, al flusso travolgente delle emozioni.
Cuore e coraggio: un binomio indissolubile che caratterizza i colori biancorossi, quelli del Monza e del suo universo romantico, un mondo pieno di fede, fierezza e amore.
Il pareggio contro la Lazio, che sta strettissimo come quello dell'andata all'Olimpico (lo ribadisce Paolo Corbetta nel suo editoriale), dimostra tutta la forza di una squadra - una grande squadra - che, al netto degli errori o delle imprecisioni, non molla mai e combatte fino alla fine. Sempre e comunque.
Con Capitan Pessina leader tecnico ed emotivo, con Djuric sugli scudi, con Pablo Mari e Di Gregorio a governare la fortezza arretrata, con Bondo a salire in cattedra a centrocampo, col ritorno in campo di Caprari dopo il lungo infortunio, con qualche complicazione auto prodotta e una voglia di reagire smisurata, con la bravura di saper riprendere il risultato anche quando l'epilogo sembrava già scritto.
Allenatore, staff, giocatori: tutti uniti, nel bene e nel male, con lo spirito di chi non si abbatte e guarda avanti, con positività e orgoglio.
Identità, mentalità, umanità, solidità: un mix di suffissi in -itá che compongono il calcio-verità di Raffaele Palladino, figlio delle idee e fedele ai propri ideali. Un calcio vivo e in libertà, nella proposta e nella sua dimensione, nella coerenza e nell’autenticità, nei principi e nel modo di giocare, nella tecnica e nella tattica, nella svolta offensiva e nella costruzione dal basso (croce dei tifosi e dei critici con la sindrome di Aristotele, cardine del calcio moderno e contemporaneo), nella cultura del lavoro e nella professionalità, nella psicologia e nel pragmatismo, nelle ambizioni e nella costante ricerca di novità, nello studio e nella curiosità, nell’apertura e nel cambiamento.
Un calcio che in Brianza rappresenta un bene prezioso, il trionfo del modello provinciale e dei suoi geni sentimentali, patrimonio da custodire e replicare in futuro.
Un calcio che rispecchia totalmente il pensiero del compianto César Luis Menotti, il filosofo argentino che cercava l'efficacia della bellezza e da CT guidò l'Albiceleste alla conquista del suo primo Mondiale nel 1978.
Scomparso il 5 maggio 2024, dall'alto della sua profonda saggezza El Flaco non era mai banale e veicolava la discussione a livelli superiori: "Mi sembra chiaro che sapere di calcio è sapere di allenamento. Non è parlare di sistemi né di tattica, perché tutti possono farlo. Sapere di calcio è sapere come allenare una squadra, sapere di metodologia, sapere di scienza, sapere di filosofia. Hai molta gente che ti possa dire che una squadra di calcio giochi male, hai poca gente che ti può spiegare perché una squadra giochi male, pochissimi che ti possano dire cosa si deve fare perché giochi meglio”.
E ora? È giusto godersi il presente, onorando al meglio le ultime tre gare della stagione. Una stagione straordinaria che garantisce al Monza la permanenza in Serie A e la partecipazione per il terzo anno consecutivo al massimo campionato.
Prossima tappa: la trasferta di lunedì 13 maggio alle 20:45 allo stadio Artemio Franchi contro la Fiorentina. Una sfida suggestiva da approcciare con la medesima determinazione e il desiderio di stupire, con l'obiettivo “quota 48” fissato da Galliani a sole 3 lunghezze e alla portata dei biancorossi.
A cura di Andrea Rurali