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Una lunga storia di abusi

Questa non è la prima volta che l'associazione Milad, composta principalmente da fedeli islamici, utilizza impropriamente il capannone per le proprie preghiere. 

Già nel 2017, circa 250 persone si erano radunate nello stabile per celebrare una festività religiosa, venendo interrotte dalla Polizia Locale. 

Nonostante le diffide del Comune e le promesse di regolarizzare la situazione, l'associazione ha continuato a utilizzare il capannone senza le necessarie autorizzazioni.

La decisione del TAR

moschea

Il TAR ha confermato la legittimità della diffida emessa dal Comune, sottolineando che l'immobile ha una destinazione d'uso esclusivamente industriale e che qualsiasi cambio di destinazione richiede una specifica autorizzazione. 

L'associazione Milad non ha mai presentato alcuna richiesta in tal senso, ignorando le normative urbanistiche e le leggi regionali sui luoghi di culto.

Una vittoria temporanea per il Comune

Nonostante la vittoria in questa fase iniziale, il Comune dovrà attendere fino al 5 febbraio 2025 per la sentenza definitiva del TAR. 

Nel frattempo, l'associazione Milad sembra intenzionata a continuare a utilizzare il capannone per le proprie attività, sfidando apertamente le autorità locali e alimentando le tensioni nella comunità.

Una questione complessa

La vicenda solleva importanti questioni legate alla convivenza tra culture e religioni diverse, alla necessità di rispettare le leggi e le normative urbanistiche, e alla ricerca di soluzioni equilibrate che garantiscano la libertà di culto nel rispetto delle regole e della sicurezza di tutti i cittadini.