Amarcord Biancorossi. Monza 1950-51: 70 anni dalla prima promozione in Serie B. Una impresa da rivivere
Il Covid e la sosta hanno tarpato le ali al grande momento del Monza. Attendiamo con fiducia il 2022 per poter riprendere la rincorsa a quella che sarebbe una storica ‘prima volta’. Nel frattempo, dal momento che tutte le prime volte non si scordano mai speriamo di regalare emozione gradita ai nostri lettori facendo un tuffo indietro di 70 anni per rivivere la magica stagione della prima promozione tra i cadetti.
Serie C girone A 1950-51.
La guerra è orrore che si sconta giorno per giorno tra macerie da rimuovere, tessuto sociale da ricostruire, futuro da sognare lavorando sodo. Le favolose immagini in bianco e nero della Settimana Incom raccontano di una Italia piena di speranza e di entusiasmo con negli occhi e nel cuore disastri ancora troppo recenti ma anche con tanta voglia di vivere, di fare progetti, di divertirsi. La passione sportiva è carburante fondamentale: si discute animatamente soprattutto di calcio, da poco segnato dalla tragedia di Superga, e di ciclismo, infiammato dalla rivalità Coppi-Bartali.
Monza è una città in perenne evoluzione e conta circa 73.000 abitanti. Sindaco è l’ingegnere democristiano Leo Sorteni. Il 1950 è anno importante per il Parco – vissuto dai monzesi soprattutto nei caldi mesi estivi – perché si insedia la sede di controllo RAI e partono i lavori di realizzazione della piscina. In centro brulicano le bici mentre vivono una buona stagione di ripresa gli storici cappellifici che negli anni ’20 e ’30 avevano rappresentato la trave portante dell’economia cittadina.
Al vertice del Calcio Monza c’è da poco Giuseppe Borghi. Per amici e tifosi Peppino. Appagato dai successi professionali (settore laniero), il presidente vuole lasciare significativa traccia anche nel football. Un campionato di transizione (allenatore Barale) gli ha insegnato tanto e nell’estate del 1949 affida la panchina ad Annibale Frossi, occhialuto olimpionico (e capocannoniere del Torneo Olimpico con 7 reti) a Berlino 1936. Il ‘dottor sottile’ è un teorico del difensivismo che ripete spesso la frase “la partita perfetta finisce 0-0” ma capisce che per vincere il campionato di Serie C servono tanti gol: il suo Monza ne segnerà 84 (in 38 partite). Solo quattro gli 0-0, tutti in trasferta a Fossano, Saronno, Biella e Rapallo.
I favori del pronostico vanno all’Alessandria, fresca di retrocessione, mentre i biancorossi vengono indicati come outsider in compagnia di Pavia, Lecco e Casale. I ragazzi di Frossi partono benissimo e nei primi tre mesi sono micidiali: 10 vittorie (3 in trasferta) e 4 pareggi con alcune leggendarie goleade come il 6-1 casalingo al Magenta ed il poker rifilato sul suo campo al Varese. Alla macchina da gol creata da un dichiarato difensivista si interessano anche grandi firme del giornalismo sportivo nazionale incuriositi dal modulo M: due vere punte (Dazzi e Soldani) surrogate a turno da ali di raccordo (Del Signore e Redaelli), un (falso) centravanti alias (vero) metodista (Zanello). Anche allora troppe attenzioni facevano girare la testa: in rapida successione prima l’Alessandria pone fine all’imbattibilità stagionale, poi il Pavia a quella del San Gregorio (che diverrà Sada solo una quindicina d’anni più tardi). La settimana successiva la trasferta di Gallarate rischia di aprire la crisi perché gli ospiti vanno in vantaggio ma si fanno raggiungere e superare prima dell’intervallo. Poi un minuto carico di significati, sessanta secondi pieni di destino: due gol (minuto 60 e 61) di un certo Valentino Giambelli rimettono i biancorossi sulla retta via. La coppia offensiva Dazzi-Soldani è spettacolo puro: il primo, bomber di razza col gol nel sangue ne firmerà 28, il secondo, doti tecniche ed abilità nel gioco aereo farà centro 16 volte.
Il girone di ritorno registra tante vittorie con grappoli di gol, un paio di scivoloni (Magenta e Vercelli), un arbitraggio penalizzante, quello del ferrarese Nottolini, nel 2-2 casalingo con il Lecco (due rigori agli ospiti e l’incredibile espulsione di Soldani dopo poco più di venti minuti), la memorabile lezioni di calcio all’Alessandria (4-1) in un San Gregorio gremito da quasi 5.000 spettatori. Quando il traguardo sembra ad un passo ai ragazzi di Frossi viene il braccino del tennista ed il primo tempo a Pavia è un incubo: 3-0 per i padroni di casa che sono così gli unici a fare bottino pieno (4 punti su 4) con la capolista. La settimana successiva tra le mura amiche Dazzi e Soldani in meno di mezzora liquidano la pratica Gallaratese: a capitan De Poli & compagni manca poco ma il calendario riserva loro due trasferte nelle ultime due giornate con chiusura da brividi nella tana della Sanremese, ovvero di una delle due antagoniste (l’altra il Pavia) ancora matematicamente in gioco. Anche il primo viaggio non è certo agevole perché l’Omegna si gioca la salvezza. Frossi prepara la ‘partita perfetta’: lo 0-0 schiuderebbe le porte del paradiso.
Domenica 4 Giugno 1951 il tecnico si affida a questa formazione per entrare nella storia: Corno, Pirola, De Poli, Pasolini, Magni, Colombetti, Giambelli, Soldani, Zanello, Dazzi, Chiesa. I rossoneri piemontesi non hanno alternative alla vittoria per sperare, attaccano con generosa foga ma sono il peggior attacco del girone e non riescono ad andare oltre alcuni palloni gettati in area e sempre ben controllati dalla retroguardia ospite guidata dall’ottimo portiere Ernesto ‘Tino’ Corno, monzese purosangue. Dal punto di vista tecnico tra le due squadre il divario è enorme eppure la pressione psicologica giocava brutti scherzi anche 70 anni or sono. Pressione che aumenta ulteriormente quando – minuto 22 – l’arbitro Rigato di Mestre annulla il gol di Dazzi per molto presunto fuorigioco. Il direttore di gara si rende probabilmente conto di aver sbagliato ed al minuto 38 il furbo Soldani lo induce ad indicare di buon grado il dischetto esagerando gli effetti di una carica non così clamorosa. Carlo Colombetti, centrocampista tutto fosforo con 220 presenze nella hall of fame biancorossa, dagli undici metri è glaciale. Nel secondo tempo Pasolini e Magni giganteggiano in difesa e quando arriva la notizia che la Biellese ha inchiodato sullo 0-0 il Pavia il nome dello stadio di Omegna riassume tutto: Liberazione. Intanto a Monza, nei bar e nei consueti punti di ritrovo, l’attesa è spasmodica. Si guarda speranzosi la radio (ma si può ‘guardare’ la radio ???) tra un bicchierino di bianco ed un caffè …
Nel 1951 doveva ancora essere inventato ‘Tutto il calcio minuto per minuto’ (1959) e la prima cabina telefonica sarebbe apparsa in Italia solo l’anno successivo. Era un altro mondo. Difficile anche solo da immaginare, romantico da raccontare, dolcissimo da (provare) a far rivivere. Il notiziario sportivo snocciolava risultati in coda al radiogiornale verso le 19. Ovviamente prima della Serie C vengono la Serie A e la Serie B. Uno stillicidio. Una attesa infinita. Che si scioglie in entusiasmo genuino ed incontenibile quando – dopo aver letto tutti gli altri risultati del girone – lo speaker gracchia: “ad Omegna: Omegna zero Monza uno” … Bandiere biancorosse spuntano ovunque quasi per incanto. Ci si ritrova in Piazza Duomo per aspettare il rientro della squadra. Quando, verso le 21.30, sbuca il pullman la felicità è completa. Una città in amore porta sulle spalle i suoi ragazzi. All’abbraccio si sottrae Frossi: il dottor sottile lascia il trionfo ai giocatori e, in piena coerenza con il suo stile sobrio ed asciutto, preferisce assaporarlo in solitudine nella sua abitazione milanese.
Speriamo di essere riusciti almeno un po’ a far rivivere emozioni lontane. Eppure da tramandare con orgoglio. Lo meritano tutti i protagonisti di quella impresa di 70 anni or sono. Ci stavamo lavorando da qualche tempo, l’accelerazione ce l’ha data la lettera del nipote di Guido Soldani pubblicata da Monza News nei giorni scorsi. Perché agli appelli fatti col cuore si può rispondere solo col cuore. Quello biancorosso.
Fiorenzo Dosso