Orrore in streaming: smascherata la rete dei "mostri digitali" che abusavano dei bambini
Arresti anche in Brianza nell'indagine che ha scoperto abusi su minori trasmessi in diretta streaming
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Durante la conferenza stampa, il procuratore Francesco Curcio ha rivelato un aspetto particolarmente inquietante: tre degli arrestati non si limitavano a condividere materiale illegale, ma lo producevano personalmente, abusando di bambini che frequentavano le loro abitazioni. In alcuni casi, gli investigatori hanno scoperto legami di parentela tra gli abusatori e le vittime.
L'indagine è iniziata a Catania circa un anno fa, quando due persone sono state fermate in possesso di una grande quantità di materiale pedopornografico. Nei mesi successivi, gli investigatori hanno ampliato le indagini, riuscendo a ispezionare 25 diversi canali di gruppo sulla piattaforma "Viber", dove sono stati scambiati oltre 15 mila file tra foto e video, catalogati in base all'etnia e all'età delle vittime.
Il sistema di accesso e scambio
Il procuratore Curcio ha spiegato che uno degli obiettivi più complessi dell'indagine è stato identificare le vittime e associare un'identità reale ad ogni nickname utilizzato sulla piattaforma. L'accesso ai canali avveniva solo dopo aver dimostrato di possedere materiale da offrire come "merce di scambio".
Con il tempo e l'aumento delle attività, gli utenti potevano acquisire maggiore autorevolezza e accedere a nuovi canali di conversazione. Il baratto di materiale illegale costituiva la forma di pagamento più comune all'interno della rete criminale.
Tecniche di occultamento e trasmissione in diretta
Nonostante i tentativi di garantire l'anonimato agli iscritti, gli agenti della polizia postale sono riusciti ad aggirare i sistemi di protezione e identificare i responsabili, come ha sottolineato il sostituto procuratore Anna Trinchillo. Le misure cautelari sono state possibili grazie alle perquisizioni e al ritrovamento di una quantità enorme di materiale pedopornografico. Le indagini proseguiranno per verificare se, oltre allo scambio, esistesse anche un commercio specifico con movimenti di denaro.
Le difficoltà tecniche dell'indagine
Marcello La Bella, dirigente del Centro operativo per la sicurezza cibernetica di Catania, ha evidenziato che il materiale veniva archiviato in cloud e su dispositivi protetti da password o file criptati. Questo ha costretto gli agenti a lavorare anche per oltre 16 ore durante le ispezioni, cercando di superare i sistemi di protezione per recuperare prove inconfutabili.
Ivano Gabrielli, dirigente del Servizio di polizia postale e delle comunicazioni, ha aggiunto che gli investigatori hanno dovuto visionare singolarmente foto e filmati con contenuti scabrosi, un compito che richiederà adeguati tempi di recupero anche sul piano psicologico. Ha inoltre rivelato che parte del materiale veniva prodotto in diretta streaming, permettendo ad altri utenti di partecipare in tempo reale, alimentando un circuito criminale perverso perseguito a livello internazionale.
La portata nazionale dell'operazione
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Gli arresti, quasi tutti convalidati, sono stati eseguiti in numerose province italiane, tra cui Catania, Siracusa, Agrigento, Napoli, Pescara, Foggia, Roma, Latina, Milano, Brescia, Firenze, Reggio Calabria, Cosenza, Pordenone, Lecce, Viterbo, Avellino, Barletta-Andria-Trani, Frosinone, Varese, Vicenza e Cagliari.
Le perquisizioni hanno interessato oltre 50 città in tutta Italia, dimostrando la portata nazionale di questa rete criminale.