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La Mota Togue dopo il vantaggio provvisorio del Monza all’81’ - Credit Foto : E-Mage Studio

“Non è il buono contro il cattivo e fare in modo che vinca il buono. Il senso del calcio è che vinca il migliore in campo, indipendentemente dalla storia, dal prestigio e dal budget”.

Tornano a risuonare con forza le parole di Johan Cruijff, il sacerdote dello scisma calcistico moderno, l'uomo della rivoluzione che non solo ha illuminato il gioco del pallone ma ha restituito teorie, metodologie e una costituzione di comandamenti piena di spunti e riflessioni. Un prontuario che aiuta a comprendere la complessità di uno sport in cui il concetto di semplicità è un puro paradosso.

Storia, prestigio, budget. Se il gioco inventato dagli inglesi dovesse ruotare solo attorno a questi tre macro elementi, probabilmente non esisterebbero partite, tornei e competizioni.
E non ci sarebbero neppure le grandi storie, la narrativa e l'epica, le epopee e le imprese; non esisterebbero nemmeno Davide contro Golia, gli Avengers vs. Thanos, il Leicester di Ranieri sul trono della Premier, l'Italia di Mancini e Vialli sul tetto d'Europa nel 2021, l'Atalanta regina dell'Europa League nel 2023, i risultati prestigiosi del Monza contro le big in Serie A.
Per fortuna, come rimarcava il britannico Bill Shankly:Il calcio è molto, molto di più”. È passione, divertimento, emozioni. È entusiasmo, trasporto, condivisione, imprevedibilità. 
Non a caso, a inquadrare l'essenza più vera del futbol è Marcelo Bielsa, El Loco, l'ultimo seminatore di bellezza, sostenitore dei valori e dell'autenticità dello sport, del gioco come fine e non come strumento di business, voce e alma del pueblo che privilegia lo spettacolo oltre ogni cosa: “Il calcio appartiene ai tifosi, è un’espressione culturale e forma di identificazione”.

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I 30 anni dei SAB 1994

Appartenenza, partecipazione, attaccamento, devozione. Senza la fan base il calcio sarebbe privo della sua materia prima, un blockbuster senza fruitori, uno show sprovvisto di magia. 

Magia che ha pervaso l'U-Power Stadium in occasione di Monza-Inter e della festa per i 30 anni della fondazione dei SAB 1994, "il primo gruppo con una logica più comunitaria e di riferimento nella vita delle persone e non solo per il tifo allo stadio", come dichiarato da Fausto Marchetti nell'intervista rilasciata a Il Cittadino (qui l'articolo integrale).
Atmosfera magnifica sugli spalti, con la splendida coreografia della Curva Davide Pieri (con tanto di scritta “Perenne Modoetiae Decus" a rievocare l'onore e l'antico nome della città di Monza, Modo-Etia) ad accompagnare l'ingresso sul rettangolo verde delle due squadre. Un Magic Moment biancorosso suggellato da una prestazione adamantina dei brianzoli contro i Campioni d'Italia in carica. Una partita affrontata con coraggio, personalità e cuore dalla formazione di Nesta, squadra tosta e determinata, concreta e di sostanza, pronta a combattere su ogni pallone fino alla fine. 

Alla vigilia del match il tecnico biancorosso aveva annunciato che lo scopo del suo Monza è quello di giocare sempre per vincere
Detto e quasi fatto. Contro l'armata di Inzaghi, i biancorossi vestono i panni di Ethan Hunt (Tom Cruise) e sfiorano la “Mission: Impossible”, conquistando un pareggio che, a conti fatti, lascia un pizzico di amaro in bocca. 
Mota apre le danze con un gol strepitoso, Dumfries firma l'1-1 qualche minuto dopo e, infine, al 94' Pairetto nega ai biancorossi il vantaggio - fischiando punizione dal limite dell'area - una potenziale occasione con Pessina lanciato a rete davanti a Sommer (qui l'editoriale di Paolo Corbetta).

Un risultato che scatena le polemiche, ma non fornisce alibi ad Alessandro Nesta che, pur riconoscendo l'errore (grave e clamoroso) dell'arbitro, con stile e signorilità riporta la discussione sul campo e sulla gara straordinaria della sua squadra.

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Mkhitaryan e Pereira - Foto: E-Mage Studio

Coraggio, possesso palla e verticalità

“Senza possesso palla non si vince”. Un dogma che, da sempre secondo Cruijff, rappresenta lo scheletro del calcio, la chiave principale del gioco contemporaneo.

Tenere il pallone significa controllare la manovra e bilanciare attacco e difesa, un mezzo per manipolare lo struttura avversaria, attirando il pressing degli attaccanti e creando superiorità numerica e/o posizionale. Il portiere diventa l'uomo in più nella costruzione dal basso, libero di smistare la sfera e variare le soluzioni di gioco: il passaggio frontale per il mediano metodista, gli appoggi laterali per i difensori o il rinvio lungo per generare un duello 1 contro 1 fra punta e difensore. Appurato che “l’allontanamento del pericolo determina il pericolo”, come sottolineato da Filippo Galli, i benefici di partire da dietro non solo superano gli svantaggi ma consentono ai calciatori di stabilire un miglior feeling col pallone sotto pressione. Il possesso palla entra nel codice sorgente delle proposte odierne definendo quella che Arrigo Sacchi chiama strategia in contrapposizione alla tattica.

Una netta distinzione che Ilaria Mainardi riassume nel saggio dedicato al profeta di Fusignano: "La strategia, dice Sacchi, rappresenta, non l’attesa dell’errore dell’avversario, come è nella tattica, ma la valorizzazione delle proprie capacità. Esagerando un po’, si potrebbe asserire che la tattica funzioni per i leader deboli, quelli che hanno bisogno di puntare sull’estro dei singoli fenomeni. La strategia invece è per chi possiede una vera attitudine alla guida. La strategia mira insomma al funzionamento dell’ensemble, visto come un unicum potenziato e non come la mera somma di solisti di talento. In altre parole –  parole gestaltiche – “il tutto è più della somma delle singole parti.” Alla tattica serve l’improvvisazione rapida e geniale, mentre la strategia si nutre, più di ogni altra cosa, di tempo.

Tempo e spazio sono i due fattori individuati da Nesta per mandare in difficoltà l'Inter. Una strategia che si rivela efficace e toglie ragionamento, capacità di scelta e intensità ai nerazzurri.

L'allenatore biancorosso conferma l'1-3-4-2-1 e l'11 anti Fiorentina, Inzaghi ricorre al turnover in vista dell'esordio in Champions contro il Manchester City affidandosi al classico 1-3-5-2. 

Il primo tempo scorre sul filo dell'equilibrio e nell'alternanza del possesso palla, coi brianzoli che rendono partecipe Turati nella manovra dal basso. Fraseggio corto coi difensori e gittate profonde su Djuric: il classe 2001, educato con entrambi i piedi, è la pedina più coinvolta nella distribuzione della sfera, regista aggiuntivo e portiere di movimento a dare supporto ai compagni. 

L'intento del Monza è quello di stringere il campo per poi aprirlo con combinazioni rapide ed attaccare la difesa avversaria alle spalle, terzo uomo a regolare il gioco, profondità immediata e ricerca dell'1 contro 1. Il sistema delle transizioni è codificato alla lettera dai brianzoli che, nel momento della perdita del pallone, si comprimono in 15/20 metri con un 1-5-4-1 di copertura, densità nel mezzo e corsie esterne protette da Maldini e Caprari, marcature a uomo asfissianti e presidio territoriale massimo. Le poche occasioni dell'Inter nascono da errori in disimpegno del Monza: la più insidiosa è quella di Dimarco al 6', con il fluidificante azzurro che riceve un assist involontario da Maldini e conclude a lato.

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L'1-4-5-1 del Monza in fase di non possesso - Foto: DAZN

Lo stacco imperioso di Mota e il pareggio di Dumfries

Nella ripresa il Monza prova a giocare con più costanza nella metà campo avversaria, con l'Inter che cerca di spingere ma fatica a costruire azioni limpide. Bondo e Pessina alzano il rendimento e frenano le incursioni di Frattesi e Mkhitaryan, in difesa Izzo, Pablo Marì e A. Carboni azzerano completamente Lautaro e M. Thuram, sostituiti da Inzaghi con Taremi e Arnautovic.

Zone intasate, tanti duelli e pochi spiragli per affondare: Nesta inserisce Mota e Bianco al posto di Caprari e Maldini, piazzando di conseguenza Pessina sotto punta. 
La gara rimane bloccata e non offre particolari emozioni per 80', poi negli ultimi 15' succede di tutto. 

A sorpresa, all''81' è il Monza a stappare il match con un'azione orchestrata a regola d'arte sfruttando il gioco associativo, le triangolazioni, i movimenti senza palla e i dribbling. Andrea Carboni legge il la corsa di Bondo nello spazio svuotato da Mota, sceso in mediana a presidiare la casella di competenza del compagno, e lo serve con un lob calibrato. La spizzata del francese viene arpionata da Kyriakopoulos, che taglia il campo in diagonale e serve Pessina, pronto a trasmettere il pallone a Izzo sganciatosi dalle retrovie. Uno schema studiato e provato in allenamento, con sovrapposizioni a rompere linee per levare riferimenti agli avversari e andare in superiorità numerica sulla trequarti. 

Il 4 biancorosso, indisturbato e con poca pressione addosso, disegna un cross a rientrare sul secondo palo, con perfetto 3 contro 3 in area di rigore. Lo stacco di Mota è imperioso: terzo tempo cestistico e frustata di testa a insaccare la sfera nel sette. Una prodezza incredibile del Cavaliere portoghese, specialista degli eurogol, che salta sopra la testa di Pavard e manda in visibilio i tifosi di casa, con tanto di Mota Tongue a celebrare il momentaneo vantaggio. Pensiero, intuizione, istinto: l'attaccante biancorosso segna una rete di pregevole fattura, un gesto che, come diceva Pasolini “è una sovversione del codice: ogni goal è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica”.

I biancorossi difendono a denti stretti ma 7 minuti più tardi subiscono il ritorno dei nerazzurri. Da sinistra Carlos Augusto opta per un cutback in area ma la deviazione di Pedro Pereira modifica completamente la traiettoria e manda il pallone sul secondo palo. Per Dumfries è una formalità depositare in rete e siglare il definitivo pareggio.

Al triplice fischio Monza-Inter termina 1-1.

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La sequenza che genera il gol del vantaggio di Dany Mota

Un super Monza da 100 punti in A

1 punto Giovanni Stroppa, 96 Raffaele Palladino, 3 Alessandro Nesta. Il Monza raggiunge quota 100 punti alla quarta partita del terzo campionato in Serie A mettendo a referto una prova maiuscola, di carattere e audacia, con una dimensione di gioco solida e una grande compattezza di squadra. Assetto corto e bilanciato, reparti coordinati, ordine nelle rotazioni, lucidità nella gestione della manovra, sensibilità nella lettura delle situazioni, elevata propensione al sacrificio e acume tattico nel riconoscere il gioco, i tempi e gli spazi. 

Attaccare difendendo e difendere attaccando: attraverso l'organizzazione, l’applicazione dei principi, l'interpretazione delle due fasi e lo switch immediato nelle transizioni, il team di Nesta riesce a neutralizzare l'Inter di Inzaghi, riducendo al minimo i pericoli e schermando ottimamente gli attaccanti nerazzurri. 

Con orgoglio e abnegazione, il Monza non solo sovverte il pronostico ma tiene viva la partita chiudendo la gara con un po’ di rammarico per aver assaporato la vittoria nel finale. Cambia il risultato, ma la prestazione resta, decisa e concreta contro la squadra più profonda e attrezzata del campionato. 
I biancorossi coprono bene il campo e concedono poco agli avversari, togliendo linee di passaggio, verticalità e trame offensive. 
Merito di Alessandro Nesta che grazie al suo lavoro, costante e progressivo, sta entrando nella testa dei giocatori impiantando le proprie idee e assemblando una mentalità positiva. 
Stimolare ogni singolo individuo per accendere il collettivo: un meccanismo fondamentale, filo guardiolista e contiano, per aumentare la fiducia e le consapevolezze del gruppo, lo spirito competitivo e l'ambizione, abbracciando la cultura degli Allinners e lottando senza mai mollare per raggiungere i propri obiettivi.

L'1-1 contro l'Inter consegna al Monza un punto d'oro e dona morale a tutto l'ambiente, scacciando le critiche dei soliti disfattisti che, inspiegabilmente, da inizio agosto si dilettano a suonare il de profundis per poi salire - con effetto bandwagon - sul carro dei vincitori al primo risultato favorevole.

Dopo 3 pareggi e una sconfitta in 4 giornate, i biancorossi inseguono la prima vittoria nel campionato in corso e un successo che in manca in Serie A da ben 14 partite (l'ultimo risale a Monza-Cagliari 1-0 dello scorso 16 marzo). Domenica 22 settembre all'U-Power Stadium arriva il Bologna di Vincenzo Italiano, atteso in settimana al debutto nella nuova Champions League. 
Una sfida stimolante per il Monza, che dovrà replicare la performance contro l'Inter per provare a conquistare i tre punti e far decollare definitivamente la stagione.

A cura di Andrea Rurali