Monza, gioco e coraggio non bastano: la dura legge del gol (e non solo) premia il Milan (0-1)
I biancorossi giocano una partita di coraggio e spessore, ma si vedono annullare dall’arbitro (come a Bergamo) il gol del vantaggio per un fallo inesistente di Bondo su Hernandez. I rossoneri strappano una vittoria tiratissima. L’analisi del match.
“Errare humanum est, perseverare autem diabolicum”.
I latini avevano ragione, da Cicerone e Seneca il Vecchio fino a sant'Agostino: errare è umano, ma perseverare (nell'errore) è diabolico.
Agatha Christie diceva che “un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”.
Dopo l'episodio nel finale di Monza-Inter e l'errore (con tanto di scuse recapitate dalla classe arbitrale al Monza) di Piccinini a Bergamo, arriva un'altra vicenda triste a macchiare la partita col Milan, ennesima svista del direttore di gara, Feliciani, reo di aver fischiato all'8 minuto un fallo inesistente di Bondo su Theo Hernandez nell'azione che ha generato il gol del vantaggio di Dany Mota. Una topica clamorosa che ha condizionato la gara, modificandone inevitabilmente l'andamento.
Il derby del Presidente Berlusconi si accende subito e diventa una sfida elettrica, con i biancorossi a prevalere nettamente sul piano del gioco e delle occasioni nel primo tempo, e i rossoneri a siglare lo 0-1 e a sfruttare gli spazi nella ripresa costruendo diverse situazioni pericolose.
Una partita modulata sull'intensità, la superiorità tattica del Monza sul Milan, lo slancio incendiario della squadra di Nesta e l'atteggiamento dei singoli giocatori, inseriti e coinvolti nell'idea di calcio del tecnico biancorosso.
Coraggio, identità e abnegazione: la squadra di Nesta gioca con personalità, combatte su ogni pallone e mette in difficoltà gli avversari, ma non riesce a capitalizzare le tante opportunità.
La formazione di Fonseca, al contrario, massimizza lo sforzo e punisce il Monza al 42' con Reijnders a stappare il match.
Il calcio è crudo, spietato, imprevedibile. Uno sport che sa regalare gioie ed emozioni, ma anche grandi delusioni e amarezze. Perché, come ribadisce Allegri “il calcio lo ha inventato il Diavolo” e il Diavolo, quello rossonero, ha confermato il concetto. Il Monza esce sconfitto dal rettangolo verde più per demeriti propri che per meriti altrui, pagando a caro prezzo le chances - enormi ed elefantiache - fallite nella prima mezz'ora.
Il Monza domina, il Milan capitalizza
"L'allenatore si deve mettere al servizio dei giocatori, se diventi bravo è per merito dei giocatori che ti fanno vincere le partite. […] Bisogna avere buon senso come in tutti i mestieri".
Le parole di Max Allegri aiutano a comprendere quanto il mestiere dell'allenatore sia complesso, ponendo l'accento sulla gestione delle risorse umane che “sono cose che contano molto in questo tipo di lavoro. Un grande leader è quello che riesce a trovare la soluzione ai problemi”.
Alessandro Nesta, che da giocatore ha vissuto Allegri al Milan, sa che il capitale umano degli atleti, correlato al trattamento paritario, è fondamentale per generare valore e formare una squadra, investendo sul buon senso e adattandosi alle qualità di ogni individuo. Lo dimostra il progresso del Monza e di elementi quali Kyriakopoulos, Mota e Bianco. In particolare quest'ultimo, classe 2002 e autentica rivelazione del campionato, tuttocampista di tecnica e sostanza, mediano metodista e di interdizione capace di ritagliarsi un ruolo importante all'interno dello scacchiere brianzolo.
Con Pessina non al meglio della condizione, Nesta decide di affidarsi alla coppia giovane Bondo e Bianco, optando per il consueto 1-3-4-2-1 con Izzo, Carboni e Maldini di nuovo titolari.
Reduce dalla sconfitta contro il Napoli, Fonseca decide di schierare Okafor al posto di Leao, con Pulisic e Chukwueze a comporre il tridente di rifinitura dietro Morata nell'1-4-2-3-1 offensivo con Reijnders e Fofana nel mezzo.
Il Monza approccia con grinta e determinazione, costruisce gioco e palleggia con intelligenza, alzando il baricentro ed esponendosi di conseguenza a eventuali rischi. Il Milan rintana nella sua metà campo e adotta una dimensione attendista, concedendo il possesso ai biancorossi e sfruttando le ripartenze.
All'8 minuto la squadra di Nesta sblocca il match, ma il vantaggio dura solo pochi istanti poiché l'arbitro ravvisa un fallo (quale?) di Bondo su Hernandez (che cade a terra come una foglia ungarettiana in autunno) prima della realizzazione di Mota su sponda di Djuric. Un punto di svolta e di non ritorno, che influenza la gara ma non la prestazione del Monza, con il 47 portoghese a suonare la carica e invitare i compagni a macinare gioco. Da notare, però, è l'azione che origina a tutto, orchestrata a meraviglia dai biancorossi: recupero palla, transizione ragionata e gol. Una situazione che risponde alla “regola dei 15 passaggi” teorizzata da Guardiola, articolando un numero minimo di tocchi per ordinare la squadra e preparare l'attacco. 15 passaggi esatti, dal possesso riacquisito da Maldini al tiro vincente di Mota: scambi rapidi a muovere i reparti avversari e ad aprire gli spazi, con l'allungo decisivo di Izzo a dare sviluppo alla manovra. Con Pedro in piena conduzione della sfera, si materializza una superiorità di 6 uomini biancorossi contro 5 rossoneri e una situazione favorevole per il Monza, con il laterale portoghese a innescare la sponda di Djuric per la stoccata a rete di Mota.
I brianzoli non demordono e costruiscono altre due potenziali occasioni prima con Kyriakopoulos al 13' e poi Daniel Maldini al 16'. La costruzione dal basso è funzionale ad attirare la prima linea di pressione del Milan e i cambi di fronte diventano un'arma per liberare lo spazio. Carboni lancia in diagonale, da braccetto a quinto, Pedro Pereira che chiede il triangolo a Mota e si sovrappone, trascinando in marcatura Okafor. Il cross è calibrato precisamente per Maldini che, tutto solo in area, sbaglia la mira e conclude di poco fuori alla sinistra del palo difeso da Maignan.
Il Milan prova ad abbozzare una reazione e al 20' sciupa un'ottima chance con Okafor che chiama Turati all'intervento di due tempi. Al 28' è ancora una volta Pereira, tra i più propositivi del Monza, a stringere al centro dell'area e ad impattare di testa la sfera, ma Maignan si supera con una parata prodigiosa a blindare la porta rossonera. La brigata di Nesta si scopre alle imbucate dei centrocampisti milanisti, ma continua nel suo forcing alla ricerca del gol. Bianco è onnipresente, attento nelle due fasi e nelle letture, puntuale nelle diagonali difensive in copertura e veloce nel far ripartire la manovra con cambi gioco sui piedi dei compagni.
Al 42' è il Diavolo a punire i brianzoli: Kyriakopoulos perde una palla sanguinosa sulla trequarti avversaria e avvia la transizione offensiva dei rossoneri, con Pulisic a condurre l'avanzata rapida in superiorità numerica e a disegnare una traiettoria al bacio per Morata. L'incornata dello spagnolo sbatte contro Izzo e sul rimpallo Reijnders ne approfitta siglando comodamente la rete dello 0-1.
Ripresa al rovescio: il Monza cala, il Milan crea
Negli spogliatoi Nesta pensa ad un ritocco del modulo, con il passaggio della difesa a 4 per garantire più copertura e un lavoro di reparto arginando le uscite a uomo di Pablo Marì su Morata ed evitando gli uno contro uno a campo aperto e le incursioni del Milan. La squadra però, come dichiarato dal tecnico dei brianzoli, non vuole perdere gravità e rimane a 3, irrobustendo le proprie sicurezze. Ma l'inerzia del match muta e il copione si modifica.
Dopo un primo tempo a ritmi sostenuti, i biancorossi calano inevitabilmente e i rossoneri ne approfittato.
Fonseca inserisce Leao per Okafor per sfruttare le caratteristiche in contropiede del 10 rossonero e il feeling sulla sinistra con Hernandez. D'Ambrosio e Vignato, subentrati a Pereira e Mota, faticano a contenere i due opposti, che sprecano diverse occasioni. Prima il francese svernicia sulla fascia e scarica un missile mancino che scalda i guantoni a Turati, poi due volte il portoghese fallisce da distanza ravvicinata.
Con l'inserimento di Caprari e Maric per Bondo e Djuric, Nesta passa all'1-4-2-3-1 ma il Monza va a sprazzi e non concretizza il gioco negli ultimi 16 metri. Poche situazioni concrete per i biancorossi, col muro del Milan che sporca tutti i palloni e non cade. La squadra di Fonseca sciupa l'inverosimile, con tanti errori sotto porta a graziare i brianzoli e a lasciare la partita in bilico fino all'ultimo.
Ma al triplice fischio il risultato rimane invariato: Monza-Milan termina 0-1.
Il gioco c'è, i punti no: il piatto piange per il Monza
È la dura legge del gol
Fai un gran bel gioco però
Se non hai difesa gli altri segnano
E poi vincono
Loro stanno chiusi ma
Alla prima opportunità
Salgon subito e la buttan dentro a noi
La buttan dentro a noi.
Basterebbe la canzone degli 883, tornati sulla cresta dell'onda grazie alla bellissima serie Sky “Hanno ucciso l'uomo ragno”, per riassumere in rima l'andamento del match e il cinismo di un Milan redivivo a intermittenza.
Per il Monza, citando un film del 1974 con Macario e Aldo Maccione, “Il piatto piange”. Quinta sconfitta stagionale e classifica ferma a 8 punti.
La mano di Nesta si vede, i principi di gioco sono chiari e definiti, la mentalità è quella giusta, l'attitudine al sacrificio è in dote al gruppo, la gestione mentale è fase di miglioramento, il coraggio sta diventando un marchio di fabbrica.
Nonostante le prestazioni in crescita, i risultati non arrivano, complice una cura dei dettagli perfettibile che al momento sta facendo la differenza in negativo. Mancano i punti, fondamentali per muovere la classifica e raggiungere l'obiettivo salvezza. Punti che, al netto di tutto, di recriminazioni e torti subiti, non verranno restituiti al Monza. Per questo motivo bisogna andare avanti, senza abbattersi e guardando il bicchiere mezzo pieno, come dichiarato da Alessandro Bianco a fine gara.
Il lavoro è la terapia essenziale per lenire ferite, la forza interiore è la medicina per superare la diagnosi “mal di punti”, la coesione del gruppo è il rimedio per svoltare. Coesione, come quella della Curva Davide Pieri, animata dall'amore per il Monza e dal legame indissolubile verso i colori biancorossi. La coreografia esibita in Monza-Milan è un atto purissimo di resilienza, l'invito a non mollare e battagliare fino alla fine, tenendo alta la bandiera del 1912.
Cultura significa coscienza civile
In un'intervista del 1973 concessa a Oriana Fallaci, Sandro Pertini disse una frase emblematica a proposito della validità della cultura: “cultura significa anzitutto creare una coscienza civile, fare in modo che chi studia sia consapevole della dignità".
Cultura che porta avanti la Curva Davide Pieri, con sentimento e rigore morale, con pensiero e ideali, esprimendo un messaggio chiaro e comunicando apertamente la passione, unita alla fedeltà e all'integrità sentimentale, per le tinte biancorosse.
Dopo la splendida coreografia in occasione di Monza-Inter, con l'inciso “Perenne Modoetiae Decus" a rievocare l'onore e l'antico nome della città di Monza (Modo-Etia), nella sfida contro il Milan è apparso uno striscione che cita i versi di “I trentacinque anni” del poeta Giuseppe Giusti:
E buon per me, se la mia vita intera
Mi frutterà di meritare un sasso
Che porti scritto: «non mutò bandiera.»
Il calcio non è solo uno sport, ma è “molto di più”, proprio come sottolineava Bill Shankly. È un fenomeno culturale che genera cultura dall'interno e la espone all'esterno, dal campo agli spalti, intercettando quel concetto di “eredità nobile” tra il pallone e la poesia evidenziato da Adriano Sofri. Cultura che, nell'era digitale, sta diventando controcultura analogica, dove la materialità del gesto vale più di mille cartelle virtuali. Dunque, un plauso alla Curva per manifestare con libertà, sempre e comunque, il proprio credo e dar voce al proprio cuore.
Esattamente come Alessandro Nesta, che ha tenuto saldo il proprio orgoglio sottolineando con esemplare efficacia l'involuzione di un sistema che, anziché mutare in positivo con il Var, sta sconfinando nella regressione antidarwinista, con la tecnologia a togliere sempre più peso al fattore umano amplificandone a dismisura le debolezze.
“Stiamo rovinando il calcio, è il regolamento che si deve adattare al calcio non il contrario. Abbiamo un regolamento folle, la gente si vuole divertire e il calcio sta diventando troppo complesso. Adesso basta”.
Una levata di scudi doverosa da parte del tecnico biancorosso, a cui fanno seguito le dichiarazioni di Galliani, con la speranza che la musica possa cambiare. Senza compensazioni di sorta, ma con equità di giudizio e rispetto a prescindere dallo status dei club (qui l'editoriale Paolo Corbetta).
L'obiettivo è voltare pagina, smaltendo le scorie negative per produrre energie utili da riversare in campo nelle prossime gare, a partire dalla sfida di domenica 10 novembre alle 18 contro la Lazio di Baroni.
Senza dimenticare che, come suggeriva Sallustio in tempi antichi, “la fortuna aiuta gli audaci”.
E con audacia il Monza deve costruire il suo percorso.
A cura di Andrea Rurali