Missione eroica, notte da Oscar a Marassi: il “guasto” del Monza al Genoa (2-3)
I brianzoli espugnano per la prima volta in un campionato e in trasferta il Genoa al termine di una partita bellissima. Una vittoria del gruppo e di Palladino. L’analisi tattica del match.
“Gli imperativi categorici del calcio sono: primo non prenderle (oh yes, sir); centrocampo dotato di fondo atletico; punteros (due o meglio tre) agili e coraggiosi. Se tutto il gioco d'impostazione lo fai fluire al centro, riduci l'angolo piatto del fronte (180°) a un angolo inferiore a 90°. E le signore punte fanno il piacere di rientrare - dopo ogni azione - al centrocampo.”
Nel “vangelo del pallone” secondo Gianni Brera esistono dei comandamenti ben precisi, principi che regolano il gioco e la tattica di squadra: equilibrio, difesa e attacco, coraggio e sacrifico. Un mix di elementi che si sposa con l'idea di calcio di Raffaele Palladino e del suo Monza, vittorioso in Liguria al termine di una gara imprevedibile contro quel Genoa che Brera, da tifoso rossoblù, aveva ribattezzato “Vecchio Balordo”.
Una spruzzata di Bresh, un tocco sublime di De Andrè ed ecco il cocktail perfetto. Il "guasto d'amore" lo fa il Monza al Genoa e “Don Raffaè” (richiamando il solo titolo) Palladino a Gilardino.
Sopra Marassi un diluvio battente e un cielo di stelle biancorosse a illuminare la Lanterna. C’è il Flaco Colpani, che inventa giocate e confeziona due assist; c’è Dany Mota, che segna il gol dell’anno in sforbiciata; c’è Pessina, che da Capitano guida la squadra e apre le danze; c’è Milan Djuric, che fa reparto da solo, domina i duelli, lavora di sponde e detiene la governance offensiva.
E poi c’è Daniel Maldini, che ancora una volta entra dalla panchina e firma la rete decisiva, la seconda in maglia biancorossa.
Caleidoscopica, folle, al cardiopalma: una partita emozionante e piena di occasioni, con 5 gol, due proposte brillanti di calcio e un livello massimo d’intensità.
Partenza d'assalto, dominio brianzolo
Genoa e Monza adottano strategie non dissimili, con moduli flessibili a rompere i canoni della "simmetria" europea a favore delle funzioni. Un calcio dinamico dove i giocatori si muovono in sinergia, ruotano e si agiscono con più libertà, operano in connessione garantendo un’ottimale copertura del campo.
Palladino conferma il 4-2-3-1 efficace a avvolgente delle ultime gare e imposta la gara per avere superiorità nello sviluppo a partire dalla difesa. Il tecnico biancorosso lancia a sorpresa dal 1' Akpa Akpro e lo colloca accanto a Bondo per completare una mediana di fisico, strappo e rigore tattico. A pattinare sulla trequarti è Matteo Pessina, collante tra i reparti e l'uomo preposto a bilanciare il gioco del Monza, pronto a scivolare tra le linee per schermare Badelj insieme a Colpani e propositivo nell'attaccare la porta.
Gilardino si affida al consueto 3-5-2 con Sabelli tornante a sinistra, Messias a destra e Gudmundsson a supportare Retegui in avanti.
Nel primo tempo il Monza annienta il Grifone con una prova perfetta, di tattica applicata ed equilibrio nelle due fasi, di tecnica individuale e qualità collettive, fluidità e imprinting verticale, carattere e dinamismo a moltiplicare le energie, automatismi e impulso atletico a innescare le giocate in velocità. All'8 minuto è Pessina a stappare il match finalizzando un'azione da manuale dei brianzoli. Colpani cambia fronte di gioco sul lato opposto per Mota, il quale dialoga con A. Carboni, puntale nella sovrapposizione, e ha tre soluzioni a disposizione, con 6 uomini rossoblù a protezione della propria area: passaggio frontale per Bondo, allungo sull'asse per Birindelli e palla al centro. Il portoghese sceglie l'ultima opzione e pennella uno spiovente sul secondo palo, da terzo a terzo, per Colpani che, di testa, serve l'assist per l'inzuccata comoda di Pessina. 0-1, Monza in vantaggio.
Palle inattive, schemi decisivi: il gol da Oscar di Mota
Al 17' il Monza raddoppia con una stoccata da cineteca che vale il premio Oscar al miglior gol dell'anno. Fondamentale non è solo la fase di possesso, ma anche quella di non possesso, con attenzione alle palle inattive in entrambe le circostanze.
Mobilità costante, ampiezza massima di gioco, verticalità: un gioco aposizionale di slancio latino e accumulo di elementi in zona palla che, all’occorrenza e per necessità, può diventare anche posizionale (guardiolista), con il principio dell’occupazione degli spazi sempre centrale nella proposta di Palladino. Un calcio che abbandona la fissità dei moduli, poiché i ruoli non sono più vincolati a una semplice collocazione nel sistema ma diventano compiti, funzioni legate alle relazioni con la palla, i compagni e gli avversari. Durante una gara, di volta in volta, i giocatori si trasformano in vertice, appoggio laterale o scarico arretrato, influenzando così i movimenti individuali, le scelte e lo sviluppo della manovra.
Gli schemi costituiscono una potenziale soluzione da sfruttare a proprio favore, soprattutto in fase di attacco, come in occasione del raddoppio biancorosso.
Corner per il Monza al 18'. Per eludere la densità di uomini nel mezzo, Colpani dialoga con Bondo e mette un cross arretrato per la conclusione dell’ala opposta smarcata, nello specifico Dany Mota (con braccio alto a invocare la sfera). Una situazione studiata e provata in allenamento che, per ammissione dello stesso Palladino, prevedeva una palla rasoterra per Mota, con Akpa Akpro a portare via il suo uomo e generare un corridoio utile di passaggio. Ma anziché andare incontro alla sfera, l’ivoriano indietreggia e non trascina con sé Frendrup che, a quel punto, ostruisce la traiettoria.
Francesco De Gregori nel suo brano La leva calcistica della classe ’68 diceva che “un giocatore lo vedi dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia” e, non a caso, Andrea Colpani incarna esattamente l'identikit. Il Flaco fa esplodere il suo talento e alza uno spiovente morbido per la prodezza di Dany Mota. Pensiero, coordinazione, tecnica: un gesto balistico di estrema bellezza, il volo dell’acrobata con tiro magico e sound perfetto del pallone come Cristiano Ronaldo nel 2018 in Juventus-Real Madrid 0-3.
Rete da figurina Panini per il 47 portoghese, che rievoca l’iconica rovesciata (difensiva) di Carlo Parola in Fiorentina-Juventus del 15 gennaio 1950. Un capolavoro artistico da cineteca.
Ripresa d'assalto del Genoa, Monza al riparo
Nella ripresa il Genoa sfodera l’orgoglio e aumenta la pressione, con Gilardino che cala i suoi “assi” e ritocca l’assetto della squadra per mettere in difficoltà gli avversari. 4-3-3 ultra offensivo con Spence a sinistra e Sabelli traslocato a destra, Malinovskyj playmaker, Frendrup e Messias mezzali e Vitinha a infoltire l'attacco accanto a Gudmundsson e Retegui.
Al 52' Feliciani, richiamato dal Var, concede il rigore ai padroni di casa per tocco di mano di Pablo Marì. Errore di Gudmundsson dal dischetto: Di Gregorio intercetta il tiro ma sulla respinta l'islandese è scaltro a ribadire in rete accorciando le distanze. Il Genoa continua a spingere sulle fasce, con i laterali in costante proiezione avanzata e tanti uomini sopra la linea della palla. Al 63' Palladino legge il momento di difficoltà, inserisce Kyriakopoulos per Colpani e switcha al 5-3-1-1 per andare in superiorità numerica sugli avversari nella doppia contesta tra difesa e centrocampo. Al 67' il Genoa trova il pareggio. Stazionato sulla lunetta di centrocampo Akpa Akpro, autore di un ottima prova al fianco di Bondo, preferisce non affondare e rifugiarsi all'indietro, senza accorgersi della pressione a tenaglia di Retegui e Vitinha. L'ivoriano perde la sfera e spalanca la strada per la transizione del portoghese ex Marsiglia, che a ridosso dell'area rientra sul sinistro, fredda Di Gregorio e firma il 2-2.
Sponda, imbucata e gol: scacco matto al Vecchio Balordo
Secondo tempo rabbioso del Genoa, con Gilardino bravo a riordinare la squadra e rimetterla in carreggiata. La partita non si dispiega solo in campo, ma anche sulle panchine, tramutandosi in un duello scacchistico serrato. Nell'ultimo atto di gara l'inerzia sembra volgere a favore della brigata di Gilardino, ma a gioire è l’armata biancorossa. Le contro mosse di Palladino sono risolutive: fuori i due protagonisti del primo tempo, Mota e Pessina, dentro Daniel Maldini e Valentin Carboni. Due cambi di qualità per rinnovare energie in attacco e tentare il colpaccio ai danni del Vecchio Balordo.
Il timbro decisivo arriva proprio dalla premiata ditta V. Carboni-D. Maldini, con lo zampino di Djuric. La ricerca del terzo uomo e delle triangolazioni sono un cruciali nel gioco del Monza. Carboni verticalizza al centro, il bosniaco fa sponda e Maldini rifinisce la sfera per l'imbucata in area dell'argentino. Il tiro del 21 biancorosso viene respinto da Martinez e sulla ribattuta ci pensa il classe 2001 di proprietà del Milan a depositare in rete.
Game, set, match. Genoa-Monza termina 2-3.
Una vittoria, di testa e personalità, che certifica la profondità di un gruppo solido e la mentalità di voler sempre prevalere. Il concetto è quello di Shakespeare rievocato da Spalletti: “Uomini forti, destini forti”. Con l’aggiunta di ambizioni e motivazioni altrettanto forti.
Impresa corale, successo straordinario
Nell'impresa del Monza a Marassi emerge con forza il grande valore della squadra. Una partita spettacolare e dalle mille emozioni, in uno stadio pieno di tifosi e con un’atmosfera unica nel panorama calcistico italiano (e non solo).
Una partita, più partite. Il Monza riproduce il miglior primo tempo della stagione e una delle prestazioni più inebrianti della gestione Palladino (lo sottolinea anche Paolo Corbetta nel suo editoriale); il Genoa risorge nella ripresa grazie alle intuizioni di Gilardino e non molla fino alla fine.
Il 2-3 dei brianzoli sui rossoblù è la rappresentazione di quanto nel calcio, come diceva Johan Cruijff “se non hai la testa, le gambe da sole non bastano". Il Monza corre tanto e lo fa nel modo giusto, con lucidità e quella cattiveria agonistica di chi sa esattamente cosa vuole.
Nella vittoria incredibile del Monza al Ferraris, la prima in trasferta contro il Genoa in una regular season (l’ultima risale ai playoff 2005/06, 0-1 e rete di Egbedi), c’è la mano di Palladino, il suo tocco aggraziato, l’eleganza di gioco e il coraggio, ideali e prospettive di un calcio che guarda al risultato con occhio estetico, la sensibilità nella gestione delle risorse umane e del gruppo, mutualità e dedizione per il lavoro d’insieme.
Professore o Don, Raffaele Palladino è il centro del Monza, il deus ex machina, luce e faro dell’ambiente biancorosso, con le sue idee progressiste e un modello estatico che racchiude stile e pragmatismo. Un calcio che si é evoluto con intelligenza e può ambire oggi a diventare una corrente: il "palladinismo".
Un successo fondamentale per il destino e la classifica dei brianzoli, sempre più aggrappati al trenino europeo con 39 punti all’attivo. E con 10 partite a disposizione, ragionando step by step, cullare quel sogno non è poi così impossibile.
Con umiltà e consapevolezza per alzare l’asticella e continuare a divertirsi. Con lo sguardo famelico di chi ha ancora voglia di stupire.
Per vivere ancora notti come quelle di Marassi, piene di passione e romanticismo. Perché così è più bello. Perché così si può.
Prossimo appuntamento: Monza-Cagliari, in programma sabato 16 marzo alle 15 all'U-Power Stadium.
A cura di Andrea Rurali