Ecco da dove ripartirà il nuovo Chievo Verona di Sergio Pellissier, l'ex attaccante: 'Potrei anche giocare, impossibile fare la Serie D. Campedelli ha sbagliato'
L'ex attaccante Sergio Pellissier, oggi fondatore del Chievo col nuovo titolo F.C. Chievo 1929, ha così parlato a TMW Radio, durante Stadio Aperto con Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini.
"Un primo step che voglio è togliere quel 1929 e mettere il 2021, è una ripartenza, la voglia di far rinascere quel Chievo che c'era prima: onesto, sano, alla buona. C'è da creare una società intera, fondamentale ripartire dalla Terza Categoria per fare del proprio meglio. Non sarà la società di Pellissier e basta, ma di tutti quelli che amano il Chievo e che hanno lottato per mantenere quel nome". (Di seguito l'intervista integrale)
A che punto siete?
"Ripartire dalla Terza è semplicissimo, non hai retrocessioni e problematiche simili. Potrei giocare pure da solo (ride, ndr)! La difficoltà è ricreare tutte quelle persone che lavorano dentro un club, specie se hai da fare tutto all'ultimo secondo".
Non è da solo in questa battaglia.
"Al momento lo sono, io e con me Enzo Zanin, altro storico ex. in tanti hanno detto che al momento sarebbe meglio non investire. Non vorrei ritrovarmi a dover ripagare debiti e perdere soldi, non ne ho abbastanza".
La Serie D è stata impossibile?
"Dovevamo tirare fuori una tassa da 500mila euro per la FIGC in tempo una settimana e mezzo, due. Tante persone hanno provato ad intervenire ma in così poco tempo non è facile pretendere che un imprenditore o una società si esponga. Abbiamo messo la faccia, ma non ci siamo riusciti".
Quali gli scatti più belli della sua avventura al Chievo?
"Indubbiamente la vittoria della Serie B, quando abbiamo alzato la coppa e siamo tornati in A dopo un anno di difficoltà. Bellissimo. Poi quello dopo in cui a fine andata sembravamo spacciati e invece ci siamo salvati alla fine, con io che sono stato pure convocato in Nazionale... Due annate splendide".
C'erano avvisaglie di una situazione che stava precipitando?
"Sono andato avanti perché non condividevo le scelte societarie di chi gestiva allora la situazione. Ho preferito andarmene via perché, non potendo mettere becco e far niente per quello che stava accadendo, ho preferito andarmene. Non sono stato l'unico ad andar via, l'hanno fatto in tanti: probabilmente perché non vedevano più quel Chievo che c'era prima".
Quale il più grande errore di Campedelli?
"Credo che abbia amato tantissimo quella società, dando tutto ciò che poteva. Ha fatto errori anche a fin di bene, pensando di fare cose giuste. Quello più grande è stato allontanare chi viveva di Chievo, chi ci ha passato anni e anni e che avrebbe lavorato solo perché ci teneva. Quando hai gente così, non puoi allontanarla".
Quale la ricetta per un calcio più sostenibile?
"In FIGC hanno professionisti che sanno certe cose meglio di me, io penso solo che la disparità economica tra Serie A, B e C sia elevatissima. Costi e guadagni sarebbero da dividere meglio, equilibrando di più i campionati per dare la possibilità a tutti di farne uno migliore. E poi ripartire dai settori giovanili: creare strutture, avere centri d'allenamento... Ancora in Italia poche società ce l'hanno, prendiamo spunto dalle altre nazioni, in cui è la prima cosa che fanno".
Come ha risposto Verona?
"La città ci tiene che questa società possa rinascere, sostiene il Chievo come ha fatto quando l'Hellas ha avuto anni più problematici. Hanno capito il senso di ciò che sto cercando di fare, hanno capito che il calcio è passione e non solo guadagno o introiti".
Il più grande augurio a se stesso e al nuovo Chievo?
"Provare a toglierci soddisfazioni dopo questo mese e mezzo in cui abbiamo rischiato di perdere qualcosa di importante per le nostre vite. Vorrei che tutti vedano questo progetto realizzarsi".