Amarcord Biancorossi: Loris Pradella, il super eroe che mi insegnò ad avere coraggio
40 anni fa l'azione-gol (forse) più bella della storia biancorossa sublimata da uno stacco aereo indimenticabile
L’azione-gol più bella – a mio sindacabilissimo giudizio – della storia del Monza ha compiuto 40 anni proprio in questo mese. Lunedì (mica un posticipo ma un rinvio di 24 ore per nebbia) 10 gennaio 1983, minuto 20 di Monza-Bari 1-0: Marco Bolis cesella e ricama, Giorgione Papais vola e crossa, Loris Pradella resta sospeso in cielo e inzucca imparabilmente alle spalle dell’incolpevole Fantini. Se quel ‘resta sospeso’ può sembrare esagerazione retorica basta guardare la meravigliosa istantanea dell’archivio Caprotti per capire che invece è descrizione esatta e fedele di un flash destinato a rimanere per sempre negli occhi e nel cuore di chi ha avuto la fortuna di esserci. E io c’ero. Testimone diretto. Tutto intabarrato nella sciarpa biancorossa di nonna Fiorina. Sada, gradinata centrale spostato verso la curva sud proprio sulla linea dell’imperioso decollo di Loris. Le cose non mi andavano benissimo: l’Università non ingranava, l’avventura nella redazione di un settimanale sportivo locale, partita con grande entusiasmo, si stava rivelando una cocente delusione. Ero un giovane timido e – col senno di poi – forse troppo educato. Soprattutto incapace di sdoganare quei ‘vaffa’ che ci sarebbero voluti. Eccome se ci sarebbero voluti. Soffrivo in silenzio tutta la settimana ed aspettavo la domenica quando avevo un super eroe vendicatore vestito di biancorosso: Loris Pradella. Perché lui nelle aree di rigore con la maglia del ‘mio’ Monza aveva quel coraggio, quel carattere, quell’agonismo, quella grinta che a me mancavano nella vita di tutti i giorni. I due anni monzesi di Pradellone sono epopea che ormai assurgono a leggenda: il ragazzo di Sacile aveva già debuttato e segnato in Serie A (due gol nell’Udinese di quel fantastico uomo col colbacco che rispondeva al nome di Gustavo Giagnoni) e non si fece problemi a scendere di due categorie per dare anima e corpo al progetto di immediata risalita tra i cadetti del Monza di Giambelli, Galliani e Braida. Jimmy Fontana vara sin dal ritiro la coppia offensiva Pradella-Galluzzo: sarà spettacolo puro. Saranno gol a grappoli. Saranno alcune partite entrate di prepotenza nella hall of fame biancorossa: il tennistico 6-1 al Parma, l’irresistibile 2-4 di Vicenza, il clamoroso 1-4 di Mantova. Alla fine l’attacco del Monza risulterà – per distacco – il più prolifico dell’intera Serie C: 52 pere rifilate a difese avversarie incapaci di reggere l’urto offensivo di una squadra a trazione fortemente anteriore. Loris (12 i suoi centri personali) faceva a sportellate e apriva gli spazi nei quali Beppe ‘Mohammed’ Galluzzo si infilava con disinvolta scaltrezza e chirurgica precisione che lo portarono a vincere la classifica marcatori di Serie C con 19 reti. Nell’estate del 1982 mentre l’Italia si riversa nelle strade per festeggiare gli azzurri di Bearzot, la dirigenza del Monza – che compirà 70 anni il 1 settembre – lavora per allestire il gruppo in vista di una durissima serie B (Milan, Lazio, Bologna … ca va sans dire). Adriano Galliani ha le idee chiare anche se non tutti lo capiscono subito: lavora con il Milan per il riscatto di Bolis mentre lascia un po’ a sorpresa che il bomber Galluzzo torni alla casa madre rossonera e veste di biancorosso un riccioluto furetto romano che aveva fatto molto bene in quel di Forlì: Lorenzo Marronaro. Nasce la meravigliosa coppia offensiva Pradella-Marronaro, una delle più forti e meglio assortite della nostra lunga storia: Milani-Lojodice, Braida-Sanseverino e Silva-Penzo le altre. Sempre, per carità, a mio modesto parere. Della fantastica stagione 1982-83 abbiamo già parlato più volte: è quella del Sor Guido, è quella della clamorosa rimonta dall’ultimo al settimo posto. E’ – soprattutto – quella della consacrazione di Loris da Sacile: il Sada ed il sottoscritto si innamorano perdutamente dello spirito indomito, dell’intelligente furore agonistico, della commovente dedizione, dei plastici stacchi aerei, della esuberante potenza atletica del centravanti friulano. E dei gol. Dei suoi gol. Oltre al capolavoro descritto in apertura, se chiudo gli occhi rivedo nitidamente le doppiette al Palermo ed alla Reggiana ed il ciclonico, straordinario, fulminante sinistro (anche questo in una foto piena di magia), con cui firmò il 2-0 che mise definitivamente (primo gol di Papais dal dischetto) ko la capolista Lazio in un ‘pollaio’ in estasi.
Era il 20 febbraio 1983. Qualche giorno dopo, l’ennesima umiliazione redazionale mi fece capire che la misura era abbondantemente colma: firmai le prime dimissioni della mia vita ed allo sguardo (falsamente) interrogativo dello pseudo editore risposi guardandolo fisso negli occhi: “Sono 5 mesi che sopporto. Adesso basta.” Poi avvolsi intorno al collo la mia calda sciarpa biancorossa, presi la bicicletta e tornai a casa. Faceva un freddo cane ma gli occhi non pungevano solo per quello. Avevo il magone per un sogno finito malissimo eppure mi sentivo pieno di orgoglio. Perchè ero finalmente riuscito a tirar fuori quel coraggio che la domenica gettava in campo un ragazzo con la maglia numero 9 del Monza, Loris Pradella. Non so se riuscirò mai ad incontrarti per dirtelo di persona ed allora – sperando nelle infinite possibilità del web – affido a queste righe il mio semplice, sincero e riconoscente Grazie. Grazie di tutto, immenso, mitico Pradellone!
Fiorenzo Dosso