x

x

La cosa che mi ha fatto male e che ancora oggi non mi spiego, è quel termine "lecchino" che mi hanno appiccicato come un'etichetta. Non mai stato né il lecchino né il cocchino del Presidente Berlusconi. Sono stato una persona che lui ha stimato per le mie modalità di lavoro, per il modo in cui proponevo calcio o mi sapevo comportare. Penso che gli uomini di grande potere non regalino posizioni importanti per simpatia, anzi. Anche perché in tanti avevano costruito un certo tipo di rapporto con Berlusconi, ma non io. Io non ero uno che lo chiamava, che cercava di fargli il lavaggio del cervello. Lui mi aveva seguito e mi aveva scelto come allenatore. Però io penso che ci siano stati degli altri miei compagni con lo stesso percorso. Ma loro hanno avuto contratti, due anni, tre anni. Io sono arrivato al Milan per gli ultimi due mesi e mezzo a scadenza di contratto. Se fossi stato il suo cocchino o altro probabilmente già in quelle circostanze avrei fatto qualcosa di diverso.

Brocchi ha poi continuato..

Era solo stima da parte sua, fine. Ancora oggi c'è gente che mi etichetta così. Questa cosa ha condizionato la mia carriera di allenatore perché poi l'anno dopo ho fatto la scelta di andare a Brescia, una piazza importante, esigente, con tifosi caldi. A Brescia ho tanti amici, ci sono tantissimi milanisti. Avevamo fatto un girone d'andata bellissimo con una squadra di ragazzini, società che non aveva tanti soldi in quel momento. Alla prima giornata di ritorno mi sono ritrovato a dover affrontare situazioni particolari.

Brocchi sull'esperienza nel Monza

Va considerato che allenare il Monza in Serie C, dal punto di vista delle pressioni, era come allenare il Milan in Champions. Perché lì eri una persona importante per Berlusconi e Galliani. Mi ha scelto Galliani, è vero. La chiamata? Me la ricordo. Galliani mi disse: "Guarda Cristian, abbiamo preso il Monza, non sta andando bene. Abbiamo bisogno di avere una persona che capisca il nostro modo di lavorare, i nostri pensieri. Noi dobbiamo pensare in grande, dobbiamo arrivare in Serie A nel giro di due, massimo tre anni. Non è una situazione facile, ma abbiamo bisogno di una persona affidabile". A me queste parole avevano fatto molto piacere. In quel momento avevo una chance di andare ad allenare anche nelle categorie superiori. Ma era una questione di rispetto, di riconoscenza, di famiglia.

Vado a Monza, in una situazione complicata, centro sportivo da rifare, organizzazione così così. E nasce il Monza di Berlusconi e Galliani. Io non dovevo solo allenare, ma costruire un modello Monza, con tutta l'esperienza che ho avuto al Milan. Tant'è vero che al primo mercato, dopo un mese e mezzo che ero lì, abbiamo cambiato tipo 17 giocatori. Il problema era che tutti si aspettavano di vincere le partite sempre 3-0, ma in Serie C non può mai essere così. Ci sono squadre che hanno speso come il Monza in Serie C e ci hanno messo 3-4 anni a vincere il campionato. Fondamentalmente noi i primi quattro mesi siamo riusciti a fare bene, con giocatori di categorie superiori che però non giocavano da 6-7 mesi; dovevamo costruire un centro sportivo adatto a una società con un certo tipo di ambizioni. Non siamo riusciti a fare subito quel salto di qualità.

Nella stagione successiva, con lo stesso blocco di giocatori e 2-3 innesti giusti, è saltata fuori un'annata strepitosa, a partire dalla Coppa Italia. Però c'era qualcosa che non mi convinceva, che mi portavo dietro sempre dal Milan; alcuni tifosi non mi hanno mai preso in simpatia e non so perché, non ho mai fatto dichiarazioni fuori luogo e ho sempre messo i tifosi davanti a tutto, in ogni club in cui ho giocato. Ogni tuo tifoso vorrebbe essere al tuo posto e per questo ho sempre portato molto rispetto. Mi dicevo: "Non capisco, siamo in  C, siamo a + 15 e vengo criticato. Perché? Cos'ho che non va? Cosa faccio di male? Cos'è che non riesco a trasmettere alla gente? Queste cose qui ogni volta facevano sempre più male. Tutte queste storie mi hanno condizionato, tant'è vero che l'anno dopo in B siamo arrivati terzi, perdendo la A, senza entrare troppo nei particolari, anche per fattori esterni. Abbiamo poi dovuto affrontare i playoff senza i giocatori più importanti in difesa e abbiamo sbagliato una partita, perdendo 3-0 a Cittadella, mangiandoci due gol clamorosi e prendendo reti in maniera evitabile. Nella partita di ritorno ci fermammo al 2-0, con il 3-0 saremmo passati in Finale. Finisce quell'esperienza, positivissima, anche perché nel frattempo Monzello diventa un centro bello, importante, strutturato nella maniera giusta grazie anche alla società. E l'anno successivo io ho tifato per Stroppa, che aveva preso il mio posto sulla panchina del Monza.

Dopo la rescissione consensuale con il Monza, era giusto dividersi, mi aspettavo un nuovo mondo aperto. E invece non ho avuto niente, non mi ha chiamato nessuno. Motivo? Quell'etichetta lì mi ha fatto male. In molti hanno pensato che non allenavo per qualità, ma per altri motivi. Galliani? Per me il migliore in assoluto, ha una capacità di creare quella mentalità, quella professionalità, di esserti da sostegno, davvero unica. Poi è venuta fuori la possibilità di andare a Vicenza, con una situazione contraria, i tifosi mi hanno capito subito, ma ho faticato di più a creare una squadra anche a seconda di quelle che erano le mie idee. E poi ho avuto qualche problema di gestione post-mercato, si è creato un po' di freddezza tra me e i direttori. E' stata colpa mia.

L'errore più grande che ho fatto da allenatore è stato quello di fare un'intervista e dire una cosa negativa nei confronti del direttore sportivo del Monza, Antonelli, sbagliando. I panni sporchi si lavano in famiglia e soprattutto era una persona con cui avevo costruito un rapporto bellissimo, ci volevamo bene. Mi pento di questo errore, non è mai più capitato, dopo. E lì mi sono un po' spento, mi sono un po' allontanato dalla professione di allenatore. La voglia di tornare è tantissima, se c'è una cosa bella è stare in campo, creare un rapporto con i giocatori, vincere le partite, quell'adrenalina lì è unica.

Brocchi sul Milan

Quell'esperienza mi ha segnato in maniera profonda. Da giocatore ho avuto la fortuna di far sempre la scelta giusta. Avevo davanti dei mostri sacri al Milan, ma mi ritagliavo sempre un mio spazio. A volte anche oggi mi fa male quando qualche tifoso milanista sminuisce quegli anni là in cui non ero un titolare inamovibile, tranne due anni in cui ho giocato praticamente sempre. Per il resto ero il primo cambio, ma avevo davanti Gattuso, Pirlo, Seedorf. Io penso che molti giocatori Nazionali se avessero giocato nel Milan con questi mostri sacri non avrebbero trovato molto spazio. E io invece mi sono ritagliato il mio spazio, ho avuto la fortuna di giocare tante partite importanti, quarti di finale di Champions, semifinali di Champions, dando anche un supporto importante. Da allenatore è stato un percorso completamente diverso. Sono stato lanciato subito dopo 3 anni di settore giovanile ben fatti, mandato in prima squadra negli ultimi due mesi e mezzo con il Milan ed è stato un momento difficile, perché fino alla sera prima eri un grande allenatore, un prossimo allenatore, uno che aveva delle belle idee, un predestinato. E dalla sera alla mattina mi sono ritrovato sulla panchina del Milan, in un momento di grande difficoltà. Ma non mi faceva paura quell'aspetto.

Brocchi

Commentate questa notizia sulla nostra pagina Facebook  https://www.facebook.com/profile.php?id=61556169812576

MonzaNews sui social: ecco tutti i nostri canali 

  • Facebook: MonzaNews su Facebook - Unisciti alla nostra pagina per aggiornamenti, foto e video esclusivi, e per partecipare alle nostre discussioni.
  • Twitter: MonzaNews su Twitter - Segui il nostro feed per le ultime notizie e commenta con noi in tempo reale.
  • Instagram: MonzaNews su Instagram - Scopri le storie, le dirette e le immagini più belle della tua squadra.
  • YouTube: MonzaNews su YouTube - Iscriviti al nostro canale per interviste, highlights delle partite e contenuti esclusivi