L’Italia delle Regioni lancia il nuovo regionalismo per le sfide del futuro, domani Mattarella a Monza
Le Regioni sono i motori dello sviluppo e della coesione sociale. Secondo i dati Ipsos, presentati a “L’Italia delle Regioni”, il Festival organizzato dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, per il 67% degli italiani le Regioni svolgono un ruolo importante per la crescita del Paese e l’80% degli intervistati promuove il ruolo della Conferenza delle Regioni, fondamentale organismo di sintesi nel dialogo tra le istituzioni. Domani a Monza è atteso il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella (Qui il link per seguire il la diretta).
Oggi a Milano, per la prima volta, le Regioni si sono date appuntamento per elaborare e costruire insieme proposte utili a potenziare il loro ruolo e a valorizzare le loro diverse identità territoriali. Riuniti in cinque tavoli tematici, gli amministratori regionali hanno lavorato fianco a fianco ad esperti e stakeholders pubblici e privati per dare vita ad una piattaforma per un nuovo pensiero regionalista che sappia valorizzare al meglio le potenzialità delle Regioni italiane di fronte alle sfide del prossimo futuro.
Il filo conduttore delle sessioni di lavoro è stato il tema delle reti nelle sue diverse articolazioni - infrastrutturali, produttive, energetiche, sociali, sanitarie, digitali - partendo dalle questioni legate alla terra e al territorio, all’agricoltura, all’ambiente, al rapporto con i Comuni e le Città metropolitane, arrivando, infine, all’analisi degli scenari europei e internazionali. Le risultanze di questo primo momento di confronto, presentate nel pomeriggio al vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari esteri Antonio Tajani, delineano, in maniera più chiara ed efficiente, le forme e le modalità di collaborazione tra Stato e Regioni nella definizione di quelle politiche pubbliche che richiedono sempre più collaborazione e, allo stesso tempo, precisazione delle rispettive responsabilità.
“A più di mezzo secolo dalla loro istituzione, le Regioni lanciano la piattaforma per il nuovo regionalismo - dichiara Massimiliano Fedriga, presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome -. I cinque Tavoli di lavoro con spirito unitario hanno avviato un primo confronto con esperti per elaborare progetti, idee, visioni, politiche per valorizzare al meglio il ruolo delle Regioni all’interno dell’architettura delle istituzioni italiane e per dare una nuova prospettiva al Paese”.
All’appuntamento hanno preso parte in rappresentanza del Governo, oltre al Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni, il Ministro degli Affari Regionali e delle Autonomie Roberto Calderoli, il Ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il PNRR Raffaele Fitto, il vice presidente del Consiglio e Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, il Ministro per la Protezione civile e le Politiche del Mare Sebastiano Musumeci.
Il nuovo regionalismo - Rafforzare la coesione sociale e istituzionale; accompagnare i cambiamenti con l’operatività e l’interconnessione delle piattaforme territoriali: questa è la sfida del nuovo regionalismo. Le Regioni, assieme a Province e Comuni, sono parte integrante dei Nuovi Territori, strumenti per federalismi strutturali e infrastrutturali, che permettono di rileggere i rapporti tra Stato, città e Regioni, che avvicinano i centri alle periferie urbane e sociali. Le politiche di prossimità consentono di governare anche le trasformazioni in corso delle reti manifatturiere e la qualità dei servizi erogati. Questo significa costruire una concreta cooperazione sia interregionale che una sinergia con autonomie, forze sociali e imprenditoriali. Le Regioni vogliono essere protagoniste di questi cambiamenti, a cominciare dall’attuazione del PNRR e quindi della sua più efficace realizzazione. Come per la pandemia, le Regioni intendono assumersi le proprie responsabilità ed essere attori dei processi decisionali. Lo sviluppo sostenibile è l’altro aspetto essenziale per costruire i “nuovi territori” istituzionali, sociali, agricoli, turistici, culturali, economici. Solo all’interno di una visione sostenibile è possibile avere gli strumenti per nuove forme di collaborazione che saranno le piattaforme territoriali del nuovo regionalismo.
Welfare e politiche di prossimità - La prossimità strategica è la capacità di proiettarsi e avvicinare i cambiamenti ai servizi rivolti a cittadini e imprese. È quell’indispensabile sinergia tra territori e settori complementari. È cercare l’equilibrio tra aree metropolitane e territori, per diminuirne la polarizzazione. È ridurre le differenze negative. Pertanto una maggiore chiarezza sulle competenze tra Stato e Regioni può sostenere queste politiche. Le relazioni di sviluppo si attuano nell’interconnessione, nella messa in rete dei sistemi. È necessario portare avanti dei nuovi Patti con gli enti intermedi sociali ed economici. Questi accordi programmatici devono tenere insieme sia gli equilibri sociali (lavori, salute, formazione, demografia) che uno sviluppo equilibrato (coesione sociale, libertà e mercato). La crescita delle autonomie rafforza lo sviluppo dei diritti e quindi anche una riforma generale dei pilastri sociali, messi a dura prova dalle trasformazioni in corso. Serve un nuovo bilanciamento tra welfare e territorio, che coinvolga nuove forme di organizzazione della coesione sociale (Terzo Settore). Deve anche cambiare l’impostazione del welfare e della sanità pubblica. Lo stesso PNRR va indirizzato quindi sulla territorializzazione dell’assistenza e delle fragilità sociali, costruendo una comunità di cura allargata, collaborando con il mondo dell’impresa. Una medicina di prossimità con l’aiuto del digitale, la telemedicina e gli ospedali di comunità. Così come è da promuovere il sistema delle reti materiali e immateriali. Le reti infrastrutturali e produttive, vitali per l’ammodernamento del Paese e dello stesso regionalismo, vanno connesse tra loro, da quelle produttive e logistiche a quelle della coesione sociale e civile, a quelle dei saperi, a quelle tecnologiche e digitali.
Le politiche di integrazione – un nuovo regionalismo per aumentare l’attrattività delle piattaforme territoriali attraverso le collaborazioni istituzionali e sociali. È in gioco il futuro della coesione sociale: le reti infrastrutturali devono creare migliori comunità civili. Anche istituzionali: Stato, Regioni, città ed autonomie locali e funzionali collaborano per sviluppare migliori rapporti nei diversi sistemi infrastrutturali e di rete. È indispensabile la capacità di impatto delle politiche sui “Nuovi Territori”. Tra le priorità evidenziate c’è il potenziamento dei trasporti, in particolare al Sud e nelle aree metropolitane. C’è il problema del recupero e della riqualificazione urbana. C’è il tema dei lavori, della loro frammentazione, di competenze adeguate alle trasformazioni in corso del mercato del lavoro, che non va inseguito ma anticipato con la formazione, in linea con le esigenze del nostro tessuto produttivo. Il PNRR deve permettere una programmazione sempre più integrata delle politiche attive, puntando sulle competenze per nuove figure professionali e lo sviluppo delle nuove competenze di eccellenza. L’infrastruttura dei dati va anch’essa indirizzata verso la coesione sociale e territoriale: la banda larga, gli investimenti di rete, devono dare servizi anche alle aree interne. Ma puntiamo ad unire il Paese attraverso i nostri borghi, a connettere così i territori periferici con le grandi reti di servizio pubblico. Il governo delle reti è fondamentale, così come lo è il loro ammodernamento e potenziamento. La digitalizzazione consente di stringere patti tra città e piccoli centri, in una logica che aggrega e non divide.
Ambiente, Europa e PNRR - La sfida del nuovo regionalismo è anche sull’Ambiente inteso anche come agricoltura, sostenibilità e lotta ai cambiamenti climatici. Le piattaforme territoriali agroalimentari rappresentano un’eccellenza da salvaguardare insieme a tutte le filiere agricole e al crescente turismo interessato ai nostri prodotti a denominazione protetta. La sostenibilità ambientale va supportata con l’utilizzo del digitale e le nuove tecniche di agricoltura di precisione, puntando sulla crescita dell’agricoltura nelle aree interne. Cura del territorio è anche occuparsi delle reti idriche sia nelle dispersioni che nelle strutture di accumulo, salvaguardare il suolo investendo in interventi idrogeologici e nella protezione della terra. Ridurre il consumo del suolo è un elemento centrale del nuovo regionalismo. Significa sviluppare i processi di rigenerazione urbana, politiche di riqualificazione e messa in sicurezza, mettere in relazione le reti di protezione civile con gli investimenti strutturali. Tenere assieme lo sviluppo di energia sostenibile con le necessità di approvvigionamento del Paese che è la seconda manifattura europea, favorire l’economia circolare, la gestione integrata dei rifiuti. Ma ancora, come ridurre l’impatto ambientale delle grandi aree metropolitane dal punto vista dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo allo scopo di tutelare la salute dei cittadini.
La coesione sociale è anche il motore delle politiche europee, così come le politiche di integrazione e cooperazione. I nuovi scenari geoeconomici impongono nuove sfide rispetto ai rischi di frammentazione degli interessi. È fondamentale imporre una centralità delle Regioni europee per costruire la nuova Europa delle Regioni superando l’attuale visione centralista. L’Europa delle Regioni è la risposta per un concreto processo di integrazione e cooperazione. Le Regioni possono giocare un ruolo fondamentale nel ridisegno delle filiere produttive europee, si sta infatti avviando anche la nuova programmazione dei fondi europei 21-27 che necessita ovviamente di una riflessione per combinare tale programmazione con quella già in atto definita dal PNRR per evitare sovrapposizioni e favorire un uso più efficiente delle risorse.
Il PNRR può essere infatti un volano per le nuove politiche regionali europee ma anche per quelle regionali. Serve una nuova governance europea che favorisca una maggiore partecipazione delle Regioni. Un cambio di passo auspicato anche dal 67% degli italiani interpellati nella rilevazione Ipsos.