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Questi manifesti fanno parte di un’iniziativa chiamata “ArtepubbliKa Monza”, ideata dall’architetto monzese Felice Terrabuio in collaborazione con Antonella Bonfatti, con la grafica curata da Marina Giannobi. Il progetto, nato durante il periodo del Covid, ha l’obiettivo di trasformare i tradizionali spazi pubblicitari in strumenti di comunicazione artistica. 

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All’epoca, con i musei chiusi, Terrabuio aveva voluto portare bellezza e ispirazione nelle strade della città attraverso maxi manifesti. Oggi, l’idea si evolve: le immagini di nuvole e le parole desuete come “sagittabondo”, “accipicchia”, “smargiasso” o “vattelappesca” sono un invito a fermarsi e riflettere. 

L’obiettivo è stimolare la curiosità di adulti e ragazzi, spingendoli a riscoprire il significato di termini ormai caduti in disuso, magari cercandoli su Google, come un tempo si sarebbe fatto con un dizionario.

Un ponte tra passato e presente

I promotori spiegano che il progetto non è solo un’espressione artistica, ma anche un’esperienza culturale. Attraverso un QR code presente sui manifesti, si può accedere alla presentazione dell’iniziativa, che sottolinea l’intento di riportare alla luce concetti dimenticati nel ritmo frenetico della vita moderna. 

Le parole scelte hanno un potere evocativo, capace di creare un legame emotivo con chi le legge, suscitando ricordi o nuove scoperte. Passeggiando per Monza, i cittadini possono così imbattersi in questi cartelli e lasciarsi trasportare da un viaggio linguistico e visivo, un’occasione per riscoprire un patrimonio lessicale che appartiene al passato, ma che può ancora parlare al presente.