Amarcord Biancorossi - Francesco Stanzione, dal Napoli al Monza: libero con i baffi e con licenza di segnare gol importanti
Venne prima il libero con i baffi della camicia con i baffi. O, se preferite, Eccezzziunale Veramente lo ispirò a Diego Abatantuono (anche) l’unanime consenso del popolo del Sada alle prestazioni di Francesco Stanzione – fisiognomica del viso molto simile a quella del comico pugliese – negli anni in cui diresse impeccabilmente la retroguardia biancorossa.
Nel calcio di quei tempi e per il Monza di quell’irripetibile epopea non c’era da stupirsi se un quotato difensore centrale, reduce da una stagione da titolare nel Napoli di Di Marzio e delle valanghe di gol di Beppe Savoldi, decidesse di rimettersi in gioco scendendo di categoria per abbracciare la causa di una società solida e di una squadra che nei due anni precedenti aveva sfiorato il paradiso. In verità l’ex partenopeo approdò in Brianza ad ottobre dopo che il pacchetto arretrato del Monza aveva mostrato qualche sinistra crepa proprio in mezzo (Lanzi prima e Zandonà poi mai del tutto convincenti) e che a Napoli l’arrivo dal Toro di Vittorio Caporale aveva un po’ scombussolato la titolarità del 25enne baffone di Sant’Agata de’ Goti. L’inserimento fu subito splendido. Il giovane tifoso che ero ci mise una mezzoretta (quella dell’esordio con il Palermo) per calcisticamente invaghirsi della sicurezza, della pulizia, della posizione, del tempismo, della personalità del nuovo libero. Se c’era da spazzare l’area lui spazzava, se era il momento di provare ad impostare lui impostava. Elegante, efficace, affidabile. Mica un caso che in quella stagione la difesa del Monza risultò la più forte del campionato con soli 20 reti al passivo. Mazinga Marconcini tra i pali, Vincenzone e Volpati terzini, Beppe Pallavicini stopper, il vecchio Anquilletti ed il giovane Giusto pronti ad ogni evenienza.
E a dirigere lui: Francesco Stanzione. Al quale dedichiamo il nostro Amarcord proprio nel giorno del suo compleanno. Oltre al fondamentale contributo istituzionale il ministro della difesa non disdegnava sortite offensive. In quel campionato firmò due reti: la prima con un fragoroso collo destro diede il là al blitz di Nocera Inferiore, la seconda consentì ad un Monza ferito e deluso di superare tra le mura amiche la Sambenedettese e riprendere la strada maestra.
25 marzo 1979: i ragazzi di Magni sono reduci dalla sconfitta col Palermo sul neutro di Catania (fisiologica dopo lunga sequenza positiva) e – soprattutto – dalla vergognosa sentenza della Caf che in settimana era riuscita nell’impresa di non attribuire i due punti a tavolino al Monza per i fatti di Marassi del 7 gennaio 1979 (Sampdoria-Monza 1-1: duplice interruzione dell’incontro, fitto lancio di palle di neve, gara portata a termine dal romano Menegali solo perché era in palinsesto la differita del secondo tempo su Rai2). In un Sada duramente bersagliato dalla pioggia aleggia una amara atmosfera tra il rassegnato e l’impotente, ulteriormente complicata dall’atteggiamento chiuso ed ostruzionistico degli ospiti, consci della loro inferiorità tecnica e disperatamente a caccia di un punticino salvezza. Per sbloccarla servirebbe qualcosa di fuori dall’ordinario. Minuto 22, calcio di punizione per i locali dalla trequarti campo: Gorin disegna traiettoria impeccabile, Stanzione stacca di testa, anticipa l’uscita del portiere Pigino e gira sotto l’incrocio dalla parte opposta.
La ricordo nitidamente ancora adesso soprattutto la preparazione del baffo: elevazione imperiosa dopo un terzo tempo da manuale che ero abituato a veder fare nel basket da Marzorati e dai giocatori della mia magica Cantù. Da lì i biancorossi ritrovarono morale ed energie fino al maledetto spareggio di Bologna. Quello che non ci sarebbe dovuto essere se solo la pseudo giustizia sportiva avesse fatto il proprio dovere riconoscendo al Monza quel che gli sarebbe spettato nel contesto della farsa di Genova. Francesco Stanzione guidò la difesa biancorossa con piglio, carisma ed autorità anche nella stagione seguente: un’altra grande annata personale e di squadra, un’altra beffa del destino in prossimità del traguardo. Ed anche in quel campionato il baffo mise la firma su un gol importante: sua, infatti, la rete d’apertura nel 3-2 al Vicenza che consentì ai ragazzi di Magni di chiudere il girone d’andata in seconda posizione.
Una storia così bella ed intensa avrebbe meritato un epilogo ben più degno: invece la terza stagione del libero campano coincise con quella – complessivamente fallimentare – della retrocessione dopo un lustro pieno di emozioni indimenticabili. Il Monza tornò in C, Stanzione restò in cadetteria a Foggia e stabilì il suo record personale di gol in campionato: 4. Uno di questi realizzato nientepopòdimeno che ad un giovanissimo Walter Zenga, portiere della Sambenedettese di Sonetti.
Quando lo speaker del Sada annunciava la formazione del Monza il nome di Stanzione era per me sinonimo di sicurezza e tranquillità. Un punto di riferimento, uno scoglio contro il quale si sarebbero inesorabilmente abbattute le offensive avversarie. Spero di aver restituito al baffo con queste poche righe una parte di ciò che ho ricevuto in quegli anni ormai entrati di diritto nella leggenda biancorossa.
Fiorenzo Dosso