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Patrizio ed Angelo nascono a pochi chilometri di distanza nel vimercatese. Patrizio ed Angelo hanno cognomi che più brianzoli non si può. Patrizio Sala ed Angelo Colombo. Patrizio ed Angelo crescono nel settore giovanile del Monza. Patrizio ed Angelo hanno lo stesso numero sulla maglia quando i numeri sulla maglia identificavano chi li indossava ed il marketing non ne aveva ancora storpiato i significati ed umiliato la storia. Il numero di Patrizio ed Angelo era, pur con qualche variazione sul tema, il “4”. Patrizio ed Angelo giocano a pallone ma garretti e – soprattutto – polmoni sarebbero pure da eccellenti mezzofondisti.

Patrizio ed Angelo sono ragazzi con tre caratteristiche che li faranno diventare grandi calciatori: l’umiltà, la generosità, lo spirito di sacrificio. L’umiltà di sapere di non essere campioni, la generosità di spendersi completamente al servizio della squadra, lo spirito di sacrificio di mettersi a disposizione di compagni tecnicamente più dotati. Patrizio ed Angelo raccoglieranno successi leggendari, frutto di lavoro, serietà, applicazione quotidiana. Quell’interista del Liga ha dedicato uno dei suoi capolavori a Lele Oriali ma ‘Una vita da mediano’ è la sintesi perfetta (anche) delle carriere di Patrizio ed Angelo. Leggere e rileggere il testo e – ad occhi chiusi – pensare e ripensare a loro è brivido che comincia in biancorosso per esaltarsi nel granata di Patrizio e nel rossonero di Angelo. Loro avevano compiti precisi, loro coprivano certe zone, loro recuperavano tanti palloni e poi li davano a chi finalizzava il gioco. Loro hanno giocato generosi, loro sono stati lì nel mezzo finchè ne hanno avuto. Loro di fatica ne hanno fatta parecchia, loro di botte ne hanno date e prese tante. Non hanno vinto in maglia azzurra ma lo scudetto 1976 del Toro di Patrizio e l’epopea 1988-90 del Milan di Angelo sono pietre miliari nella storia del calcio.

Con la maglia del Monza hanno comunque raccolto soddisfazioni non da poco. C’è l’immenso cuore di Patrizio (quella volta con un inconsueto “10” sulle spalle) nel primo trofeo della storia del Monza: la Coppa Italia di Serie C 1974 conquistata a Lucca regolando di misura il Lecce. C’è l’inesauribile stantuffo di Patrizio (con il suo tradizionale “4”) l’anno successivo a Sorrento quando si va ai rigori e la freddezza di Sanseverino all’ultimo penalty gela i padroni di casa regalando al Presidente Cappelletti il bis nel trofeo tricolore. Ci sono le instancabili corse e le provvidenziali coperture di Angelo nella promozione in Serie B dei ragazzi di Jimmy Fontana nel 1982. Ci sono i puntuali rientri, i frequenti raddoppi, le dirompenti sgroppate di Angelo nel biennio in Serie B prima con Mazzetti (che spesso lo utilizza come terzino destro, maglia numero “2”) e poi con Magni (che gli restituisce il suo ruolo e il suo numero). A Patrizio ed Angelo la maglia del Monza spalancò le porte verso splendide e prestigiose carriere.

Una delle primissime foto di Patrizio con la maglia granata

Patrizio nell’estate del 1975 venne catapultato in Serie A dalla piena fiducia nei suoi mezzi di un altro grande cuore biancorosso, Gigi Radice, appena insediatosi sulla panchina del Toro. Il ragazzo di Bellusco non solo non patì il doppio salto ma divenne indispensabile cursore quantitativo di un centrocampo che aveva cristallina qualità nel fosforo di Pecci e nelle geometrie di Zaccarelli. Fu subito lo storico scudetto del ’76 , poi fu l’incredibile campionato dei 50 punti. Anni di granatismo orgoglioso e vincente sublimato dai gol di Pulici e Graziani. Quanto Monza c’era insieme a Patrizio in quel Toro: Radice, Castellini, Cazzaniga, Claudio Sala.

Angelo Colombo con la casacca del Monza

Il cammino di Angelo verso le grandi vittorie col Milan è stato invece ‘temprato’ dalle fondamentali tappe di Avellino e Udine, Serie A di provincia dove lo scudetto si chiamava salvezza. Anche Angelo trova un allenatore – Arrigo Sacchi – che lo stima incondizionatamente. E ritrova Adriano Galliani, già suo dirigente a Monza. Al gioco spettacolare, propositivo e dispendioso del profeta di Fusignano serve alimentare in continuazione la fase offensiva attraverso un pressing feroce per la riconquista del pallone: il dinamismo di Angelo è quanto di più prezioso e funzionale al progetto. “Per noi Colombo è più importante di Maradona” l’imprimatur di Arrigo. Donadoni, Gullit, Van Basten & company sottoscrivono: l’epopea rossonera decolla verso il rivoluzionario scudetto del 1988 e poi verso le Coppe dei Campioni 1989 e 1990. Angelo da Mezzago conquista due volte la vetta calcistica d’Europa. I riccioli ed il cuore di Patrizio, il casco biondo e l’agonismo di Angelo: due vite da mediani, due sogni nati correndo in biancorosso e diventati realtà in granata ed in rossonero. Diventati realtà correndo. Sempre. Tanto. Per tutti.

Fiorenzo Dosso